Steso su di una panchetta, ricoperto di giornali, che la notte aveva ridotto a sottili lastre di ghiaccio, v' era un bambino. Dischiuse gli occhi non appena dagl’alberi cominciarono afiltrare i tiepidi raggi del sole, rivelando lo splendore delle gemme cerulee, che s' affacciavano sul suo volto. Era grande il giardino che l' accoglieva e la tenera erbetta, al susseguirsi giocoso dei piedini, lasciava zampillare goccedi rugiada. Sorrideva il bambino al mondo, seppure la fame, il freddo e l’assenza dell’Amore di una famiglia, sembravano non volergli prestare tregua. Sopraggiunse un ragazzo ed al piccolo parve un uomo, tanto tutto si levava innanzi a lui con magnificenza. Era un giovane ben vestito, la fronte alta e distesa, ma fu un attimo, che il suo sguardo s' empì di uno strano sdegno: sentì affiorare i sensi di colpa nei confronti di quel bimbo, che mostrava un’innata gioia e l’unica cosa che poté fare, fu offrirgli una mela, un frutto, che la creaturina assaporò come il più regale dei doni e che ancora oggi ricorda e narra, a chi ha voglia di ascoltare l’emozione di un padre, il mio.