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Ultimo Aggiornamento: 12/08/2005 13:04
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Sicuro di una verità non riconosciuta, credeva di poterla far capire agli altri. Si batteva contro il destino, credendo nella sua inesistnza. Ritorsioni di un mondo non pronto per quello che stava accadendo, che accadeva ogni giorno ed era sotto gli occhi di tutti. Lottava contro tutto e tutti, se stesso per primo. Voleva che capissero, che tutti vedessero quello che lui e lui solo vedeva. Oscura visione, cecità dell'anima, sogni immateriali che nessuno poteva anche solo immaginare erano per lui ordinaria amministrazione. Era stato una persona razionale. Disprezzava coloro che vivevano di sogni. Ma un tappo tolto, strappato via chissà come, un'inibizione persa lo fecero divenire come mai avrebbe immaginato. Una persona che vive di quello che immagina. Sognatore surreale, visionario, pazzo forse, ma mai così vicino alla realtà. Molte sensazioni inimmaginabili erano sorte in lui. Certo; era stato certo della sua vita e del suo ruolo nella società. Certo di essere un ingranaggio in un macchinario così grande da non poter essere veduto. Una grande macchina cresciuta nei secoli che traeva vantaggi dalle sofferenze, dal dolore dei suoi componenti. Ma quel puzzle perfetto si era sgretolato ed ogni tessera si era deformata. Grottescamente quell'immagine era mutata, cambiando tutto quello che significava e tutto quello che comportava. Era scattato come un interruttore, un interruttore mentale, se così si può dire, era stato attivato in una sua "escursione" cerebrale. Egli infatti cercava nella mente un posto dove poter restare solo ed invece trovò tutto ciò che fino a quel momento aveva ripudiato. Ed invece di fuggire ne restò aafascinato, ammaliato quasi. Sublime era diventato tutto quello che credeva un tempo orrido e vile, attratto da quello che un tempo chiamava lerciume mentale. Si sentiva appagato per la prima volta, appagato da stupidi sogni. Si odiava per come era diventato, anche se una tale gioia non l'aveva mai provata. Una gioia pura, come distillata, una gioia delirante, quasi furente, una gioia immotivata e terribile, una gioia che portava via il fiato e stancava le membra. Tentò di portare via quelle immagini dal freddo luogo che aveva creato nella sua mente. Quell'austero ritiro non poteva contenere tali sciocchezze. Sezionò i suoi pensieri uno ad uno, ma per la prima volta si accorse di non sapere nulla nel modo più assoluto, ma non gli importava. Non importava alla nuova entità sognatrice che era sorta in lui. Come una nuova colonna si era instaurata e si era contrapposta alla fredda macchina che era stato fino a quel momento. Una fulminea lotta era iniziata ed in un lampo terminata, come un temporale estivo. E le nuove sensazioni avevano prevaricato sull'assenza di sentimenti, i colori avevano vinto sul grigio. Ed il sognatore spodestò la razionalità, ne interruppe il regno e ne rivendicò la corona.
Come una fenice era risorto in lui quello che da bambini fa credere alla magia, ai draghi ed alle fate, che fa notare la bellezza del cielo stellato e dei prati in fiore.Ed i sogni la nutrivano e lo medicavano, come panacea d'ogni male. Ridiventò il bambino che era stato, che non conosceva il male ed il dolore, anche se ne era a contatto ogni giorno, che rifiutava di smettere di sperare e sognare. Non avrebbe accettato di nuovo quella consapevolezza del male che lo aveva portato all'apatia. Quel bambino non sarebbe tornato uomo, non avrebbe rinunciato alla gioia ed al bene, non si sarebbe arreso di nuovo.
Aveva passato tutta la sua vita a risparmiare denaro, non sapeva neanche perchè. Non aveva scopo e trascinava la sua vita giorno dopo giorno senza meta, senza voglia nè forza di cambiare. Non aveva nessun modello da seguire nè amici su cui fare affidamento, nè persone care. Noia, insoddisfazione, apatia, routine quotidiana. Un supplizio che era durato fin troopo. Decise di non voler far più parte della società, poichè in essa perdeva la sua identità e rimaneva invischiato in una più grande. Cercò allora la solitudine. Fece provviste e si barricò in casa. Non aveva più bisogno di niente. Cominciò a perlustrare la sua mente. Era un mondo in fermentazione, un universo sempre nuovo, mai ripetititvo.
Volle però trovare quello che lo aveva portato a vivere quella vita senza ideali scollegata dal tempo. Passò in rassegna ogni avvenimento, rimuginò ogni scelta ed ogni bivio intrapreso. Giunse in luoghi sperduti senza sapere come. Nelle sue lunghe peregrinazioni vide antri oscuri ed arse pianure. Monti altissimi sovrastati da cieli oscuri, città grigie e piovose completamente disabitate nelle quali aleggiava un debole rimorso, vasti oceani colmi di perdute occasioni, immense costruzioni in grandi boschi verdi.
Poi finalmente arrivò in un luogo che gli pareva di aver già visto: un luogo che era stato perduto, ma che finalmente aveva ritrovato.
Era ancora bambino. Era la sua piccola camera, piena di giochi che lo avevano divertito per tanti lunghi pomeriggi.
Erano quelli i giorni in cui tutto era possibile. Aveva dimenticato come era sentirsi libero da ogni pensiero. Aveva dimenticato che il mondo poteva essere diverso e che bastava volerlo per farlo cambiare.
Si svegliò. Era ancora piuttosto presto.
La sveglia sarebbe suonata tra poco e lui si rigirò ancora per un po' tra le coperte. Per fortuna quell'orrendo sogno era finito.
Sarebbe andato a lavorare anche quella mattina. Come tutte le mattine. Ed al suo ritorno ci sarebbe stato solo il buio della notte ad attenderlo. Come sempre.
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