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MADELAINE - racconto

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2005 15:12
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"MADELAINE"

Racconto in Otto Quadri
di Silvano Baracco (Walko) e Giovanna Riminucci (Gio Girisper)



Primo Quadro

Un quartiere della periferia di Parigi, con i suoi palazzoni intervallati da piccole aiuole, identico al quartiere periferico di qualsiasi altra grande città.
Questo sabato mattina c’è grande concitazione sulla strada, vicino ad un palazzo: un assembramento di folla vociante, è arrivata anche una pattuglia della polizia.
Nel centro dell’assembramento una giovane donna, gli occhi spiritati di chi non dorme da giorni, i suoi occhi scuri inondati di lacrime, i capelli scuri, lunghi, scarmigliati; c’è un uomo elegante che la tiene per un braccio; di fronte a loro un uomo quasi anziano che continua a tirare su gli occhiali dalla punta del naso mentre discute frenetico e tutti intorno che urlano e indicano più volte quella giovane donna con un dito.
L’uomo elegante è un ufficiale giudiziario, l’uomo quasi anziano è il padrone di casa della giovane donna dai lunghi capelli scuri e l’ufficiale giudiziario si rivolge proprio a lui:
- Lei non capisce? Non vuole ragionare? Io qui rappresento la Legge, capito? La Legge!
- C’è una legge ben più alta e più importante di quella che lei rappresenta: è la legge… della dignità e dell’onore, della moralità e del diritto di vivere quieto e sereno!

La folla intorno approva rumorosamente, i poliziotti si sbracciano per mantenere l’ordine, perché l’assembramento non degeneri. L’ufficiale giudiziario riprende pacatamente il suo discorso.
- Questa legge di cui parla lei esula dalle mie competenze, cerchi di comprendere. Lo sfratto esecutivo della signorina è stato confermato da una sentenza, siamo d’accordo fin qui?
- Pienamente d’accordo!
- La situazione in essere le concede l’opportunità di usufruire di massimo sei mesi di proroga. E’ mia facoltà ridurre tale periodo sino a non meno di mesi tre… anche se non ne vedo in effetti le motivazioni da un punto di vista strettamente giuridico…
- Da un punto di vista morale! Morale!
-… giustappunto, volendo venirle incontro su questo piano, sebbene… ma sia! Non posso comunque esimermi, anche contro la mia volontà, dal concedere alla qui presente signorina i tre mesi di proroga che la Legge…

A questo punto la voce del pubblico funzionario viene coperta dalle grida del padrone di casa e della folla (“Tre mesi! Altri tre mesi! Vergogna! E’ una vergogna!”) che i tre poliziotti accorsi sul luogo stentano a contenere. La giovane donna tace. Piange in silenzio e tiene gli occhi bassi. Quando l’ufficiale giudiziario la invita a parlare, ad esprimere anche il suo punto di vista, lei ripete soltanto:
- Me ne andrei via anche adesso… ma così, sul momento… non so dove andare.
Subito la sua voce è coperta dagli urli della folla:
- E’ un problema tuo, arrangiati!
L’ufficiale giudiziario sbuffa, allarga le braccia e poi risale in auto, scortato da un poliziotto, mentre scuote la testa ed alza le spalle ripetendo quasi sconsolatamente tra il vociare che lo circonda e lo accompagna:
- Tre mesi. Altro non posso fare. Tre mesi di proroga e poi provvederemo allo sgombero.

Molti hanno accolto l’invito dei poliziotti e si sono allontanati. Qualcuno, che adesso sembra più calmo, è rimasto sul posto, ma adesso altri si avvicinano di nuovo alla giovane donna, la circondano davanti all'ingresso del palazzo, la prima a parlare è una donna:
- Svergognata! Sei una svergognata!


