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Chi è oggi il poeta?

Ultimo Aggiornamento: 04/01/2010 19:18
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Parte 1

Ho recentemente ritrovato questo mio scritto, composto all'epoca del liceo per un approfondimento, lo trovo valido ancora oggi, sebbene scolastico nel tono e molto farragginoso nel tentativo di stringere 25 secoli di poesia in 4 pagine. L'idea di fondo è questa: la figura del poeta è intimamente legata ai cambiamenti sociali e politici, e il fenomeno di smarrimento che il poeta vive oggi e dovuto ad un generale periodo di transizione della nostra cultura.
E' un testo che per sua origine è sunto e ricucitura, quindi se avate obiezioni, consigli, critiche fate pure, non ha alcuna retesa di verità oggettiva .
Lo divido i 2 parti per comodità di lettura


L'origine


Credo sia giusto partire dall'origine della poesia occidentale, perché è solo seguendo il filo rosso della storia che si può tentare di abbozzare una risposta: la poesia nasce in Grecia come evento pubblico e corale (nel senso di recitato da un coro) in occasione di festività religiose, accompagnata da musica e danza; da qui traiamo già 3 elementi fondamentali 1-la poesia non è un fatto privato 2- La poesia è intimamente legata ad humus magico/religioso 3- la poesia è inestricabilmente legata alle altre arti "musicali". In questa fase il poeta è considerato un sapiente a tutto tondo, esperto di mitologia, musica, danza e storia, e la sua è una figura pubblica, ben riconoscibile e stimata... la cosa interessante (e paradossale per un moderno) è che il termine "poeta" per tutta l'antichità veniva affibbiato sia ai compositori di liriche e poemi sia agli autori teatrali, che scrivevano in versi.

Solo molto più tardi ci sarà un cambiamento drastico, favorito dall'introduzione della scrittura sillabica (rispetto a quella cuneiforme) e all'introduzione del papiro, che garantisce un metodo economico e veloce per l'impaginazione dei libri, che danno il via al fenomeno della lettura solitaria, che però per tutta l'antichità rimane un fatto marginale, visto che era impensabile per la mentalità antica il moderno fenomeno del lettore solitario nella sua cameretta, sommerso di libri e di libri sui libri.

Una prima incrinatura al concetto di poeta come uomo pubblico si ha nel periodo cosiddetto ellenistico, quando le occasioni pubbliche di lettura diminuiscono, e contemporaneamente nasce la filologia, che con il confronto critico fra le varie edizioni della stessa opera, il commento ragionato dei testi e le annotazioni metriche e lessicali, crea un tipo di lettore (e poeta) nuovo, più attento ai ferri del mestiere propri dell'arte, ai significati reconditi e ai preziosismi lessicali... in questo modo la figura del poeta e quella dell'erudito si confondono, spesso collimando (l'esempio principe è Callimaco, il massimo poeta ellenistico e maniaco dell'antiquariato poetico).

Passando alla cultura latina invece poeta e uomo politico spesso coincidono, tanto che fino all'età imperiale i poeti a Roma non erano vere e proprie figure professionali, ma uomini politici/religiosi che nel tempo libero dai loro impegni si dedicavano alla Musa (come Catullo, o Cicerone). In età imperiale invece si forma qualcosa di simile al letterato professionista: mantenuto da un facoltoso mecenate in cambio della dedica dei libri, integrando questa fonte d'entrata con cicli di "conferenze" in cui leggeva parte della propria opera per occasioni politico/religiose o in feste private, quella del poeta diviene una carriera, meno appetibile di altre stando alle confessioni di Ovidio o Giovenale, ma pur sempre un modo per tirare a campare, da qui nasce anche il primo vero e proprio disprezzo verso la figura del poeta, chiamato con epiteto di simile a "pennivendolo".

