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Le gocce cadono lente in prigionia,
lente scendono,come fragili incubi al crepuscolo.
Nella vivida luce della follia mi sedei a pensare,stolto nel
credere che l'uscita del dedalo sarebbe stata lì,
ad attendermi.
Viscerale era il terrore che provavo,quello dal quale fuggivo.
Mi divorava l'anima,la faceva e brandelli e l'ingoiava,
con delizia.
Così alla stazione dell'oblio
non mancai la mia fermata.
Decisi di partire,lontano da ciò che mi era estraneo.
Scavai dentro me stesso,cercando disperatamente,
mosso da fugace speranza,non sapendo che non v'era nulla
da trovare.
E del caos che rimase,non seppi ricongiungere i pezzi.
Crollai,come un vecchio muro abbandonato: divenni
polvere e macerie.
Mi trascinarono via,additandomi con scherno,
senza nè remora nè rimorso.
Mi legarono stretto; Stolti!
Hai mai potuto nessuno legare il vento?
Il riso allegro si faceva strada
tra le mie labbra,deformando
il mio volto mascherato.
I miei passi si facevano più leggeri,
i sogni più vividi,l'oscurità più diafana.
Tra le urla ed i mattoni mi libravo leggero,osservando
il brancolare di quegli angeli misericordiosi.
Pazzo,pazzo mi chiamavano,mentr'io a lungo
riflettevo su quella buffa parola.
E solo varcando le porte del purgatorio,
tutto fu chiaro,limpido come un cielo
d'estate.
Risi,risi,di gran gusto e di buon cuore!
Ah!Ah!Ah!
Che illuminazione!
Quale verità!
Il mondo è solo una grande,grassa risata.