I primi passi sono esplosi sull’asfalto conditi dal peso di circa venti anni di inattività.
Mentre con cautela e lentezza lascio che la pianta del piede ritrovi confidenza con le scarpe da ginnastica, ascolto con interesse ciò che gli ottanta chili del mio corpo riescono a suonare sul
manto grigio stinto di questa strada provinciale.
Ne catturo il ritmo di caduta perché questo sarà il primo segno di un progredire nell’ottica del dimagrimento.
Tanto più sarà leggera la caduta e veloce l’incedere tanto maggiore sarà la massa adiposa già lasciata in gocce di sudore lungo il tragitto.
Il fiato è corto, l’affanno immediato.
Il primo giorno è un vero tormento.
Malgrado l’entusiasmo e la ferma volontà i passi si susseguono lenti, quasi avessi delle zavorre ancorate alle caviglie ad ostacolarne l’incedere.
Quel breve tratto di strada che ,percorso in macchina, sembrava una quisquilia ora, che sono le suole delle scarpe a far da traino e non le quattro gomme, appare interminabile.
E’ un altalena strabica l’incedere in cui si alternano i passi andanti del prode ginnasta a quelli oziosi di chi necessita ,con assoluta immediatezza, del tempo di recupero richiesto con ansia di respiro da un fisico non pronto.
Anche perché, e questo è giusto concedermelo in chiave di discolpa, venti sono gli anni di inattività sportiva ma venti sono anche gli anni nei quali ho concesso al tabacco di invadere il mio corpo.
Ed un po’ di affanno nel respiro credo io debba metterlo in preventivo visto che solo ventisei sono i mesi dai quali lascio in pace i miei polmoni.
Il tratto su cui riprendere le gesta fisiche è stato oggetto di uno studio lungo mesi.
In macchina giravo le vie limitrofe misurando con gli occhi il piano e poi la salita e quindi la discesa, cercando di trovare un equilibrio tra i tre elementi che m’apparisse adeguato.
Inutile sottolineare che dei tre la discesa era quello preso nella minore considerazione.
Eppure debbo dire che ,nonostante quegli accorgimenti, oggi la vista della salita m’inquieta molto.
Ho il fiato in affanno, due tratti già percorsi camminando per riportare il cuore ad un numero di battiti accettabili per un essere umano, solo sette i minuti già passati sull’asfalto e davanti un falsopiano che m’appare come l’Everest.
Cazzo!!!!! quanto è bello andare in macchina con il condizionatore acceso.
Su forza !!!
Osserva quelle gocce che impregnano la maglietta!!!!
Quello è l’inizio dello scioglimento dei ghiacciai eterni….ehm scusate…. l’inizio dello scioglimento dell’adipe che eterno albergava sul mio corpo
(senza il mio permesso…. e lo sottolineo perché voglio che ciò sia beninteso)
Il grasso si insinuò in me in modo subdolo, infido.
Approfittò di un momento di debolezza, per la verità durato alcuni mesi, in cui si sommarono la perdita dell’amore, prima àncora che io fissai nel porto del vivere e che svanì d’improvviso senza concedermi il lusso della comprensione, e si sommò dicevo alla confusione generata da un lavoro che con l’incedere dei giorni diveniva sempre più precario.
E dissi basta!!!!!
Si da vero uomo, di pura razza latina, dissi basta!!!!!
E mi abbandonai all’abbraccio di sughi tremebondi, fritti dai vapori inenarrabili, dolci dal suono melodioso ,su tutti “la torta della Nonna”, che mi riportava nell’alveo del tepore familiare ed al contemporaneo moltiplicarsi dell’apoteosi dei trigliceridi corporei.
Ma si….ancora un morso….cosa vuoi che sia!!!!!
E lenta avvenne la trasformazione che ora sconto, in passi ricolmi di creme e sughi e fritti e pizze congelate, che m’impediscono l’incedere sul viale provinciale.
Su forza!!!!
Da vero uomo avanza fiero!!!!
Eppure…..
Eppure proprio qui avevo azzerato il contachilometri……
Mancavano solo trecento metri…….