Secondo Quadro

- Che ne sapete di me?
Finalmente la giovane donna reagisce, si asciuga gli occhi e le guance con il dorso della mano.
- Che ne sapete di me? Da dove vengo, chi sono, cosa ho vissuto, cosa ho provato, cosa sento?
- Svergognata! Che cosa senti quando riduci questo quartiere di persone per bene ad uno squallido bordello? Quando ti accompagni ad un uomo diverso ogni notte e a volte anche a più di un uomo, tornando dalle tue scorribande sconosciute o aspettandoli a casa? Hai fatto gli occhi dolci a tutti i maschi del quartiere, senza curarti del fatto che fossero o no sposati, che fossero uomini o ragazzi! Hai fatto litigare mariti e mogli…
- Mi dispiace, di questo mi dispiace…
- Bugiarda! Sei solo una puttana…
- Del resto ho conosciuto uomini stanchi della loro donna, in molti casi usati e maltrattati…
- Vergogna! Osa venire a farci la morale! Osa venirci a insegnare come si conduce una famiglia per bene! Proprio lei!
- Non volevo dir questo… io… io non sono una bestia, capite? Ho le mie debolezze, ho i miei limiti, ho fatto degli sbagli… ma… sono anch’io un essere umano… come voi…
- Come noi? Come noi? Come osi metterci sul tuo stesso piano?
- Ognuno… ognuno ha un proprio mondo dentro di sé… fatto di tante cose, giuste, sbagliate… e… e a volte tutti insieme si può…
- Insieme! Che tu sia maledetta, troia di merda! Ora ti credi protetta dalla legge, ma la nostra legge è più forte, la nostra è la legge della moralità e del buon senso comune, la nostra è la legge della pacifica convivenza delle persone rette e per bene, qui nel quartiere siamo noi la legge e non ti sopporteremo un giorno di più!

Ormai la folla la stringe d’attorno, quasi levandole l’aria, qualcuno la spinge contro la porta, lei si porta le mani al viso e inizia a singhiozzare. Un uomo si fa largo tra la folla e le si para davanti.
- Non possiamo infrangere la legge, non la possiamo costringere ad andarsene. Ma nessuno ci può impedire di esprimerle tutto il nostro disprezzo, come merita!

Così dicendo le sputa addosso e poi alza in alto la mano destra per colpirla. Madelaine toglie le mani dal viso e lo fissa in volto, in silenzio, con occhi pieni di lacrime che non esprimono rabbia, non esprimono neanche paura e non vogliono chiedere pietà. L’uomo esita un istante, poi porta più indietro la mano per colpirla con maggiore rincorsa.


Terzo Quadro

- FERMO!
Una voce improvvisa, profonda, possente. Una voce di tuono che copre il vociare indistinto e lo riduce al silenzio. E una mano che afferra in alto il polso dell’uomo. Nessuno si era accorto di quel giovane, che silenziosamente fendendo la calca è arrivato a ridosso della giovane donna e adesso la affianca, la prende per un braccio e la scuote, rivolgendo alla folla parole e sguardi di fuoco.
- Che cosa vogliamo farne di questa carne perversa? Uno schiaffo è l’inizio, e dopo? La prenderemo a calci, forse… la linceremo, forse? Voi, persone rette e per bene, vorrete macchiarvi la coscienza con un delitto, forse?
- Non si vuole certo arrivare a tanto, ché non ne vale la pena. Ma uno schiaffo… segno del nostro disprezzo… uno schiaffo lo merita e l’avrà.
- E sarai tu il giustiziere? Qualcuno di costoro ti ha eletto giudice, o ti ha investito del ruolo di esecutore d’una sentenza?
- Io o un altro è lo stesso. Noi siamo tutti d’accordo, la nostra comunità è solidale e coesa, quel che io faccio lo faccio a nome di tutti perché siamo una cosa sola, un tutt’uno…
- Non così è, amico mio, non così quando vendi a ciascuno di costoro nel tuo negozio una certa quantità di carne e aggiungi carta abbondante prima di posare l’involucro sul piatto della bilancia, così da pareggiare il costo della carne con quello della carta. In quello tu togli impropriamente a ciascuno del suo per aggiungerlo al tuo. E allora forse tu potresti essere il giustiziere: anche se affitti le case a prezzo alto e ne dichiari sulle ricevute meno della metà del pattuito, per non pagare le tasse. O tu, che giri per le case a propalare i segreti altrui, fino ai più delicati e dolorosi. O tu! Sì, proprio tu che spesso la sera alzi oltre il lecito il gomito al bar con gli amici, poi sali sulla tua auto per ritornare a casa, incurante dello stato di ebbrezza, così mettendo a repentaglio la tua vita e quella degli altri. O tu, che davanti ai tuoi superiori lucri il merito dei tuoi sottoposti, dichiarando come tuo proprio il loro operare, avanzando così in carriera oltre i tuoi meriti e a scapito di chi lo avrebbe meritato. O tu, che molte volte, nottetempo in un quartiere lontano, frequenti donne che vendono il loro corpo sul ciglio delle strade, arrecando in segreto le stesse offese alla morale che imputi pubblicamente a questa giovane donna. O tu, che passi tutto il tuo tempo accumulando beni e ricchezze e negando una minima parte del tuo esorbitante superfluo a chi ne ha disperato bisogno. O tu, così rispettabile e quieto per chiunque ti conosca, che nel segreto delle mura che ti proteggono dalla vista degli altri alzi le mani sui tuoi figli per un nonnulla, sfogando con violenza su di loro la tua rabbia repressa e nascosta al mondo circostante. Vi siete già nominati giudici. Chi di voi, ora, intende ergersi ad aguzzino?

