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Pablo-Sara de la noche

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2005 17:50
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25/01/2005 17:50
 
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PABLO-SARA DE LA NOCHE


Succede che la notte trattenga nella mano la carezza del sonno, e non è sempre il momento di restare sdraiati ad aspettare l’alba o di costruirsi, nel vano movimento tra le stanze, la spossatezza che declina a caso il ritratto infedele della sonnolenza.
Fuori la notte si raccoglie nell’ora che non è più abbastanza presto per proseguire e non è ancora abbastanza tardi per ricominciare: è quando la città sembra un pianeta abbandonato, il cielo rosso per le luci riflesse sopra la coltre di vapore alto, che divide il pianeta abbandonato dall’infinito di stelle e di mistero, i piccoli rumori a prendersi la rivincita sulla consuetudine, come comparse che diventano protagonisti: una goccia, un ticchettio, uno scricchiolio, un respiro.
La rabbia e la malinconia sfumano ad ogni passo senza la fretta di un arrivo stabilito, che sia diverso dal ritorno che si è deciso senza orario prefissato e compiuto attraverso strade opposte a quella di partenza, come se in questo spazio limitato potesse darsi e viversi la vera essenza del viaggio. Un viaggio fra le vie conosciute, fra le ultime novità non registrate, fra il mille volte visto distrattamente e mai catalogato e, naturalmente ed immancabilmente, fra i ricordi di fatti e di cose, di sguardi e di voci; finché la pensosa illusione del pianeta abbandonato si dissolve in un incontro inatteso, che in principio è violenza e fastidio, ma ben presto occasione di nuovo sapere, di scambio e di condivisione.

Sono tornato qui, dove non sono mai vissuto, per ritornare ad essere quello che non sono mai stato. Mi chiamo Pablo perché mio padre che si chiamava Antonio e mia madre che si chiamava Lina volevano darmi un’identità definita già nel nome che non avesse, o non mostrasse, appigli ad una possibile confusione e ad un passato lontano, così che fossi uomo argentino di Buenos Aires già allo scandire del nome. E invece adesso eccomi qui, a ritornare italiano senza esserlo stato finora e a cercare di essere finalmente quello che forse non so, che forse non vorrei o non volevo sapere, e infine sono. Forse ho tradito, se me ne sono andato senza poter più capire, senza voler più sopportare, senza voler pensare di poter fare qualcosa. Avrei potuto unirmi a chi vuole cambiare, ma avrei potuto unirmi, io mai definito se non da un nome accettato per forza e giammai per natura e per sentire? Unirmi a chi non sa come chiamarmi? Io, disunito per destino, unirmi a chi? E allora accetterò questa vigliaccheria per tutti i giorni a venire, con la pena di una lacrima al giorno versata sulla consapevolezza dell’impotenza compresa e del non ritorno deciso. Se frugo nelle tasche vi trovo ancora gli ultimi ricordi, ed è qualcosa di atroce e inevitabile questo trattenere sgualcito che rimorde, questo desiderio di mostrare che grida; ecco un ritaglio di giornale: sembra ingiallito dal tempo e invece data appena qualche ora.

“Martes 19 de noviembre, 11:34 PM
Murió otro bebé de 9 meses por desnutrición en Tucumán.
A San Miguel de Tucuman un bebé de 9 meses murió hoy por desnutrición en un hospital tucumano, según confirmaron las autoridades del centro asistencial. El menor de 9 meses fue identificado como Rodolfo Ruiz, y pesaba siete kilos, y falleció en el hospital del Niño Jesús, en donde estaba internado desde hace algunos días.”


Rodolfo Ruiz: nessuno mai potrà scrivere il romanzo della tua vita d’uomo.
Dell’Argentina ricordo i grandi viali alberati di Buenos Aires e i palazzoni bianchi di una strada di periferia, le facce scure e gli occhi grandi dei bambini per le strade e nel parco del “barrio porteño” di Belgrano; ricordo un’epoca trascorsa e ormai forse persino dimenticata, un tempo di grandi speranze e grande disperazione e rabbia, ricordo le urla e le lacrime, i pugni alzati e le fotografie levate in alto da madri precipitate nell’angoscia del silenzio e dell’assenza venuti a violentare e a sostituirsi alla normalità del loro amore materno, verso quei loro coraggiosi niños desaparecidos. Quel coraggio di cui Pablo piange con dignità una mancanza che brucia, di fronte al nulla che offre questa Argentina di oggi, e non si può giudicarlo, e non si può consolarlo. Estrae dalla sua tasca un altro foglio sgualcito e me lo mostra: è il ritaglio ingiallito e sanguinante di un articolo reso anonimo dalla sforbiciata che ne ha ridotto l’integrità originale.

