Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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Ultimo Aggiornamento: 26/02/2006 00:43
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23/02/2006 21:00
 
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Più guardava e meno vedeva. Non c'era nulla da salvare. Quello specchio rifletteva solo brutte cose. Lo specchio del passato, quello che riflette l'attuale volto del suo mondo, era crinato, vecchio e sudicio. Come le cose vecchie guardate in una vetrina. Come giochi di un bambino disattento.
E così si sentiva.
Guardava quella vetrina, in cui i suoi sogni si erano cristallizzati, e vedeva solo tristezza. Lacerava la sua mente quello sguardo che non poteva trattenere.
Era solo di nuovo? Come se non lo fosse mai stato.
Si ritorna sempre assieme, pensava. Io e te, vecchio materiale scadente. Erano i suoi ricordi, le sue esperienze che non erano valse a farlo star bene. E tutti i suoi sbagli, che non lo avevano smosso dalla sua posizione. La polvere era malinconica coperta per quelle vecchie cianfrusaglie. Brividi lo scuotevano dalla testa ai piedi mentre quelle grigie metafore portavano alla mente battiti di ciglia che erano stati rimossi forzatamente. Quella sensazione di già visto, quel fremito nel cuore, quel cuore che non aveva più significato. Stanco. Sapeva di essere stanco, senza più voglia di continuare. Quella era l'unica sensazione che accompagnava la sconfitta. L'ennesima sconfitta.
Aveva mai combattuto? Forse. Ma il risultato era sempre lo stesso. Battuto su ogni fronte. Era stanco di discutere i termini della resa. Questa volta era l'ultima. Diceva. Ma lo diceva sempre. Aveva tentato di non combattere. Ma perdeva comunque. Ed il tempo lo derideva e le sue mani tremavano per il peso del suo volto, ogni giorno più vecchio.
Le lacrime trovavano facilmente la via di fuga. Ed ogni volta giurava che sarebbero state le ultime. Ed ogni volta si sorprendeva nel vederne cadere altre. Pioggia malinconica.
Odiava i melodrammi che costellavano la sua vita, quella via, quelle maniere che aveva preso a percorrere, a far sue.
Non era quello che credeva. Non pensava fosse così amare. Aveva sempre aspettato un unico momento, un momento di pura felicità. Ma più il tempo passava, più si accorgeva che la felicità non poteva esistere. Pia illusione, un volo troppo alto per le sue ali consumate dalla disillusione.
Sapeva cosa avrebbe fatto quel giorno. Il giorno in cui la felicità l'avrebbe sfiorato. L'avrebbe guardata in volto, le avrebbe sfiorato le guance. Le avrebbe detto: "Eri tu quella che aspettavo". Forse nient'altro. Forse sarebbe bastato quello a ripagare l'attesa, ma non lo sapeva.
Spesso gli era capitato di sbagliare. E quella che sembrava un'alba, spesso si era tramutata in tramonto. Ed ogni volta credeva che ne sarebbe uscito, più forte, più determinato.
Sapeva di mentire a se stesso. Quello che vedeva era solo un guscio, che ogni volta si svuotava un po'.
Un guscio che lo aveva avvolto, nel quale aveva riposto se stesso, nella speranza che nessuno potesse toccarlo.
Ma anche questa fu una speranza disattesa.
Un sacco vuoto il suo cuore, che lo guardava con disinteressata freddezza. Sapevano di farsi male a vicenda, con quello sguardo firmavano la loro reciproca resa.
Ed un nuovo giorno cominciava, come se non ne potesse fare a meno.
Ogni giorno era un giorno in cui illudersi, un giorno in cui perdere qualche cosa, che forse non si sapeva nemmeno di avere.
E quando pensava di aver perso tutto, gli veniva donato qualcosa per fargli perdere anche quella.
Un gioco meschino.
Si sentiva preso in giro eppure continuava a guardare in faccia quel suo volto, riflesso di uno specchio che aveva creato con le sue lotte inutili.
Non sentiva niente? Era falso e lo sapeva. Perchè se non avesse sentito niente, se il dolore fosse alle spalle, tutto gli sarebbe apparso grigio e opaco. Ma non era così. Perchè, per quanto si sforzasse, quello specchio non era in bianco e nero. Ed il grigio non era l'unico colore.
Ed il dolore di perdere tutto, ogni volta, non si spegneva in quella gola che raramente chiedeva aiuto.