Un momento di tesa indecisione percorre la folla. Poi l’uomo di prima riprende la parola:
- Chi sei tu, allora, per giudicarci? Non sei forse Manuel, il clochard? Un vagabondo, senza arte né parte, senza fissa dimora, senza una comunità di appartenenza?
- Sono quello che hai detto, infatti. Ma ti risulta che abbia mai arrecato male a qualcuno?
- Questo no. In tutta onestà… e per questo sei bene accetto e rispettato dalle persone del quartiere, non hai mai fatto male, non hai nemmeno mai chiesto nulla ad alcuno, non hai molestato persone, non hai mai dato scandalo. Forse… in fondo… ecco, forse proprio tu saresti il più indicato a dare a questa donnaccia quello che si merita, per quanto tu non faccia parte della comunità, pur vivendone ai margini e dunque in qualche modo…

A questo punto interviene il padrone di casa della giovane donna:
- Ma che dici? Non lasciamoci confondere dalle parole di un vagabondo! Noi siamo persone per bene! Certamente, con i nostri piccoli difetti, per lo più giustamente tenuti in segreto per non dare scandalo. Ma noi siamo nel giusto! Cosa ne sa costui, con i suoi discorsi astratti e privi di senso, della vita reale? Che ne sa lui di che cosa significa fare i conti con i problemi di ogni giorno, con il duro lavoro, con le spese, con le tasse, con la concorrenza? Che ne sa delle necessità di ciascuno, del bisogno che a volte si ha di sfogarsi?
- Lo so, invece. Lo capisco. Non lo approvo, ma posso capirlo. Ma non ti sembra che tutte quelle che tu chiami “necessità” abbiano la stessa dignità per ciascuna persona?
- Avete sentito? Ci mette al pari di questa svergognata, maledetto il giorno che le ho affittato il mio appartamento! Perché sono della stessa razza: lei una donnaccia, lui un vagabondo! Noi lo abbiamo accolto, lo abbiamo tollerato, rispettato… ed ecco come ci ripaga adesso: giudicandoci! Facendo la morale, lui, a noi! Lui che non sa niente della vita vera! Il dovere, il lavoro, gli impegni, l’arrabattarsi, il combattere e naturalmente anche il sacrosanto godere dei frutti di tutto questo darsi da fare. Facile per lui giudicare il nostro avere! Lui, che non ha niente!
- Che ne sai tu di quello che ho e di quello che sono? Tu dici di conoscere la vita, ma in realtà ne conosci solo una parte. Non hai pensato che potrebbe essere la parte meno importante? Non hai mai pensato che questa tua “vita vera”, come la chiami tu, così fuggevole e provvisoria, potrebbe farti da schermo impedendoti di vedere una realtà più grande? Tu mi vedi e mi giudichi sull’avere: “non ha niente”. E se invece questo mio apparente nulla avere nascondesse ai tuoi occhi la realtà nella quale tutto possiedo e tutto mi appartiene?
- Lo sentite? E’ pazzo! E’ un anarchico e un pazzo! I suoi discorsi insensati vogliono farci apparire la realtà come fosse chimera e le sue fantasie assurde come fossero la vera realtà. E per questo ci giudica indegni di giudicare e ingiusti al pari di questa donnaccia.

