00 17/04/2019 14:30
Stanca
ti avverto, mia tenera,
sul tuo levigato viso
bianco ombre rotolano e nubi,
maree, inverni
di una vita trattenuta dentro.

La tua pelle sottile,
esposta alle mie mani, vibra
come una membrana di inquietudini.
I tuoi pensieri sono viaggi,
esuli, amari, distanti,
che lottano contro faticose aurore
e disciplinata la tua voce,
in trama sottile, svela
i segni di una stanchezza
che difficilmente
fai condurre a te.

Mi sporgo sul tuo respiro,
dentro i sogni persino si affatica
sulla ruota della vita a misurare
ogni tipo di destino.
Su partenze, domande,
incontri, presagi e libri,
mattine e tramonti,
altezze e cadute
ti adoperi come un'arte:
non ti basta cosa ti è toccato in sorte.

Una risonanza scordata
trema alle soglie della tua vita!

Stanca
ti avverto, mia diletta,
nel nostro tempo ti accolgo.
Ricevo ciò che già vive
tra le mie braccia,
attendo ciò che conservi
di faticoso e vicino.
E breve e immenso palpito,
semplice e bruciante il nostro,
scavato nel cielo,
disteso su distesa d'acque e notti!
i miei occhi chiedono i tuoi occhi,
le mie mani chiedono le tue mani.

La vita intreccia stagioni,
allegrie, baci,
sponde ed ali.
E l'unico sangue che scorre,
da me a te,
per un'unica oscura via passa
per un unico cuore aperto.


...

E' un modo comodo di vivere quello di credersi grandi di una grandezza latente.
(Italo Svevo)