E raramente ne aveva ricevuto. Forse aveva chiesto alle persone sbagliate, forse non avrebbe dovuto chiederlo.
Ma come si può fare? Si chiedeva. Come posso continuare a fidarmi a metà, a non dare la mia vita a qualcuno?
Ho bisogno di essere sollevato dalla polvere in cui mi trovo, di potermi fidare.
Ma nessuno ascoltava quella preghiera.
Ed ogni giorno si sentiva gettato in una mischia caotica di false facciate, in cui nuovi specchi gli venivano offerti.
Ma non riusciva a staccarsi da quel dolore che lo aveva accompagnato da sempre.
Almeno da quando ricordava di esistere.
E' nella norma, gli dicevano.
E' naturale straniarsi quando le cose non vanno. Tutti hanno i propri problemi, non sei nè il primo nè l'ultimo.
Sapeva che era vero, sapeva che era proprio così.
E non era certo il primo a star male. E non sarebbe certo sato l'ultimo.
C'è chi vuol guardare e chi vuol esser guardato, c'è chi fa finta di nulla e non guarda o si nasconde.
Le parole, come una pericolante costruzione, caracollavano per il pendio della sua malinconia eterna.
Senza uno spazio per aggrapparsi, come una cascata incessante, affollavano quella vuota testa.
Erano le sue uniche armi. Ma non le voleva usare.
L'unico che colpiva era sempre e solo se stesso.
E guardarsi ferito lo faceva sentire meglio a volte. Ed a volte lo atterriva ancor di più. Come suo aguzzino, non aveva mai avuto pietà.
Forse stava impazzendo. Ogni giorno sentiva che il senso delle cose andava perdendosi. Studiare, lavorare, far passare il tempo in qualche modo era solo arrancare verso una fine già stabilita da qualcuno con un forte senso dell'umorismo.
Un umorismo che non capiva.
Non riusciva più a guardare il cielo. Quello che prima riuscia a infondergli pace, ora non lo aiutava più.
Quante notti aveva passato cercando negli astri un segno della perfetta macchina che qualcuno aveva creato.
Ma quei meccanismi non gli sembravano più così perfetti.
Quei movimenti avevano perso di valore.
Quelle luci erano rimaste immobili quando aveva chiesto loro aiuto.
Abbandonato a se stesso. Per sua scelta forse.
Aveva lasciato che tutto gli strisciasse addosso, non aveva opposto resistenze, com'era suo solito.
E neanche straniarsi riusciva più a rendere le cose meno difficili.
In quello specchio si era visto vecchio, senza alcun sogno da realizzare, senza scopi per cui lottare.
In quello specchio era se stesso. Senza alcuna contraffazione. Aveva perso tutto. Quel che rimaneva era quel vecchio guscio, completamente vuoto, quegli occhi, con il loro freddo e inconsistente sguardo. Quelle mani, che tremavano perchè ogni volta che era caduto il suo peso era gravato su di loro. Le sue spalle, curve sotto la stretta della triste vista.
E lacrime di cristallo, che contenevano le ultime forze. A cui rinunciava in quell'attimo. E di nuovo si arrendeva, per l'ultima volta, come sempre aveva detto.
E di nuovo aspettava che qualcosa arrivasse, per togliere anche quell'ultima briciola d'umanità che gli restava. Quel poco di orgoglio che lo aveva fatto rialzare, sebbene sempre più lentamente, ogni volta.
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25/02/2006 17:40
 
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Fai vivere al lettore tutte le tue emozioni, le tue sconfitte, il tuo desiderio di continuare a sperare. Molto, molto bello.. e' sempre bello leggerti e sentirti presente nel forum [SM=x142922]
26/02/2006 00:43
 
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Spesso gli era capitato di sbagliare. E quella che sembrava un'alba, spesso si era tramutata in tramonto. Ed ogni volta credeva che ne sarebbe uscito, più forte, più determinato.


E' strano estrapolare una frase da un racconto, eppure è questa che mi permette di vedere che stai percorrendo una strada che ti porterà fuori dal tunnel.

Gli errori servono, sono utilissimi, le lacrime versate, il dolore odierno, le spasmodiche domande...... che valgono di fronte a ciò che puoi essere?

Ben tornato Feas. [SM=x142846] [SM=x142892] [SM=x142815]
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