La folla comincia a bisbigliare, rompendo il silenzio che l’aveva avvolta. E più d’una voce comincia a levarsi:
- Ha ragione! E’ un clochard! E’ un pazzo! Non ha il diritto di giudicare la nostra rettitudine e di metterla in dubbio! Cerca di confonderci per difendere questa svergognata! Forse perché vuol conquistarsi i suoi favori, forse perché sono già amanti, a nostra insaputa! Noi siamo retti, noi siamo persone per bene, se abbiamo dei difetti è perché la vita ci costringe ad averne, perché la vita è questa ed è così, e noi non siamo vagabondi né sognatori, siamo persone concrete!

Il padrone di casa si avvicina alla giovane donna e la colpisce con un violento manroveschio sul viso, che la fa barcollare. Il clochard la sorregge e non parla, la tiene per un braccio ed alza verso il cielo uno sguardo sgomento.
Poi un fortissimo tuono improvviso introduce un acquazzone violento, che provoca il fuggi fuggi della folla, ognuno per proprio conto raggiunge il proprio rifugio. Rimangono solo Manuel il clochard e Madelaine, fermi sotto la pioggia: lei tiene lo sguardo a terra e resta in silenzio, lui tiene lo sguardo al cielo e non si capisce se si rivolge a lei o se parla fra sé e sé:
- C’era un tempo in cui si commettevano gli stessi sbagli di adesso, e come adesso si pretendeva di giudicare e di punire gli altri. Ma ora si arriva a giustificare i propri stessi sbagli e a non fermare il proprio desiderio di condanna, sentendosi senza alcun dubbio dalla parte del giusto. Che cosa ne sarà di questa generazione?
- Ti ringrazio per avere cercato di difendermi… ma adesso… cosa posso fare? Loro… non mi lasceranno più vivere.
- Vieni via. Andiamo via.
- Dove andrò?
- Se vuoi, potrai venire dove vado io. Se ti fidi di me.
- Non ti conosco, ma mi fido di te. Io ti seguirò. Verrò via con te.
- Però con me la vita sarà molto diversa da come l’hai vissuta fino ad oggi.
- Io non amo la vita che ho vissuto fino ad oggi. Ma non ne conosco un’altra.
- Te la farò conoscere e deciderai tu se è migliore o peggiore.


Quarto Quadro

Il clochard e la ragazza camminano in silenzio, lungo un campo della periferia; in lontananza si scorge la città, la vetta della Tour Eiffel sullo sfondo, ma Parigi sembra così lontana!
- Parlami di te.

