Chiedo alla notte di coprire il mio corpo stanco, ai veli neri e freddi di celare le forme che ingannano l’occhio e tradiscono il cuore. Vorrei distendermi ad occhi chiusi nella terra piu’ nera, sentire sui fianchi il camminare silenzioso degli abitanti del bosco, confondermi tra i rami, intrecciare le dita alle foglie bagnate, mangiare brina e gocciole di paura.
Vorrei che la mente fermasse del tempo il distillato migliore, quell’essenza che scivola sulla pelle e racchiude seme e vita. Ora nn vorrei essere come la fata dai lunghi capelli ancora piu’ lei, piu’ io piu’ fragile di questa ricerca dell’io che affido al sogno.
Flauti magici, figure mitologiche, astrazioni dei pensieri, fantasia di danza ed erotismo soffuso.
Mi immergo nella solitudine di un bisogno di esserci, di volermi, di cantare come sirena ammaestrata al bene e mai al male.
Scrivo in disordine, ho paura di questo sentimento che mi addenta e mi strangola nella certezza che fu e che forse nn sara’ mai piu’