Chiuso in cantina

L'umido odore di muffa mi ricorda il luogo in cui mi trovo. Questa squallida cantina scura da cui non riesco più ad uscire. Aiuto? Non ne aspetto da nessuno. Solo, sono solo. Ed aspetto che i miei occhi si abituino a questo buio che mi attornia. A questa nera coltre che mi rende cieco, ma libero dagli inganni della vista.
Forse era destino che finissi qui. D'altronde ho sempre aspettato nel mio piccolo angolo che il mondo mi passasse accanto, mi guardasse con occhio di scherno e mi voltasse le spalle.
Adesso dovrei essere contento. Verrò dimenticato, se qualcuno ha mai avuto in considerazione la mia persona.
La mia testa sbatte contro un muro, unica mia certezza in questo luogo di desolata oscurità.
La mia vita, ombra tra le ombre, si confonde, si amalgama con il buio imperante della stanza.
E divengo nulla. Mi perdo nella coltre di persieri che scorrono silenti nella mia mente. Le mie mani, ora parti lontane di un cervello ormai perso, cercano conforto. Il mio corpo, sciolto nel mare del vuoto, perde consistenza si espande, mi porta a conoscenza di un nuovo mondo finora inesplorato, freddo come il ghiaccio, caldo come l'inferno.
Istintivamente so che questo non può essere vero, eppure ora che tutto è velato da questo fitto strato di follia, così vivido adesso sotto i miei occhi, capisco che tutto è sempre stato talmente falso da essere l'unica assoluta verità.
Tutto quello che mi era parso razionale, ora è messo in discussione. E per la prima volta mi sento vivo. Per la prima volta capisco che valeva la pena perdersi.
Ora nudo, in questo buio corpo che adesso mi appartiene, si schiude il nuovo me. Come nera crisalide, prendo a vivere una nuova vita. Ed il mio odio per il mondo è rinnovato. Ed il mio macabro attaccamento alla vita è rafforzato.
Corro per gli scalini che mi libereranno. Mi dovranno sentire stavolta.
Le mie mani picchiano contro la porta.
Urlo come mai in vita mia. Urlo il mio sdegno per la vita, urlo la mia solitudine, la mia invidia per la vita altrui. Urlo la sconsideratezza con cui ho lasciato che il tempo passasse prima di capire cosa volevo.
Urlo la mia sconfitta. Urlo la rinuncia al tempo. Urlo la rabbia che ho in corpo, il dolore che le mie cicatrici testimoniano.
Urlo e tutto il resto perde il suo significato.
Mi scaglio con nuovo vigore contro la porta e le mie grida incrinano quel poco di sanità mentale che mi era rimasta. Sempre più forte il mio corpo combatte questo ostacolo. Sempre più selvaggiamente mi getto contro quello che mi separa dal mondo che odio.
Fin quando la porta non si apre.
Alle mie spalle la mia ombra. Davanti luce. Luce. Soffocante luce che mi ricorda il perchè della mia fuga.

Dopo essere stati tanto tempo al buio
ci vuole un po' di tempo finche'
i nostri occhi si abituino di nuovo
alla luce ed il nostro cuore
inizi di nuovo a sentire i battiti
di sempre. Mi piace molto come
scrivi: i tuoi racconti sono veri
e permettono a chi legge di
vivere con le tue emozioni.
Sono contenta che sei fra di noi

Col fiato in gola, fino all'ultimo, mi hai tenuta sospesa........ direi un thriller psicologico.
La tua parte più buia ti aveva rinchiuso in cantina, il raziocinio e la voglia di vivere ti hanno dato la forza per abbattere quel buio che voleva costringerti in un angolo.

Hai rivisto la luce, ora conosci la differenza tra l'ombra più profonda e la vista del cielo sempre diverso: tocca a te scegliere, anche se lo hai già fatto.

Come ha detto Giovanna è un piacere leggerti.

Un abbraccio

Maria Antonietta