Caro Bruno,
se uno mi dice che ama scrivere nello stile del "dolce stilnovo", io rispetto le sue idee e i suoi gusti, ma difficilmente riesco a dire: che bella poesia. Sarà un mio limite ma, per quanto sia tecnicamente abbellita, non la sento naturale, semplicemente perché quel linguaggio non mi è congeniale.
Naturalmente se uno vuole scrivere sempre in uno stile obsoleto, è una sua scelta - che non condivido anche se può essere gradevole. Se lo bocciassi solo perché non accetto lo stile, boccerei lo stesso "Dolce stilnovo". Diverso è se uso alcune parole o espressioni in un contesto altrimenti attuale, perché ciò avviene anche nella musica.
Non sono io che decido "questo termine è in disuso, questo no", ma semplicemente l'uso e consuetudine del linguaggio, e in tutto questo il conformismo che tu adduci come limite non c'entra proprio niente, perché anche la scrittura in termini moderni avviene per scelta, con accurata scelta dei termini, di quei termini che più di ogni altro esprimano le nostre emozioni; non si tratta quindi di seguire una moda, semmai vedo molto più conformismo in coloro che si conformano a schemi e stili preconfezionati dacché tempo, come per viaggiare sul sicuro... senza mai rischiare ma anche senza innovare, al contrario dei poeti famosi che al loro tempo sono stati degli innovatori.
L'uso in ogni campo è quello che crea una moda e viene seguito dai conformisti. Talvolta l'evoluzione può essere positiva, talaltra si tratta di errori macroscopici o comunque di pessimo gusto. Ma, come abbiamo visto in molte forme d'arte, l'uso viene creato dai critici e/o dai giornalisti con il risultato rovinoso per l'arte stessa. Molto spesso uno stile viene conformato da un modello che poteva avere un suo significato originale, e che poi si è impoverito soprattutto nei seguaci. Tuttavia sopravvive sempre nella serie "fatti un buon nome e poi piscia a letto: diranno che hai sudato". Secondo me sbagli dicendo che vedi molto più conformismo in coloro che si conformano a schemi e stili preconfezionati dacché tempo, come per viaggiare sul sicuro, perché usare criticamente schemi già usati implica ricercare qualcosa di già armonioso e non di buttarsi giù dal dirupo senza paracadute, sperando che ti vada bene.
Ciò che ho scritto nei miei commenti non lascia dedurre assolutamente l'elogio del genocidio del congiuntivo, del conformismo o del verso libertario: scrivere in verso libero richiede altrettanta abilità, non è certo un andare a capo a casaccio, e questo ben lo sapeva Wislawa Szymborska, che Poetessa con la maiuscola lo era di certo
Ma l'uso improprio di parole, grammatica e sintassi è proprio parte tipica della lingua attuale e. se io dovessi applicarle alle mie poesie me ne vergognerei. Scrivere a verso libero implica comunque una disciplina che oggi sembra mancare almeno in molti sedicenti poeti che confondono un pensiero poetico con una poesia. La poesia deve riuscire a trasmettere concetti e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa, dove le parole non sottostanno alla metrica.
Wislawa Szymborska, come altri autori moderni, ha scritto cose molto belle, ma anche banalità e non sarò io che salverò acriticamente tutto senza distinzione.
Ciò che ho scritto nei miei commenti non è neanche l'elogio dell'arte "creata per stupire"... se dico che oggi l'abito della festa della bisnonna, che per i suoi tempi era bellissimo perché in stile con i suoi tempi, io non lo indosserei neanche se mi pagassero, non implico che io voglia indossare un abito "creato per stupire"!!!, piuttosto qualcosa che sia naturale come una seconda pelle, che sia così semplicemente sobrio ed elegante da passare inosservato...
E l'abito della bisnonna non lo puoi indossare solo perché la moda è cambiata, ma se confrontato con onestà mentale con ciò che si vede in giro oggi, ci si accorgerebbe che, più che un progresso, c'è stato un regresso. Così come quando entrai al lavoro in giacca e cravatta e ne uscii, trent''anni dopo, in jeans. D'altronde la perdita di buon gusto è propria della vita d'oggi. Il giovane ha perso (e si vergogna) il gusto della galanteria. E questo è un miglioramento?
