Racconto di Marzo

Steso su di una panchetta, ricoperto di giornali, che la notte aveva ridotto a sottili lastre di ghiaccio, v' era un bambino. Dischiuse gli occhi non appena dagl’alberi cominciarono afiltrare i tiepidi raggi del sole, rivelando lo splendore delle gemme cerulee, che s' affacciavano sul suo volto. Era grande il giardino che l' accoglieva e la tenera erbetta, al susseguirsi giocoso dei piedini, lasciava zampillare goccedi rugiada. Sorrideva il bambino al mondo, seppure la fame, il freddo e l’assenza dell’Amore di una famiglia, sembravano non volergli prestare tregua. Sopraggiunse un ragazzo ed al piccolo parve un uomo, tanto tutto si levava innanzi a lui con magnificenza. Era un giovane ben vestito, la fronte alta e distesa, ma fu un attimo, che il suo sguardo s' empì di uno strano sdegno: sentì affiorare i sensi di colpa nei confronti di quel bimbo, che mostrava un’innata gioia e l’unica cosa che poté fare, fu offrirgli una mela, un frutto, che la creaturina assaporò come il più regale dei doni e che ancora oggi ricorda e narra, a chi ha voglia di ascoltare l’emozione di un padre, il mio.

Quegli occhi l'hanno già ricompensato così tanto che ancora ne trasmette la ricchezza.
Indubbiamente sei fortunata perchè conosci una persona di gran cuore e grande sensibilità.


Un abbraccio a tutti due.

Giancarlo cobite

Commovente questo flash di un incontro quasi magico.

Io spero abbiate inteso che il bimbo steso sulla panchina, al gelo, era mio padre...

Sono fortunata perchè ho saputo tramutare spontaneamente la sofferenza, il dolore, in una ricchezza non equiparabile.

Si certamente.

Sai scrivere bene sai.

Un sorriso

Giancarlo cobite