Caduto l'impero romano e diventata assai rara la capacità di saper leggere e scrivere (quindi ovviamente anche la circolazione dei libri), la figura del poeta si biforca: da una parte il monaco cristiano che in convento ricopia e chiosa i testi, componendone qualcuno di propria a mano -spesso di argomento apologetico-, dall'altra il trobatore, che versifica su soggetti "laici", come le saghe mitologiche degli invasori barbari e le gesta "storiche" di grandi figura di regnanti e cavalieri (re Artù, ecc). Il trabatore viveva sia del mecenatismo delle corti feudali, sia di quello che gli donavano i villaggi in cambio di letture pubbliche. Proprio dalla figura del trabatore nasce la poesia come oggi la conosciamo, visto che è sarà il suo modo di comporre e i suoi temi che confluiranno rivisti nella corrente detta del "dolce stil novo"; questa corrente si distingueva non solo per i temi principalmente amorosi e non più epici e per l’uso del volgare al posto del letterario latino, ma anche perché i poeti che ne facevano parte erano di origine piccolo nobiliare o borghesi arricchiti, impegnati in importanti ruoli politici nei nascenti comuni liberi dell'Italia del tempo (Dante), che componevano non per procacciarsi la pagnotta o per intenti d'edificazione religiosa come i monaci, ma per proprio piacere e prestigio, esattamente come i primi poeti latini. Saranno l'umanesimo e poi il rinascimento che decreteranno e consacreranno questo passaggio: il poeta ritorna figura con incarichi pubblici, erudito di vasti campi del sapere, compositore libero da obblighi che tratta i temi che più gli aggradano, siano essi politici, religiosi o amorosi. L’introduzione della stampa all’inizio non altera l’equilibrio: il costo dei libri sebbene ridotto non è ancora popolare, e un autore non può ancora vivere con i ricavati delle proprie opere.




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"Il poeta è puro acciaio, duro come una selce" Novalis

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Parte 2

La Modernità

Dal rinascimento passiamo con un balzo al secolo dei lumi, dove comincia una rivoluzione che troverà il suo pieno compimento nell’800: con la diffusione della scolarizzazione, la nascita e la diffusione dei giornali, e con l’abitudine di questi di pubblicare stralci di romanzi, poesie, ecc il poeta si emancipa dal mecenatismo dei facoltosi e dall’obbligo delle esibizioni pubbliche, e può mantenersi con il ricavato dei propri lavori, che devono rispondere solamente al gusto del pubblico: non tutti capiscono subito la portata rivoluzionaria di questo processo, saranno gli autori romantici (Scott, Shelley, Novalis, Manzoni ecc) a prenderne piena coscienza del fatto, e a tarare le loro opere in base a questa nuova consapevolezza. La portata del cambiamento è enorme: i temi si allargano alla vita quotidiana, alla descrizione della vita delle classi umili, dei loro amori, rancori e sofferenze, si ripescano metriche e modi della canzone, del dramma, e della musica popolare in contrapposizione alle cosiddette “arti colte”, si trattano soggetti storici contemporanei senza l’impaccio di dover tarare il proprio messaggio sulle convinzioni politiche del mecenate o dell’uditorio dell’esibizione, nasce l’idea del poeta vate, cioè dell’autore che si rivolge direttamente al proprio pubblico come maestro di vita o riformatore sociale (Byron e Heine i nomi più significativi); anche la lingua si trasforma, si purifica di arcaismi e latinismi e si fa più simile al parlato, in modo da essere comprensibile anche a chi ha un’istruzione non letteraria o poco approfondita… d’ora in poi sarà il poeta con il suo stile e i suoi temi a crearsi il suo pubblico e non più viceversa. C’è però l’altro lato della medaglia: il pubblico è composto per la stragrande maggioranza di inesperti dell’arte, che devono lavorare per mantenersi e hanno un tempo limitato per usufruire della poesia, quindi si affidano ai giudizi dei critici letterari professionisti o alle linee estetiche dell’editore, che avrà sempre più il ruolo di selezionatore e riassemblatore del materiale, più che di ordinatore e filologo come invece accadeva in precedenza.

Nascono all’epoca i due schieramenti letterari che si scontrano ancora oggi: da una parte i fautori di una poesia intima, colloquiale, dal linguaggio semplice e subito comprensibile, che si rivolge ad un pubblico quanto più vasto possibile, in cui il poeta si confonde con il lettore; dall’altra parte una poesia colta, elaborata formalmente, di comprensione non immediata, rivolta ad un pubblico di amatori e/o esperti, a cui il poeta si rivolge come professionista dell’arte, conscio dei suoi mezzi e della sua cultura: questa polarizzazione favorisce la nascita di gruppi di poeti ben definibili, che si uniscono per affinità di vedute estetiche ed esistenziali (famosissimo il gruppo dei Parnassiani capitanato da Baudelaire). Ovviamente fra questi due estremi ci sono decine di posizioni intermedie, e non è detto che chi aderisce ad una poesia colta ed elitaria poi non possa avere anche un successo di massa (D’Annunzio ad esempio), o che temi intimi e dimessi non possano trovare un linguaggio aulico e prezioso (Montale). Nasce anche una delle idee più contestate nella storia della letteratura, ossia quella di avanguardia: il poeta consciamente cerca di definire cosa sarà la poesia del futuro, si fa veggente (Rimbaud), smonta le opere e gli stili di successo per parodiarli, portarli all’assurdo o far riaffiorare significati nascosti (i surrealisti), si pone in atteggiamento di sfida verso il pubblico e l’accademia provocando reazioni violente (futuristi), urta la sensibilità, il buon costume, e i tabù con l’esplicito intento di disgustare il pubblico (la famosa raccolta “Morgue” del medico Gottfried Benn, che descrive con estremo realismo il corpo mutilato e in decomposizione).
I poeti “preziosi” e d’avanguardia, non potendo contare su vaste vendite e non provenendo sempre da famiglia agiate, conoscono povertà ed emarginazione, condizione esistenziale che per molti secoli il poeta non avevo più sperimentato, portando così tematiche, modi gergali, ecc presi dai bassifondi a dignità letteraria.
Comunque, a dispetto delle apparenze, non sempre l’avanguardia non è baciata dal successo di pubblico: Benn al tempo vende molto bene, così come Apollinaire.

