Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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Ma lei tornerà...

Ultimo Aggiornamento: 10/05/2005 15:34
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Ma Lei Tornerà…
Jean-Renée si trovava adesso di fronte alla spiaggia ed il vento, il freddo vento del nord, gli passava trai capelli scompigliandoli più di quanto non fossero già sconvolti. Il mare, guardava il mare lontano come solo in Normandia il mare sa essere lontano e cammini e cammini per minuti durante la bassa marea e non riesci a trovarlo. Il mare, le lontane coste inglesi… oltre tutte queste cose si spingeva lo sguardo di Jean-Renée e gli piaceva quella spiaggia, era là che fuggiva ogni volta che aveva bisogno di rimanere solo con se stesso.
Quella era Utah Beach.
Ma non era così che Jean-Renée l’aveva conosciuta, quando lui era nato oramai in quei granelli il sangue dei soldati caduti sotto i colpi di mitragliatrice nemica era oramai stato lavato e rilavato dalle onde. Ora vi regna la pace, e si sentiva che quello non è un comune posto di villeggiatura come Douville o Cabourg. In quel posto selvaggio è stata la storia. Jean-Renée era di Angouville, c’era nato in quei luoghi. Ed una minima parte del suo grande fascino lo aveva compreso comunque fin da subito, da quando la maman lo portava, dopo scuola, a fare il bagno, prima che l’alta marea risalisse ad invadere ancora una volta la spiaggia. Ogni volta fuggire, molti bontemponi erano stati fregati dall’apparente lentezza del vecchio signore blu. Molti ne erano stati avvolti.
Nonostante tutto però lo amava. Quel mare era per lui una specie di confidente navigato (ma di vita) al quale con lo sguardo anche adesso egli stava confessando le proprie paure.
Jean-Renée aveva adesso venticinque anni ed era una persona stupenda, il mare (carattere forte, ne aveva viste di cose) lo sapeva e lo commuoveva il ragazzo ogni volta che veniva là con la sua timidezza, coi suoi chili di troppo e la sua pronuncia da campagnolo normanno semplice ed inesperto.
Stavolta se ne stava in silenzio ed aspettava. La profonda ragione è che c’era una persona alla quale non avrebbe mai saputo dire addio.
“è bella?” chiese il vecchio mare e Jean-Renée avvampò chinando la testa.
“Veramente non saprei” disse piano tartagliando un po’ “Per me è stupenda. Ma non me ne intendo di bellezza”
Sottintendendo che l’amava. Di una passione forte e soffocata come solo chi è timido e riservato ama ed ha paura. Sicuramente lei non se n’era neanche mai accorta. Ma ora era troppo tardi per dirlo.
“Non si accorgerà neanche che non ci sono”
No, Mary non se ne sarebbe accorta.
Italiana, Mary, nonostante il nome, amica di famiglia, la conosceva da quando aveva dieci anni (lei ne aveva sette), dalla prima volta che la famiglia di lei si era fermata nel loro alberghetto “chambre d’hôte” trattenendosi per una lunga settimana. Non l’aveva mai scordata, anche se al tempo ella non parlava una parola di francese e tantomeno lui d’italiano. Non l’aveva mai scordata ed erano tornati per due o tre estati, sempre visite brevi ed ogni volta le pareva sempre più bella e la sua lingua dimenticava l’inglese e perfino il francese. Jean-Renée adesso, dopo essersi laureato in economia, aiutava i genitori con la “Chambre d’hôte” e con la fattoria. Insieme a loro Arianne, la piccolina di appena otto anni e Giselle, la ribelle di famiglia.
Quell’estate, quando Mary aveva chiesto ai suoi genitori di assumerla come cameriera durante i tre mesi d’estate, da Parigi era tornato anche suo fratello Maxim. Suo fratello. Maxim.
“capisco” disse placido il mare comprensivo “e lei si è innamorata di tuo fratello”
“Chi non s’innamorerebbe di mio fratello”
Lei era stupenda. Maxim era stupendo. Che cos’è che cercava di ottenere mettendosi fra loro due?
Ditemi sinceramente, quante volte avete sognato di essere qualcun altro, quante volte la fortuna (vera o apparente) di un altro vi ha spinto a maledire il destino mentre il tempo scorre sulla vostra pelle e di nessun’altro perché la gente di paese guarda l’altro che studia a Parigi ed avrà successo e sei felice per lui perché tuo fratello, ma…MA.
A Saint Marie Du Mont era noto come il fratello di Maxim Leonard, il che equivale a passare pressoché inosservato. Certe volte lo osservava, il fratello voglio dire quando tornava al paese, ed era per lui un misto di piacere e sofferenza. Si sentiva come una timida luna soffocata da un sole bello luminoso ed ingrassava ed imbruttiva e più diventava invisibile più le emozioni se le teneva per sé o le confessava a quel mare, quel famoso mare.
Ed ora Maxim si era preso anche Mary. Uscivano tutte le sere. Lui non avrebbe mosso muscolo, nonostante si macerasse nell’animo reprimendo per timore le proprie qualità, il proprio animo gentile e buono. Non voleva neanche conoscere l’idea che Mary si era fatta di lui, nessuno aveva di lui una buona opinione.
Il fratello di Maxim Leonard. Vale a dire niente.
“Vai da lei” le aveva detto una sera Giselle, l’unica oltre il mare che lo comprendeva perché aveva intuito e non c’era bisogno di tante parole (infondo avevano lo stesso sangue) e una sera effettivamente l’avevano passata insieme mentre le mucche al pascolo masticavano e scuotevano la coda.
“ Cosa vorresti dalla vita, Jean-Renée?” chiese la ragazza e a lui venne da ridere perché tentava in tutti i modi di parlare francese pur non avendolo studiato (e si sentiva). Allora aveva dato una risposta seria e profonda, ma aveva provato in italiano ed era stata lei a sorridere stavolta. Giunsero poi in paese, bevvero un po’ di buon Calvados locale e la risata di lei era una musica per le sue orecchie così melodiosa che tentò di controllarsi in tutti i modi, non poteva rischiare.
“Vorrei fare il musicista” disse al mare.
Quella sera aveva veramente sperato che potesse accadere qualcosa. Si dette del cretino trenta volte quando la porta della camera di lei si chiuse.
Ed ora se ne andava. Forse per sempre, chi lo sa. Che fosse Maxim a dirgli addio, per lui sarebbe stato solo un inutile calvario.
Giunse allora a casa dopo due ore circa e non c’era nessuno: i suoi erano andati ad accompagnare la ragazza a prendere il treno a Caen portandosi dietro la sorellina. Non c’era Maxim, ma c’era Giselle seduta sul cancello a maschiaccio.
“sei proprio uno stupido, fratellone” disse e non voleva offenderlo, era il suo modo di fare, un po’ brusco, ma era il suo.
“ti ha cercato, sai?” e Giselle lo vide abbassare gli occhi e si alzò verso di lui “ha girato tutte le camere e piangeva, l’ho scoperta…”
Aveva aspettato fino ad allora che gli dicessi qualcosa, che finalmente prendessi in mano il coraggio perché aveva capito che in te c’è un bel mondo, ma tu non c’eri. Per una volta, un momento, un attimo che la vita ha chiamato te e solo te tu non c’eri.
“Ti sbagli” disse pieno di rabbia “Lei era legata a Maxim.”
“Maxim?” disse sarcastica la sorellina “Maxim l’ha stretta fra le sue braccia mentre piangeva, e non è uno stupido. Tutti abbiamo capito che piangeva per te.”
Per me? per me non ha mai pianto nessuno.
“per te, sì.” Ed il mondo del fratello era di nuovo crollato e lei se n’era accorta. Adesso avrebbe abbassato la testa, pianto, maledetto se stesso…Giselle lo sapeva e continuava ancora a tono duro perché gli voleva bene. Perché era matura abbastanza da riconoscere le piccole occasioni che la vita, la silenziosa vita, offre a tutti.
“per una volta potevi essere orgoglioso di te stesso, ma tu non c’eri”
E lui pensava alla ragazza della propria vita, quella che sempre aveva desiderato, il suo sogno e avrebbe potuto realizzarlo e si chiudeva in se stesso. Aveva detto a Giselle di salutarlo e nient’altro. Pensava. Tutti film mentali. Pensava che fosse bastata la presenza di Maxim, di solito era così. E si ripeteva dentro “non ci sono mai state occasioni per me, non ce ne sono mai…” e si sentì inetto più che mai.
Si. Sentì. Morire.
“sei proprio uno stupido, fratellone” disse Giselle triste.
“mi amava?”
“sì”
Sì, solo te. Coi tuoi rotolini di ciccia, i tuoi balbettii in una lingua straniera, il tuo arrossire, la tua gentilezza…
“Non me lo perdonerò mai” urlò in seguito al mare che non rispose se non con un sussurro di rimprovero e speranza che solo il vento ed il ragazzo compresero e bastò.
Promise a se stesso che la prossima volta avrebbe fatto in modo di meritarlo.



