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i me ciama ciuri

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 15:49
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"I me ciama ciuri
ma il me nome è Giovanni
co l'ocio roversà daea fadiga
e el caveo bianco come dente de can
vao drio il me andare remenando la testa.
Me fermo coa punta del pie sul pacioro duro
e fisso il parcao del campo,
come mi ,sta a spetar il vassuro,
e tiro sul col naso che giosa
e me piase a spusa che butta a grassa.
Me manca na spiera de ciaro
che rompe a vecia brosa
e me resta come un veo fisso
sto caivo che dal cain se alsa,
e mi drio el careson continuo e vao pian pianeo
e man in scarsea calde de boio,
nosee de buganse sui dei,
e sue gaeosce i pie duri de fredo.
Me vien in mente quando me mare
me mettea a munega sotto a colsera de pena,
par mi ,me fradei ,me soree e qualche maregoeta.
Me ingroppo.
Che beo sto caldo,e fora se sentiva a bora che tirava,
e intanto che se seravan i oci,imaginavo e ciacoe
de chi jera ancora drio far fiò in staea,
me nona che faseva a calsa coi feri impirai sul corniol
e che tenjeva de ocio i morosi,
e i omeni che sogavano a bestia.
Mi puteo sognavo croste dea caliera de poenta
e a renga picada soea scaea del graner.
Ma el gal,a matina de bonora svejava le femene,
che se lavava con acqua freda da la broca al cain,
e poi stufa impisaa e ciacoe.
Me mama ciamava noatri tosati
per andare a scuoea e in cusina me nono,
tristo in viso perchè me pare se ga lontanà,
el se magnava na squea de poenta e late,
fasendose forsa par queo che se da far.
Tuto in un colpo,riva na bea nottoa,
me sfiora e me sveja e torno indrio,
e i segheri e sanguinee fan da riparo,
e na luce vedo distante.
So stufo,pien de dolori ai ossi,
sta sito el cuore in pena,
e sol el can me sbaia liga ae caena.

mi chiamano ciuri
ma il mio nome è Giovanni,
con l'occhio stanco dalla fatica
e il capello bianco come un dente di cane
vado dietro me stesso scuotendo la testa.
Mi fermo con la punta del piede
sul pantano indurito
e fisso il limitar del campo
come me aspetta l'aratro,
e tiro su con il naso sgocciolante,
e mi piace l'odore del letame.
Mi manca un riverbero di sole,
che spezzi la vecchia brina
e mi resta un velo fisso
di questa nebbia che s'alza dal fossato,
ed io diretto nel sentier continuo piano piano
le mani in tasca calde bollenti,
con nocciole di geloni sulle dita,
e dentro le galosce i piedi duri di freddo.
Mi viene in mente quando mia madre,
metteva lo scaldino sotto la trapunta di piume,
per me,per i miei fratelli,per le mie sorelle,
e qualche topolino.
Mi commuovo.
Che bello quel caldo,
e fuori si sentiva il vento di bora che tirava,
intanto che si chiudevano gli occhi,immaginavo,
le chiacchere di ha ancora stava in stalla al caldo,
mia nonna che faceva la calza con gli aghi
dentro le prolunghe di legno
e contamporaneamente,controllava i fidanzati,
e gli uomini giocavano al gioco delle carte (bestia).
Io bambino, sognava le croste bionde
della polenta dentro la caldiera,
e l'aringa appesa sopra le scale del granaio.
Ma il gallo,la mattina di buon ora,svegliava le donne,
che si lavavano con l'acqua fredda
dalla brocca versata sul catino,
e poi si accendeva la stufa e le chiacchere.
Mia mamma chiamava
noi ragazzi per andare a scuola,
e in cucina mio nonno,
triste in viso perchè mio padre era partito,
si mangiava una scodella di polenta e latte,
facendosi forza per ciò che è necessario fare.
Improvvisamente, arriva una donnola,
mi sfiora e mi ridesta e ritorno indietro,
e i salici e i giunchi fan da schermo,
e una luce vedo lontana.
Sono stanco e pieno di dolore alle ossa
sta zitto il cuore in pena
e solo il cane abbaia legato alla catena."
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"I me ciama ciuri
ma il me nome è Giovanni
..."

"I me ciama Ciuri
ma el me nome xe Giovanni "

"vao drio il me andare remenando la testa."
"vao drio el me 'ndare remenando la testa

E' notevole il richiamo ad antiche abitudini contadine venete (latte e polenta, fare fiò in staa, renga, croste de caliera... ) che non credo tu abbia vissuto in veneto, quindi penso che il tuo sia stato un' ottima ed attenta raccolta di racconti dei nostri vecchi e ne abbia fatto poesia!
Brava

Un applauso [SM=x142874]

[SM=x142892] Giancarlo



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- Quando le parole hanno la musica dentro e la strofa è canto, allora il pensiero è diventato poesia - (Cobite)
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un ringraziamento
una sarda che vive in veneto da 28 anni ringrazia questa terra meravigliosa,un atto semplice d'amore ,un marito veneto,quattro figli veneti, ,e il coinvolgimento dei miei colleghi la maggior parte veneti,la scelta anche di un dialetto (il trevigiano),anche se vivo in provincia di Venezia,se no facevo confusione ,LA mia passione di conoscere la gente veneta e il loro vissuto ,insomma ,era ora, [SM=x142868] ci ho provato ,e ringrazio Ennio,Checco,Giangi,che mi hanno aiutato ,grazie a te Giancarlo per le tue parole e la correzione,ciao cate [SM=x142921]
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Ringrazio io te per avermi ricordato un po' del dialetto E DELLE abitudini del passato. Il mio dialetto è un bastardino più padovano che veneziano e poi molte parole e modi di dire sono ormai vicinissimi all'italiano.

Ciao

Giancarlo


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CIAO MASSIMO SONO GLENDA TANTO BENE LA .........TUB


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By Glenda ^_^
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CIAO MASSIMO SONO GLENDA TANTO BENE LA .........TUB


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By Glenda ^_^
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