“ Mi chiamo Madelaine. Ho avuto anch’io un amore. Io ho avuto un amore, più di dieci anni fa: era bello, era forte, era dolce; il suo sorriso riscaldava il cuore, era forbito il suo parlare, era pieno di attenzioni ogni suo gesto, era simpatico e buono, nonostante i suoi molti pensieri e quel suo lavoro molto impegnativo e difficile che molto spesso lo portava lontano. La vita era bella con lui: era bello ritrovarsi insieme al risveglio ogni mattina, attenderlo la sera al ritorno dal lavoro, cenare insieme, uscire insieme mano nella mano e poi andare insieme a coricarci, dormire insieme, fare l’amore con dolcezza… con amore. Poi. Poi all’improvviso. Poi all’improvviso tutto così diverso, tutto cambiato, tutto finito. Un’altra. Lui doveva scegliere, io l’avrei persino potuta… accettare. Per amore. Per amore. Per… ma lui doveva scegliere ed ha scelto… l’altra. E allora tutto… e allora tutto è diventato buio, tutto buio, buio. Il giorno era buio e la notte… la notte. E allora qualcosa andava fatto. Un altro amore no. No, un altro amore… sarebbe stato… impossibile, assurdo. C’era lo studio, mi sono buttata nello studio, mi sono laureata una volta e poi un’altra. Ma se pensavo a cosa poter fare… dopo… come abituarsi a quella solitudine, a quel silenzio che mi aspettava a casa, al buio, ogni giorno? Diversi uomini mi corteggiavano, mi ripetevano che ero bella, che ero viva. Anche le amiche a dirmi di non lasciarmi andare… ma io… ma io. Lui che poi si faceva vivo, ogni tanto, e mi dicevo che io gli appartenevo ancora, gli sarei appartenuta sempre… così… è cominciata così. Tradirlo, io dovevo tradirlo. Dovevo dare ad altri il mio corpo, fino allo spasimo, fino alla perdizione, fino all’abitudine, fino… fino ad oggi. ”

- Ti avevo chiesto di parlarmi di te, ma tu parli di lui. Parlami di te.

“ Non ho più avuto un amore, da allora. Sono stata con molti uomini, erano anche simpatici, molti erano buoni. Ma non li ho mai amati, non li ho voluti amare. Io forse non so che cosa sia esattamente l’amore. So che non era quello che pensavo. I miei genitori sono così diversi fra loro! Mia madre è di Marsiglia, discende da una famiglia nobile ed agiata: notai, giudici, ambasciatori. Lei ha avuto un’educazione raffinata ed austera e il suo carattere è… è così. Mio padre è un contadino, parigino della Parigi Grande, di campagna. Produce un vino buonissimo, sai? Ma non ha mai avuto il senso degli affari, non ha mai pensato ad arricchire, gli basta il minimo indispensabile, è libero… si sono innamorati, hanno avuto due figli, poi… erano troppo diversi. Loro si amano ancora, ogni tanto si incontrano, passano insieme una vacanza. Però da anni vivono lontani, mia madre è ritornata a Marsiglia. Io… io faccio avanti e indietro fra Marsiglia e Parigi… a volte vivo là, a volte qua. Anche adesso… adesso forse tornerò a Marsiglia, per un po’, non è una brutta città, tutt’altro sai, ed io non ci sto male. Anche se preferisco Parigi. Ma andrò a Marsiglia, poi… poi si vedrà. Troverò qualche giorno il mio posto nel mondo… forse. E allora mi sono detta che l’amore che vorrei… che avrei voluto… non era quello che credevo, non era quello dei miei genitori, non era nemmeno quello creduto di avere, insieme a lui. Mi sono detta che il vero amore forse non esiste. E ho conosciuto tanti uomini… ognuno con le sue idee, il suo modo di vivere e a modo suo di amare… qualcuno che non sa davvero cosa desiderare… qualcuno che forse sa cos’è l’amore, ma non può darlo… o non vuole… altri che non… non sanno che l’amore non è quello che… non sanno che l’amore è un’altra cosa… qualcosa di più grande… qualcosa che non so. Hanno avuto tutti il mio corpo… e basta. E lui ormai non dice più che gli apparterrò per sempre, perché anche lui lo ha saputo e adesso certamente mi disprezza, come e forse… e certamente più di quegli altri, quelli del quartiere. E loro in fondo non hanno nemmeno tutti i torti, se non quello di non voler capire… se non quello di credersi tutti giusti ad ogni costo, al punto di poter giudicare gli altri e condannarli. Loro credono… che la vita vera sia quella che vivono loro… e il vero amore… qui sbagliano. Ma in fondo loro non hanno nemmeno tutti i torti a disprezzarmi… ma lui … ecco, tutto qui. “

Il clochard cammina con una mano in tasca, nell’altra tiene un lungo ramoscello raccolto per strada e lo striscia per terra disegnando rette e cerchi sul terriccio, come se stesse scrivendo. Se Madelaine leggesse quello che il clochard Manuel sta scrivendo per terra, forse capirebbe. Ma la brezza leggera sposta il terriccio e cancella quelle parole ad ogni passo.


