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02/01/2010 23:50 | |
Per chi gira il mondo è facile trovare antichi villaggi di altre culture che ci mettono in imbarazzo sullo sviluppo della civiltà. Per me, che non ho viaggiato molto, Barumini resta un punto inquietante.
E’ un villaggio preistorico nel centro della Sardegna, unico nel suo genere. Su di una collinetta esistono ben evidenti i ruderi di un antico villaggio, strutturato in modo che una torre, un nuraghe per la precisione, dominasse la campagna circostante, in modo da avvistare in tempo eventuali pericoli. Mentre salivo i gradini della torre, quasi integra dopo migliaia di anni, e soprattutto guardando la campagna dalla sommità, riflettevo sullo sviluppo fulmineo della nostra specie umana, e sul modo di vita attuale paragonato a quello di un villaggio preistorico.
Si tratta di poche migliaia di anni, un millesimo di tempo dalla comparsa di un ominide, e un milionesimo dell’età della Terra, eppure a quell’epoca la gente viveva la metà di quello che si vive oggi, e aveva problemi simili a quelli degli animali.
Viveva per procurarsi il cibo, e la campagna circostante garantiva la sopravvivenza, nella speranza che non grandinasse o che si profilassero all’orizzonte i pirati che venivano dal mare per saccheggiare il territorio e strappare le donne dalla loro terra.
I Sardi infatti non sono gente di mare, e sentono l’avversione dei loro antenati, che preferivano rifugiarsi nell’interno per essere più al sicuro.
Nell’Italia continentale questi resti della preistoria sono stati eliminati nel tempo, ma la Sardegna è un’isola, meno accessibile, e sono rimaste perciò integre le testimonianza di un passato recente.
Dalla cima del nuraghe riflettevo sui problemi esistenziali di oggi, e li paragonavo ai problemi di allora, e un sorriso non tardava ad arrivare. Oggi siamo purtroppo in grado di determinare i cambiamenti climatici del pianeta, ma ci stiamo arrovellando su aspetti in fondo marginali della vita di ogni giorno. Mi immagino la faccia di un abitante di Barumini al quale venisse sottoposto il problema esistenziale della incomunicabilità, e penso ai lunghi inverni passati in solitudine tra quelle mura grige, senza finestre visibili, con la paura di vedere all’orizzonte qualche segno preoccupante…I tartari, checchè ne dica Buzzati, là ci arrivavano, eccome!
Barumini, rapida scansione nel tempo, sguardo immaginato su di un passato che ci appartiene. Tutti dovrebbero andare su quel nuraghe a riflettere su quello che siamo.
eugen |