La fase successiva è ancora più controversa: la nascita nel primo ‘900 dei partiti di massa porta ad un estetizzazione della politica, che per trovare consensi impiega in maniera innovativa tutti i mass media e i linguaggi, compreso quello della arti: la politica diventa così forte polo d’attrazione per gli intellettuali, che cominciano a dividersi per opinioni politiche e non più per fazioni estetiche; il poeta così diventa araldo, mitologo e giustificatore della linea politica del partito a cui aderisce, subordinando talvolta la propria creatività alle necessità della linea politica del momento. Ovviamente il fenomeno non è globale, anzi è molto forte solamente nei 3 regimi totalitari e relativi satelliti, diverrà poi vera e propria regola nei partiti comunisti stalinisti dopoguerra, quando il partito sovietico russo detterà ai suoi tesserati precise regole estetiche per ogni campo artistico, compresa la poesia… nascerà la figura dell’”intellettuale organico”, cioè dell’artista, giornalista, ecc inquadrato nei ranghi del partito, supportato per le sue “conferenze” dalle strutture logistiche dello stesso (Case del popolo, centri sociali, ecc), pagato ai suoi mass media perché celebri le imprese della propria linea politica, denigrando gli avversari (Aragon per esempio).
Nel dopoguerra questa politicizzazione più o meno forzata della poesia genera una reazione contraria, ossia di una poesia disimpegnata, scollegata da qualsiasi tema sociale, fatta per la meditazione solitaria (Rebora, Penna, Palazzeschi, l’ultimo Ungaretti).

Con gli anni 60’ avverrà una nuova rivoluzione: la scolarizzazione si allarga a vaste aree delle classi popolari, nasce l’idea dell’adolescente come target commerciale, l’editoria recepisce la cosa al volo e pubblica edizioni di classici della poesia a basso costo, stampa moltissimi nuovi poeti che rispondo al gusto giovanile di provocazione e rottura con la tradizione (i beat), fioriscono piccole realtà editoriali che si specializzano nella ricerca e nella promozione di nuovi stili e tendenze, si affaccia l’idea che ognuno liberando la propria creatività possa diventare un poeta, mettendo in crisi l’idea tradizionale del poeta come letterato di professione, sia esso accademico,“avanguardista” o artista al servizio del partito. L’effervescenza dura circa un ventennio, poi progressivamente si spegne, sia perché le condizione sociali che l’hanno generata vengono meno, sia perché i numeri delle vendite per la poesia sono troppo esigui rispetto ai romanzi best-seller o ai saggi di attualità per giustificare ingenti investimenti in pubblicità, talent scouting e tour promozionali.

Così arriviamo all’oggi, che per molti versi è un periodo di transizione per la figura del poeta: da una parte disancorato per sentire dalle istituzioni accademiche che dovrebbero “preservare e diffondere” la poesia, dall’altra schiacciato dalla generale svalutazione della parola a favore dell’immediatezza della musica, del cinema e della grafica, che ha portato ad una vistosa contrazione del pubblico dei lettori e alla diminuzione delle occasioni pubbliche per poter farsi conoscere, reso anonimo dalla marea di pubblicazioni continuamente emesse dalle piccole casi editrici e dal recente fenomeno della pubblicazione self made a pagamento, il poeta oggi non gode di alcuna sicurezza, sia come prestigio sociale (molto basso), sia in termini monetari (pochissimi poeti riescono a vivere con i loro versi, i più sono professori, giornalisti, ecc).
Non è tutto nero però il panorama presente: la capillare diffusione di internet da’ la possibilità di farsi conoscere in maniera estesa e gratuita, saltando la tradizionale rete di vaglia costituita da editori e riviste; la possibilità di leggere gratis estratti di raccolte altrui, classici e autori di diversa nazionalità contemporanei (spesso in traduzioni pessime, ma poco importa), crea possibilità prima inimmaginabili di contaminazione di stili, idee e linguaggi; il recentissimo fenomeno di antologie di autori “virtuali”, compilate da piccole e grosse case editrici, da’ la possibilità agli autori internettiani di farsi conoscere anche dal pubblico più tradizionale, che non legge il materiale pubblicato sulla rete. Internet ha dato vita anche ad un’altra novità: l’incontro fra diversi percorsi estetici ed esistenziali, prima separati dalla differenza (e diffidenza) di editore, rivista, cenacolo, oggi sgomitano fianco a fianco nei medesimi spazi, in cerca di notorietà; la possibilità multimediale di mischiare testo, musica, immagine e video (nonché la nascita della video poesia) creano possibilità di compenetrazione fra le arti ancora in larga parte inesplorate .
Questi ultimi sono fenomeni troppo nuovi e rivoluzionari per essere oggi compresi in tutte le loro potenzialità, ci vorrà tempo e una certa stabilizzazione del mercato e delle tecnologie per tirare bilanci, ma alla fine del nostro percorso possiamo cambiare la sconsolata domanda di partenza “In che cos’è oggi il poeta?” a un più fiducioso “Cosa sarà domani il poeta?”.