Quinto Quadro

- Mi parli ancora di lui. E’ così difficile dimenticare! E davvero troppo difficile perdonare?
- E’ difficile, sì. Certe volte forse è proprio impossibile. Troppo grande, troppo forte, troppo gravoso per le nostre forze.
- Lo so.
- Ma io, che non potrei mai dimenticare, forse ricordo tutto questo ormai senza rancore. Forse l’ho perdonato… forse… sì: ho perdonato.
- Lo so. Lo sapevo. Volevo sentirtelo dire.
- Perché?
- Perché adesso finalmente potrai parlarmi di te.

“ Amo camminare a piedi scalzi sull’erba e sulla sabbia ed amo sentire il profumo dell’erba e della terra bagnata. Però mi piace anche l’odore dell’asfalto di città mentre cadono le prime gocce di pioggia e amo camminare d’autunno con le mani in tasca sopra ai tappeti di foglie gialle e sollevarne dei mucchi a calci più su della mia testa e poi vederle ricadere piano piano all’intorno… e allora vorrei allargare le braccia e poi girare girare e girare, cantando a squarciagola, fino a cadere per terra fra le foglie… e riposarmici un po’, sorridendo con lo sguardo rivolto al cielo e… e sai com’è bello stare così, coricata su un prato, d’estate, con le braccia allargate e guardare le nuvole bianche che volano veloci nel cielo azzurrissimo? Da bambina sognavo spesso di salire sopra ad una torre altissima e poi di prendere le nuvole con una rete per le farfalle e depositarle in un secchio per portarmene un po’a casa e tenerle sotto al letto. Adesso invece sogno spesso una ragazza bellissima con grandi ali d’angelo che si innalza sopra la terra, come se fosse una palla ai suoi piedi, in un’esplosione di luce, con un bambino in braccio, appena nato. Forse è l’amore che sogno, forse è l’amore che non so. Io non potrò avere figli. Ne avrei paura, anche se forse… lo vorrei… perché… è proprio quello, forse, l’amore che mi manca. Ma non posso avere figli, non potrò mai essere madre. Però mi piace, senza ombra di invidia, guardare le giovani madri portare a spasso i bimbi con le carrozzelle e i passeggini e sostenere i loro primi passi… e accompagnarli lungo il cammino della vita. In fondo io non so ancora cosa volere e dove andare. So solo che amo sprofondare e volare fra le storie immaginate e raccontate dagli scrittori e dai poeti, amo viaggiare tra le pagine dei libri di storia e di geografia che mi parlano di popoli lontanissimi nel tempo e nello spazio, adoro lasciarmi andare e farmi cullare e trasportare altrove dalle note di una musica. Amo le rive dei fiumi, dei laghi, dei mari e amo le montagne innevate, rocciose o verdi di boschi. Amo le luci colorate, una città illuminata da mille finestre accese mi mette allegria e mi trasmette tanta tenerezza… ma amo anche il villaggio di campagna, il profumo di fieno, la gente semplice che si muove lentamente seguendo il ritmo delle stagioni, il giusto tempo del grano e quello della vite, l’esistenza quotidiana cadenzata dai rintocchi di campane e… forse… in fondo amo la vita, anche se è tutta un’altra vita da questa che ho vissuto finora, anche se… forse non esiste che nella mia fantasia e nei miei sogni. Esiste un luogo dove al mattino si possono aprire gli occhi e… ed essere travolti da una dolcezza infinita, da un candore e da una leggerezza… senza fine? “

Il clochard seduto sopra ad una panchina, gira un trifoglio fra due dita, la fissa dritta nello sguardo e sorride.


