| | | OFFLINE | | Post: 803 Post: 113 | Registrato il: 31/01/2005
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01/11/2005 17:18 | |
Fisso il mare, seduto su uno scoglio, e penso.
Penso a quanto è bello, anche se è mosso. Rifletto su quant’è bello il mondo in generale, sebbene ora ci siano le nuvole e tiri il vento.
Penso. Penso a tutto. Poi non penso a niente perché la vista del mare che non trova una fine all’orizzonte mi suggestiona. Allora mi viene da pensare a quanto s’assomiglia il nostro mondo ad una donna. Ogni tanto è nervosa e lo dà a vedere facendo increspare il mare, quanto basta per farlo spumeggiare; a volte è incazzata e il vento soffia furibondo e l’oceano ruggisce. Altre volte è incazzata nera e si scatenano temporali, mareggiate. Pochissime volte, ma ogni tanto capita, è incazzata davvero di brutto (mi verrebbe da dire che è superincazzata) e il mondo si diverte a inventare degli tsunami mai visti prima, dei terremoti improbabili e altrochè di terribile.
Spesso però non è arrabbiata, al contrario ha voglia di mostrarsi in tutta la sua bellezza; quindi, come la donna si trucca e si fa la ceretta, il mondo poggia sul mare una patina collacea invisibile che gli impedisce di muoversi, tappa la bocca al vecchio Eolo ed elimina le nuvole superflue, per regalarci uno spettacolo da sempre visto ma ogni volta entusiasmante.
Come dovesse partecipare ad un concorso di bellezza tra i vari pianeti; unico giudice l’uomo, il quale, conoscendo solo lei da vicino, non può far altro che decretarla vincitrice.
Finito il concorso però, vuole godersi il momento, ha voglia di rimanere bella il più possibile, ecco perché vediamo il blu del cielo, la tavola del mare, l’insufficienza del vento per un altro giorno, a volte anche per due, magari per una settimana consecutiva. Il mondo in tutta la sua bellezza.
Poi, a somiglianza dell’uomo che si stanca di radersi tutte le mattine, decide di cambiare aspetto, quindi di lasciare la barba incolta per qualche giorno; così la terra; si stanca si essere ugualmente bella e assistiamo impotenti alla ricomparsa prepotente delle nuvole nel cielo, al cerotto che il Dio soffiante strappa dalle labbra, al mare impaziente di saltellare che si libera della colla in superficie.
D’altronde, continuo a pensare, è giusto che sia così. Come suggeriscono i filosofi “se non ci fosse il male non ci sarebbe il bene”, così è allo stesso modo per la bellezza. O forse non è proprio così (un particolare non mi convince), perché se non ci fosse la bruttezza non è che non ci sarebbe la bellezza, forse ci sarebbe ugualmente, anzi, tutto quanto sarebbe bello, ma non ce ne accorgeremmo, perché non sapremmo fare il paragone con un qualcosa di orrendo. Ci annoieremmo anche di avere un mondo perfetto. Ecco perché chi è felice ha imparato ad amare il bene e ad allo stesso tempo ad accettare il male; lo ringraziano di esistere.
Contemplo ancora il mare. Sembra aver letto quello che fin ora ho scritto sul block notes; tutt’un tratto si è fatto silenzioso come a dire . Il sole si fa sempre più penetrante: colpa delle nuvole che pian piano lo lasciano solo, protagonista solitario della semisfera celeste.
Solo il vento è rimasto tale; ma me l’aspettavo e lodo quel signore che ha inventato lo Yin e lo Yan, il simbolo che vede il bianco abbracciare il nero, il bene e il male che vanno insieme. Ecco che viene il vento, quel puntino colorato di nero nella parte bianca, quel piccolo male presente nell’oceano di bene, allo stesso nodo del contrario, dell’unico albero verde situato al centro della foresta appena consumata da un rogo.
Davide Urso
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