” En estos momentos tan particulares de la Argentina, no puedo dejar de recordar aquellos tiempos de adolescente -la década del 70-, y la forma en que de a poco nos han ido quitando toda una identidad y junto con ella nuestras esperanzas. Lógicamente que aprovechando la dicotomía este-oeste fue como comenzó la decadencia ideológica primero con el Plan Conintes (¿conmoción interna del estado?) , y luego con la Doctrina de la Seguridad Nacional (¿seguridad para quiénes?), así nos obligaron a padecer la Dictadura Militar que se llevó no solo a miles de los nuestros, sino que fue el comienzo de la economía de mercado, el modo de vida liberal, el neoliberalismo y la globalización. En aquellos momentos Alzogaray, Neustadt, Grondona (padres y mentores de los actuales De Pablo, Longobardi, y Hadad) y otros tantos más negaban una realidad: los asalariados participaban en él 35 % del Ingreso Nacional, la Deuda Externa era de 7.800 millones de dólares, representábamos el 16% de la economía de América y los intereses de la deuda un 15% de las exportaciones. Pero ellos que se empecinaban en cambiar, y hoy casi olvidamos aquellos tiempos de nuestra argentina.
A la luz de estas realidades y con el fin de implementar una nueva "argentina potencia", no fueron pocos los gerentes contratados como los que llegando por el voto popular son responsables de la actual situación económica, política, social y laboral de nuestro país: Krieger Vasena, Martínez de Hoz, Sigaut, Alemann, Dagnino Pastore, Whebe, Sorrouille, Rapanelli, E. González, R. Fernández, Machinea, López Murphy, Di Tella, D. Marx, Liendo, Caro Figueroa, Alfonsín, Menem, De la Rúa. Sin dudas que el dilecto alumno Domingo Felipe Cavallo, Doctor en Economía de Harvard (1977), premiado como: Economista del año-Hombre del año-Ministro de finanzas del año (1992), Águila de las Américas (1995); conspicuo empleado de las dictaduras: Subsecretario de Desarrollo en Córdoba (1969/70), Director y Vicepresidente del Banco Córdoba (1971/73), Subsecretario del Interior de la Nación (1981), Presidente del BCRA. (1982) e incondicional de presidentes democráticos: Ministro de Relaciones Exteriores (1989/91), Ministro de Economía (1991/96 y 2001) es el máximo responsable de la actual situación que atraviesa la patria. Sus operaciones: nacionalización de la deuda externa privada, convertibilidad, privatizaciones, desguace del estado, megacanje, reducción de sueldos y jubilaciones, déficit cero y demás artimañas que contaron siempre con el apoyo y complicidad de los centros financieros internacionales.
Hoy nuestro país presenta estos datos, impensados hace un cuarto de siglo atrás:
53 % del PBI va al pago de la Deuda Externa
10 % más rico de nuestra sociedad se lleva el 37,2% del ingreso
40 % más pobre sólo accede al 15% de la riqueza
2.000.000 de personas tienen un $ 1 diario para vivir
45 % de las familias se encuentra por debajo de la línea de pobreza
15.700.000 de personas están en la miseria
2.100.000 de personas están desocupadas
2.100.000 de personas están sub-ocupadas
399.000 de personas más con problemas de empleo en el último año
16,4 % es el índice de desempleo
36,4 % de los desocupados tiene estudios terciarios o universitarios completos
37,6 % de los subempleados tiene un nivel alto de instrucción
90 % de los trabajadores ganan menos que el año anterior
300.000 adolescentes dejan la escuela media por año
30 % de los jóvenes no terminó la escuela primaria
15 % de los jóvenes no tiene trabajo ni estudia
3.500.000 de personas sin trabajo tienen menos de 24 años
4.500.000 (el 44 %) de chicos menores de 14 años están en la pobreza
4600 comercios cerraron en los últimos 5 años en Capital Federal
27 % de los comercios cerraron en los últimos 5 años en Capital Federal
160.000 millones es la deuda externa (¿ ?)
220.000 millones será la deuda externa en 2004 (¿ ?)
12.700 millones salieron del sistema en el último mes y medio (¿ ?)”


Sono tornata qui, dove non sono mai vissuta, per ritornare ad essere quella che non sono mai stata. Mi chiamo Sara perché mio padre che si chiamava Antonio e mia madre che si chiamava Lina non sapevano e non vollero mai sapere che l’unica possibile identità definita già nel nome che non avesse, o non mostrasse, appigli ad una possibile confusione e ad un futuro disperato, per me non poteva essere quella di un uomo argentino di Buenos Aires, ma forse solo quella di una donna del mondo già allo scandire del nome. E invece non mi è stato possibile uscire dal marasma delle entità di mezzo, da questa terra di nessuno e di niente fra i due confini impenetrabili e protetti di quelle terre uguali e contrarie che chiamano normalità. Non resta altro destino per me che questo andare verso un altrove che si moltiplica ad ogni passo e ad ogni fermata che compio sopra il tragitto di una ricerca di pace senza fine, come non resta che urlare al mondo tutto il mio amore e tutto il mio pianto, insieme all’impotenza, per la mia terra da cui sono respinto, là dove il destino della gente comune, della gente normale, non ha più energia e speranza. Come potrebbe mai averne per chi come me vive quella propria normalità che è inaccettabile agli occhi degli altri e indefinibile ai propri?

Succede che la notte trattenga nella mano la carezza del sonno, e viene il momento di attraversare la notte per costruirsi una possibile chiave che declina a memoria il ritratto fedele della consapevolezza.
Fuori la notte concede l’occasione di avvicinarsi e conoscere, mentre il pianeta abbandonato mostra i suoi primi segni di risveglio, lampi di umanità negata e di realtà non saputa o dimenticata.
Pablo-Sara ha sguardi e gesti di donna, rabbia e forza di uomo, lacrime di essere umano. Pablo-Sara è un soggetto argentino e italiano, cittadino del tutto e del nulla, fuggiasco e ribelle, coraggioso e codardo.
Pablo-Sara sei tu, sono io, siete voi.
Pablo-Sara siamo noi.




23/04/2003 10.48
www.freeforumzone.it/viewmessaggi.aspx?f=12984&idd=610

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