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Sul belvedere di villa Cimbrone
ove marmorea Cerere sorride
veniva dal blu della costiera
un subacqueo effluvio
e dai nostri visi fluiva
fino ai profili degli uberi pendii,
riaffondava poi tra chiazze glauche
e vitree di lillipuziane marine;
illese ricordanze di solitudini
svanivano sfollate da soffi lievi
fremiti armonici e assonanze
accordi di felicità s'alzavano
invaghivano avvinte mani
esultava la Musa della vita.
Passasti mia brezza breve
per l'arco di cielo che ci univa
vagammo per la fiorita corte
e tra curate cinte di aiuole;
ebbri di baci e di passione
ci stringemmo innamorati.
Serpeggia, nel vuoto ereditato,
tra reduci accenni di bagliori
oggi un migrato sciame
di silenti dolcezze andate:
batte acuto e forte ribatte
il desiderio di abbracciarti
nell’attardarsi del ricordo
accasciato sulle mie rughe.
Quale acqua da pozzo fondo
dopo cigolii di attriti
al cuore spuma di sogni risali:
alla luce irrori labbra invecchiate
rese solchi inariditi
da siccità di anni infecondi.
Bontà e saggezza- non amore!-
ti perdonano per l'abbandono
quando poi patito cessa
la tortura di un rammentare atroce
e bagnate ciglia si baciano
per stanchezza di ricordare.
Quale diverso peso cuore disfatto
nel ricomporsi e disfarsi di memorie
può avere un tutto e un nulla:
quante foglie su foglie son cadute
nel viale deserto delle illusioni!