Non è quanto scrivi tu - che fra l'altro generalmente scrivi bene, altrimenti non ti avrei chiesto di correggere un mio lavoro importante - ma è l'arte in genere in cui prevale il gusto dell'innovazione piuttosto che quello dell'estetica, per cui la considero in transizione. Prevale il gusto di stupire, di dimostrare che si è avanti a tutti nell'innovare, nella totale deregulation. E questo non solo nella poesia, ma nella musica, nella pittura, nella scultura. Potrei dire che si salva la cucina, perché lì prevale comunque l'armonia percepibile con tutti i sensi.
La poesia non è fine a se stessa, quindi non fatta per stupire, ma neanche per essere infiocchettata solo per un gusto del bello fine a se stesso che smette di essere tale quando quel modello è troppo ripetuto e prevedibile, pertanto asfittico, chiuso in se stesso e quindi morto o moribondo, a mio parere.
(da Wikipidia) La poesia (dal greco ποίησις, poiesis, con il significato di "creazione") è una forma d'arte che crea, con la scelta e l'accostamento di parole secondo particolari leggi metriche, un componimento fatto di frasi dette versi, in cui il significato semantico si lega al suono musicale dei fonemi(nella linguistica strutturale, le unità fonologiche minime di un sistema linguistico, ossia dei segmenti fonico-acustici non suscettibili di ulteriore segmentazione, dotati di capacità distintiva e oppositiva rispetto alle altre unità) tratti distintivi o pertinenti (. La poesia ha quindi in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere concetti e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa, dove le parole non sottostanno alla metrica.
Siccome la lingua nella poesia ha una doppia funzione di vettore sia di significato sia di suono, di contenuto sia informativo sia emotivo, la sintassi e l'ortografia possono subire variazioni (le cosiddette licenze poetiche) se questo è utile ai fini della comunicazione sia particolare sia complessiva.
A questi due aspetti della poesia si aggiunge un terzo quando una poesia, anziché essere letta direttamente, viene ascoltata: con il proprio linguaggio del corpo e il modo di leggere, il lettore interpreta il testo, aggiungendo la dimensione teatrale della dizione e della recitazione. Nel mondo antico e in altre culture anche odierne poesia e musica sono spesso unite, come accade anche nei Kunstlieder tedeschi, poesie d'autore sotto forma di canzone di musiche d'autore.
Tu le chiami infiocchettature: e se questo significa baroccume concordo con te. Ma se si tratta di abbellimenti giustificati si tratta di una ricerca del bello cui comunque la poesia deve tendere. Il zappatore significa per il Leopardi sottolineare la figura di uno zotico, Se il Manzoni mi fa calare il sole a nord (dietro il Resegone), non vuole certamente mostrare la propria ignoranza geografica.
Scrivere in metrica usando una lingua moderna come se si trattasse di indossare un abito talmente naturale da sentirselo addosso "come una seconda pelle"... si può. Se si vuole, ovviamente. Con questo non intendo mancare di rispetto a gusti diversi dai miei.
Sentirsi, come io mi spesso mi sento, preraffaellita, non significa abiurare la modernità aprioristicamente, ma ragionatamente, accettando in primis l'armonia e rifiutando una deregulation che spesso dimostra l'incapacità sia di usare uno schema prefissato, ma anche di crearne uno nuovo..
E comunque, ci tengo a ribadirlo, ciò esula dal contesto di questa poesia ma non volevo dar luogo ad un equivoco: le mode non fanno per me.
Ciao
La discussione è generale e quindi marginale a questa poesia. E tuttavia la tua critica
peccato per qualche espressione che "resiste" (come "brama di stringer") di stampo novecentesco, e anche "palpitare" e "ardore", significa un tuo timore di pescare quanto c'era armonico e piacevole nel passato, che secondo me fa parte comunque della nostra lingua fintanto che i dizionari non lo considereranno altrimenti