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RICETTA: SPAGHETTI IN SALSA ALLA BIRRA

Ingredienti (per tre / quattro persone):
olio, possibilmente extravergine d'oliva, 4 cucchiai, 5 al massimo; un bicchere di birra chiara (un bicchiere da birra, cioè un boccale, magari non proprio pieno); uno spicchio di aglio; un peperone giallo; sei pomodori da sugo (si tollera con molta magnanimità la scatola di pelati, chiudendo un occhio, un occhio e mezzo); non meno di 8, non più di 12 olive verdi, possibilmente già snocciolate; un cucchiaio o a piacere un cucchiaio e mezzo di prezzemolo tritato; è consentito un cucchiaino, a piacere, di maggiorana tritata (personalmente non trovo di estrema utilità questo elemento); non più di cinque, meglio quattro, filetti di acciuga sott'olio; un cucchiaio, non di più, di capperi, se proprio non se ne può fare a meno; sale e pepe quanto è giusto; parmigiano a volontà, se gradito, sempre senza esagerare; sconsiglio, col cuore gonfio di tristezza, l’amato pecorino: non c'azzecca proprio.

Procedimento:

si taglia il peperone a pezzetti, così come vengono, non troppo grandi né troppo minuscoli, a piacere; essendone capaci si può dare forma a codesti pezzetti di peperone, ad esempio, di stella a varie punte, di automobile, di rinoceronte, di duomo gotico, di gondola, di Vesuvio, di quelchesivuole, comunque la forma dei pezzi di peperone non è vincolante alla riuscita del piatto, anzi!
I pomodori vanno divisi a listarelle, o comunque tagliati; si sconsiglia di metterli in padella interi.
Si tritano insieme l'aglio e le olive, se si vuole; personalmente preferisco tritare l'aglio e tagliare le olive in non più di quattro/cinque pezzi. Niente cipolla, nemmeno di nascosto!
A questo punto della preparazione si può tirare un respiro di sollievo, accendere una sigaretta, se si fuma ma non lo si consiglia, eventualmente fare qualche semplice esercizio ginnico, godersi il panorama, se ce n'è uno a disposizione, farsi una cantatina.
Dopo questa pausa si prendono i pomodori sbrindellati, i peperoni più o meno artisticamente tagliati, l'aglio tritato, le olive tagliuzzate e si butta tutto alla rinfusa nel padellino da sugo, che i dotti chiamano terrina, con l'olio.
Ora bisogna precisare che se nel frattempo non si sarà provveduto ad accendere il fuoco del fornello, tutte le operazioni sopra descritte non risulteranno avere utilità alcuna, tutto il lavoro svolto condurrà da nessuna parte, per cui si sarà buttato via del tempo inutilmente.

Espletata con attenzione l'incombenza dell'accensione del fuoco, si lascerà cuocere il tutto per circa 15 minuti, aggiungendo mentre si cuoce, a poco a poco, la birra nell'intruglio dal quale dovrebbe emanare in tal frangente un profumo delizioso, leggermente adombrato dalla presenza dell'aglio, ma si sa: in questo mondo la perfezione non esiste; lo affermo qui così, semplicemente, senza scomodare Parmenide, Epicuro, Platone, Confucio, Enzo Biagi e così via.

Nel frattempo si dovranno tritare a parte acciughe e capperi che andranno aggiunti al sugo, intorno al quindicesimo minuto di cottura, assieme al prezzemolo e alla maggiorana, della quale ribadisco la facoltatività dell'utilizzo.
Aggiunti questi ingredienti bisognerà completare la cottura con dieci minuti di fiamma vivace, stando attenti a non bruciare tutto, rigirando con gentilezza la salsa cocente con un cucchiaio di legno (ma in mancanza di questo si tollera l'utilizzo di un cucchiaio di acciaio), magari col manico lungo, per evitare di bruciarsi la mano col vapore.

Mettere un dito nel sugo durante la cottura comporta tre svantaggi: a) è ineducato e inelegante; b) ci si scotta; c) si variano, per quanto leggermente, l'aroma e il gusto della salsa che tra l'altro, occorre dirlo, è rigorosamente vegetale (acciughe a parte, che non sono né carne né vegetale).
Passati gli ultimi dieci minuti di cottura si aggiungeranno pepe e sale a seconda del palato e della pressione arteriosa che quand'è alta mal si concilia con la cucina iper-sodica.
Ovviamente si dovrà calcolare il tempo affinché nel momento esatto in cui la salsa è cotta al punto giusto, la pasta sia pronta da scolare.
Il tipo di pasta più indicato è lo spaghetto, o simile, secondo le varianti regionali (chitarre, bavette, lingue di passero ecc.); si sconsigliano rigorosamente bucatini e rigatoni, farfalle e tortiglioni, quanto poi all'abbinamento di questa salsa al riso, si avverte che una simile azione potrebbe portare ad una condanna del Sant'Uffizio dei buongustai, con la somministrazione al reo di orribili pene, tipo l'ascolto coatto di un'antologia dei discorsi di Ciriaco De Mita o una cena al lume di candela con Umberto Bossi oppure Ombretta Fumagalli Carulli.
Si precisa che il parmigiano va grattugiato sulla pasta ben scolata prima di essere condita, e non dico nemmeno che la medesima deve essere al dente, perché lo do per scontato: dire che gli spaghetti devono essere al dente è come dire che il sole si leva ad oriente e tramonta ad occidente, che la marcia di Radezcky chiude il concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker, che il sale è salato, che la terra gira su stessa, che Bill Clinton è un comico americano, che Rocco Buttiglione è un tragico italiano... ma guarda quante parole ho sprecato per non dire che la pasta va servita al dente. Che poi l'ho detto lo stesso!
In definitiva, prima si grattugia il parmigiano, poi si versa la salsa sulla pasta, e non altrove, quindi si mescola il tutto, infine si mangia, non prima di aver distribuito in piatti gli "spaghetti in salsa alla birra" con equanimità fra tre persone di buon appetito, o fra quattro di più modeste tendenze conviviali.
Seguendo minuziosamente le dosi consigliate, dividendo il companatico senza pane fra quattro persone, ognuna di queste inghiottirà non più di 600 calorie. Fate voi la proporzione per stabilire quante calorie si dividerebbero in tre, io sono un Sottocuoco, non un Matematico.
Da bere, ovviamente, birra! Sconsiglio il Barolo del 1964, a meno che non si voglia accendere un mutuo ventennale a tasso variabile presso qualche istituto di credito.
Gli "spaghetti in salsa alla birra" erano il piatto preferito di Hermann Hesse (non è vero, ma fa molto fine chiudere l'esposizione di una ricetta con queste affermazioni gratuite).
Inspiegabilmente, su questo piatto il Cardinal Ersilio Tonini non ha ancora espresso la sua opinione, né dai dai Vertici di Santaromanachiesa è stato espresso alcun giudizio, sia esso di placet o di condanna.
Il piatto è saporito e appetitoso, presenta un interessante retrogusto amarognolo che risulta gradevole al palato e alla serenità dell’animo; non è afrodisiaco, ma decisamente eurodisiaco, unendo lo spaghetto mediterraneo alla teutonica cervogia (come la chiamavano i Celti); insomma, non ho mai visto vomitare qualcuno dopo averlo consumato.
Mio nonno non è mai riuscito a realizzare questo piatto, perché si beve prima tutta la birra e poi ci mette la cocacola, e non è la stessa cosa.
Buon appetito, io torno davanti alla tv a vedere gli imbecilli che si picchiano, a Genova.

il sottocuoco