Sesto Quadro

Hanno raggiunto camminando un vecchio capannone sventrato, di cui sono rimasti soltanto l’inteialatura di ferro e di acciaio ed il tetto di tela squarciato in molti punti. Camminano fra gli archi metallici nella polvere, fra oggetti dimenticati, borse di plastica, fogli di giornali: è come un mondo diverso e misterioso che Madelaine non ha mai visto e non le piace: c’è qualche cosa di inquietante, di brutto, di doloroso in questo mondo lontano.
Mentre camminano in silenzio, si accorgono di due gambe che spuntano dietro ad un pilone. Si avvicinano e gli girano intorno: è un ragazzo appoggiato al pilone con la schiena, la testa leggermente reclinata su un fianco, un filo di bava che gli scende dall’angolo della bocca, ha gli occhi arrossati, le palpebre pesanti, li guarda dal fondo di una sofferenza e di una disperazione senza fine e senza ritorno.
Il clochard si accovaccia accanto a lui e lo fissa diritto negli occhi, gli appoggia una mano sui capelli e comincia a pettinarlo, o ad accarezzarlo. Il ragazzo si scuote.
- Che cosa vuoi… cosa volete? Andate… andate via… via! Non vedete? Mi sono… mi sono pisciato addosso e forse… sto per vomitare… andate via… lasciatemi in pace!
- E tu? Dove andrai?
Il ragazzo comincia a piangere.
- Io… io dove andrò? Da nessuna parte… sto male… resterò qui… non ho più la forza… la forza di alzarmi e se… e se mi alzo è per andare a cercare un’altra dose e poi… un’altra e… e poi un’altra e un’altra… e… fino… alla fine.
- E non vorresti vivere un’altra vita, una vita diversa da questa che hai vissuto in questi ultimi anni?
- Troppo tardi… amico… troppo tardi. Ormai sono… qui… e qui… resto… sai, ho provato prima a tirarmi su ma… non ce l’ho fatta… è lì che mi sono pisciato… credo anche di essermi cacato sotto… che vergogna… che schifo. Sai… amico… credo di avere toccato proprio… il fondo e… e che non andrò davvero da nessuna parte perché… di qui… non potrò più alzarmi… mai più. Avvisate voi… la mia famiglia… loro non hanno più notizie di me da… da tanto tempo… vi dico… vi dico dove stanno…
- Sarebbe più semplice che ci tornassi tu da loro, direttamente, e che gli dicessi che hai deciso di ricominciare tutto daccapo, di cominciare a vivere.
- Allora… non hai capito… amico… io sto… io sto morendo.

Madelaine comincia a piangere e grida di cercare un medico, di chiamare un’ambulanza, ma Manuel la prende per le braccia e le dice di stare calma, un medico a questo punto arriverebbe appena in tempo per constatare il decesso, per overdose di eroina. Si riavvicina al ragazzo, che sta lentamente scivolando su un fianco.
- Eppure tu vuoi vivere! Tu vuoi vivere!
- Io… forse vorrei… vorrei… vivere… ma…
- Tu vuoi ricominciare a vivere!
- Io… io… aiutami… ti prego… se puoi… aiutami…
- Posso! Ma tu lo vuoi?
- Lo… lo voglio…
- Allora… ALZATI!

Il ragazzo appoggia le mani a terra, piega le gambe, punta tutte le sue forze sui piedi e sulle mani, poi sulle ginocchia, sul bacino. E’ in piedi davanti a loro, ancora un po’ barcollante, ma acquista lucidità e forze ogni momento, anche le palpebre si sollevano. Rimane immobile, diritto. Guarda stupefatto il clochard e la ragazza che lo sta fissando incredula e piange e sorride nello stesso tempo. Si rivolge al clochard.
- Chi sei?
- Sono un uomo che non ha un posto dove posare il capo per dormire, questa notte.
- Ti ospito io. Vi ospito entrambi… non ho molto spazio a disposizione ma ci arrangeremo…
- No, questa notte ho altro da fare e anche tu. Non tornerai alla baracca dove vivi e non c’è altro ad attenderti che la disperazione. Non ricordi? La tua famiglia ti aspetta.
- Hai ragione… io non so chi sei e perché hai fatto questo ma… sento che lo hai fatto con amore.