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06/05/2005 18:17
 
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è bellissimo,racconti in modo particolare
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06/05/2005 22:27
 
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grazie
[SM=g27822] grazie[SM=x142852] ...tengo particolarmente a questo racconto...c'è la mia infanzia dentro...[SM=x142892]
love, mel
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07/05/2005 15:34
 
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che spettacolo!ho letto un po' di te senza neanche accorgermene
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08/05/2005 08:37
 
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Ho letto tutto in un fiato ed ho vissuto ogni emozione.
Sai scrivere benissimo.[SM=x142874]
Mi piacerebbe leggere anche il seguito, perchè ci sarà un seguito vero?

A presto

[SM=x142887]

Giancarlo cobite
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08/05/2005 19:37
 
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uh, l'avevo lasciata così per far immaginare ad ognuno il seguito che preferisce, ma...niente vieta che in futuro possa esservi spazio per un seguito...
love, mel
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10/05/2005 15:34
 
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per puro caso...
Ciao Mel, per puro caso, ovvero per errore, ho inserito qui una mia poesia e tu, spirito attento e cosmopolita, hai scritto una riflessione coerente, di cui ti rimgrazio.
Ora ti leggo e mi complimento. Qualcuno dice che riesco meglio in prosa rispetto alla poesia. Amo entrambe. Annoto che descrivi con cognizione luoghi che conosco e che amo. Grazie per la sensibilità che dimostri.
Amour, Luigi[SM=g27811]
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