| | | OFFLINE | | | Post: 8 Post: 8 | Registrato il: 02/06/2005
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09/06/2005 23:49 | |
Sembrava corteccia, pelle ruvida di albero, eppure era solo una piccola farfalla, leggera, impercettibile nel respiro umile di insetto, ma bellissima, colorata di natura, meraviglia aggiunta alle meraviglie, come i nostri occhi che si riempivano di essa e godevano regalando a loro volta altra meraviglia con il brillio di una lacrima velata che ci ricopriva le pupille dando a tanta bellezza la giusta ricompensa.
Rami, foglie, tutto si innalzava verso il cielo e si intrecciava difendendo i nostri corpi di semplici umani dai raggi del sole bollente. Personalmente mi rendevo conto di quanto modeste potessero essere le ombre che trascinavamo sull’arida terra rispetto a quelle prodotte dagli alberi: noi eravamo il niente di fronte a quel grande fratello: lo dicevano l’aria, il prato sul quale eravamo distesi, e tutto ciò che creava quel magico ambiente al quale ci eravamo uniti.
Provammo a chiudere gli occhi e bloccare i polmoni per un semplice attimo pur di ascoltare le voci fantasma delle dolci creature che ci circondavano, speravamo di sentire il fiato della piccola farfalla attraversarci l’anima, non riuscimmo a carpire il benché minimo suono, ci sforzammo , ma non era dote in nostro possesso l’ascoltare, sentivamo solo ciò che avevano da sputare le nostre corde vocali, limitati alle banali parole in modo inequivocabile.
Le formiche reclamavano il pezzo di terra che avevamo occupato, almeno poteva sembrare un reclamo la loro lenta invasione sulle nostre lenzuola distese sui pochi ciuffi di erba, ma Stè, che da tempo era stata eletta la più buona del gruppo, sosteneva che la loro era solo pura felicità per aver trovato altri esseri con cui giocare. “ Lavorano così tanto”, diceva, “ lasciamole divertire, almeno questa volta, che sia un giorno di pace anche per loro”.
Non potevamo che essere d’accordo con lei, così ci lasciammo invadere sorridendo ad ognuna di loro che scalava i pantaloni arrivandoci fin sopra le braccia.
Teki, invece, aveva trovato come sua grande amica proprio l’ombra degli alberi che continuavano a difenderci dal sole, distendeva il suo lungo corpo sulle lenzuola, le dava fastidio la terra troppo dura, ma quell'ombra, la sensazione di fresco che le procurava, l’aiutò ad addormentarsi tra le braccia della terra ostile e le arrivò a piacere talmente tanto che cominciò a sognare e nei sogni la terra divenne uno strato di morbide piume dove lei dava sfogo alla sua pigrizia nel modo più comodo che aveva mai provato.
Ed io? Io ero diventato un’artista dell’immagine, lasciavo scivolare la penna sul foglio bianco e disegnavo così, a parole, tutto ciò che gli occhi vedevano ed apprezzavano.
Erano carezze, non erano altro che carezze le parole che riportavo sulla carta, del resto tutto quello che percepivo diveniva carezza nella mia mente: la dolcezza, il sapore di quell’aria, quel vento delicato che ci portava con lui verso un infinito troppo grande per la nostra mediocrità.
All’improvviso ci fu un’altra invasione, questa volta però non erano le pacifiche formiche ad allietarci il tempo, arrivarono esseri della nostra stessa razza, non certo come noi, ma simili purtroppo.
Portarono le loro brutte e volgari abitudini in quella pace e fu subito tempesta, il rumore sovrastò la serenità che tanto avevamo cercato e di colpo tutto divenne privo di poesia. Ci guardammo, fu un’occhiata di rabbia che però ci indusse, ancora una volta, ad isolarci e cercare di ascoltare le voci impercettibili della natura, solo allora capimmo di averle già sentite tutte le volte precedenti. Infatti in tutto quel rumore, causato dagli esseri umani, l’unico suono che mancava, rispetto agli altri tentativi, era il silenzio. Era proprio quella la voce degli alberi, il respiro della farfalla, l’allegria delle formiche, il silenzio . Cosa troppo difficile da capire per noi piccoli esseri condannati alla nostra intelligenza.
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