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[SM=x142872] [SM=x142873] [SM=x142874]

Grande, Nihil, hai fatto davvero un bel lavoro: riassuntivo ma che percorre la logica delle trasformazioni. Cosa rara a questi tempi.

Alla tua analisi sul moderno vorrei aggiungere anche che la trasformazione in atto oggi passa per supporti mediatici elettronici tra cui internet (blog, forum, siti di letteratura) Cd, televisione e così via che garantiscono una buona diffusione della poesia scritta e letta ma che si sta spostando gradatamente verso la non letta ovvero sulla recitata ascoltata su video e registrazioni on-line (You Tube) media player ed altro. Ricordo che Alda Merini alla fine non scriveva più le sue poesie e che a volte recitava a memoria alla TV e che le recitava sistematicamente al telefono al suo editore il quale sistemava la parte scritta come voleva lui (c’è un’intervista a proposito)
Questo alla fin fine provoca la divisione tra gli amanti di una scrittura accurata che orienti la lettura (toni e punteggiatura, spazi, strofe ecc..) e quelli che scrivono più o meno a caso tanto poi registrano diversamente o prendono degli autori che mettono la loro arte per far apparire buona una lettura quasi impossibile.
La registrazione e l'ascolto istantaneo, come un po’ anche la traduzione in varie lingue, porta anche a favorire poesie semplici e di effetto immediate che non abbiano bisogno di troppa analisi per essere comprese in quanto non consentono una riflessione deferita su un testo che come ascoltato è già scomparso e si passa subito ad ascoltare altro (TV, manifestazioni poetiche ad esempio) e perché destinato ad un’ampia popolazione e non ad una elite di specialisti critici d’arte poetica.

Ciao [SM=x142897]

Giancarlo
[Modificato da Cobite 04/01/2010 10:37]


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- Quando le parole hanno la musica dentro e la strofa è canto, allora il pensiero è diventato poesia.-
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Grazie Giancarlo. Con la videopoesia credo si possa aprire addirittura un'altro capitolo, quello del post-moderno: se il moderno convenzionalmente si apre con l'invenzione della stampa e con la scoperta dell'america, il post-moderno credo possa benissimo aprirsi con internet e lo spostamento delle arti verso il formato digitale (anche un numero sempre maggiore di opere pittoriche e scultoree oggi si fruiscono in video).
Sulla videopoesia così com'è oggi nutro ancora qualche dubbio, è un'arte giovane, in cui l'amatorialità è d'obbligo, e non esistono ancora stili, scuole e convenzioni, cosa che inevitabilmente accadrà quando diventerà matura, e ci saranno concorsi ufficiali, riviste, università, ecc che la giudicherannò.
Io per il futuro sono fiducioso, almeno per ora. [SM=g27823]



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Concordo.
Ma lo spostamento di sensibilità e di diffusione per me è già in atto.
Vende chi recita da Costanzo, chi recita nelle trasmissioni più seguite, chi ha attori bravi che recitano le sue poesie. Le riviste allegano a promozione cd di poesia recitate con tanto di sottofondo musicale.
Almeno su questi si possono fermare quando si medita, ma alla Tv passa e via...
I ragazzini stessi ora si divertono a recitare il video, i grandi se le fanno recitare in un file multimediale da passare ad internet....
E' già cambiato il supporto della poesia, Leo, e secondo me, questo pesa in modo notevole sulla sua attuale evoluzione.

Ciao [SM=x142897]

Giancarlo






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