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Qui giace
colui che non parlava,
colui che non nutriva
in altrui cuori
alcun sentimento, alcun onore.

L’epitaffio è scarno,
solo le due parole
senza data di decesso, né di parto.
Non vi è margherita, tulipano o crisantemo
a decorare un lume spento,
e non vi è vedova, orfano o genitore
a piangere l’intima proiezione,
è nato solo, vissuto solo,
morto solo.

Ma lui sorride,
nel vedere la giostra continuare
a vorticare perpetua attorno all’asse,
al cavallo nero che finge di saltare,
alla tazza variopinta che s’oppone al moto,
al cavalluccio di mare che scomodo s’aggrada.

E a queste parole lui sorride,
ironia della consapevolezza
che niente fa differenza
tra l’essere e l’assenza,
ma si rabbuia al pensare
di non aver lasciato sulla giostra
una debole e temporanea impronta,
di non aver soddisfatto l’ego,
di non aver corso alcun pericolo.



[Modificato da rens_87 06/12/2010 17:59]