Il ragazzo prende una mano del clochard e gliela bacia, poi fugge via di corsa.
- Manuel… credi che davvero tornerà dai genitori?
- Lo farà. Lui adesso ha deciso di vivere.
- Ma… come hai fatto?
- Basta volerlo davvero. Basta crederci.


Settimo Quadro

La giovane donna ha quasi dimenticato com’è iniziato quel giorno: lo sfratto, la folla, le accuse, lo schiaffo del padrone di casa. Ha poi passato tutto il giorno con quel clochard così strano, così affascinante, senza nemmeno toccare cibo. E’ calata la notte e ora lui le ha offerto un po’ di pane raffermo che tiene nel suo sacco e qualche sorso di vino rosso da una fiaschetta che porta appesa al collo, hanno raggiunto un ponte sulla Senna e sono scesi accanto alla sponda del fiume.
- Manuel, lo sai, forse… potrei persino innamorarmi di te.
- Potresti amarmi. Lo so. In effetti hai già cominciato ad amarmi, come del resto anch’io ti amo.
- Tu… mi ami?
- Ti amo come amo il ragazzo che abbiamo incontrato nel magazzino abbandonato, e come amo tutti costoro, questa è la mia famiglia: i barboni che vengono qui a dormire, sotto questo ponte sulla Senna, come quelli che dormono alla stazione, sulle panchine dei parchi, sui marciapiedi e nei ricoveri sparsi per la città.
- E’ un amore… diverso…
- E’ l’amore.
- Forse… è proprio l’amore che non so, proprio quello che cerco e che vorrei. Potrò restare con te?
- Hai visto cosa posso offrirti? Il ponte per tetto, il fiume per bagno, cartoni per materasso e giornali vecchi per lenzuola. Come ha detto giustamente il tuo ex padrone di casa, io non ho niente.
- Ma non avendo niente, tu… possiedi tutto e tutto ti appartiene… ed esiste un amore diverso da quello che si pensa… ed esiste un mondo diverso da quello fugace che con la sua apparente realtà chiude la vista… al vero.
- Non è così per tutti. Non lo è più per te, dolcissima sorella, perché ti si sono aperti gli occhi. E questa è la nostra cena. Poi sarà bene andare subito a dormire, la notte comincia a raffreddarsi.

Detto questo, prende il pane, recita una breve preghiera di ringraziamento, lo spezza e lo divide con la giovane donna. Allo stesso modo divide con lei il vino della fiaschetta. Dopo si coricano sopra ai cartoni, lui la aiuta a coprirsi con i giornali e quindi ad avvolgersi dentro ad un altro cartone, poi si fanno vicini, lei gli prende una mano e gliela bacia, lui le accarezza la fronte ed una guancia.
- Buona notte, buon clochard.
- Buona notte anche a te e… sai? Esiste un luogo dove al mattino si possono aprire gli occhi ed essere travolti da una dolcezza infinita, da un candore e da una leggerezza senza fine.


Ottavo Quadro

Durante la notte la giovane donna ha fatto un sogno strano, quanto può essere strano sognarsi di dormire.
Lei nel sogno dormiva ed era come se qualcuno, tenendola sulle braccia, la trasportasse altrove.

Poi il primo raggio di sole le accarezza il viso ed apre gli occhi sorridendo, come non le capitava da tempo. Ma è coperta da lenzuola fresche, leggere e profumate, il materasso è morbido, il letto è grande e le sue sponde di fine legno intarsiato; la stanza è grande, ammobiliata come potrebbe essere soltanto la camera da letto di una reggia, da un’ampia finestra ad arcata intravvede il verde di un meraviglioso giardino e in lontananza boschi a perdita d’occhio, fino al mare. Scatta a sedere sul letto, guardandosi all’intorno con gli occhi lucidi di sorpresa.

Dalla porta di fronte entra Manuel, elegantissimo nella sua vestaglia, i suoi occhi sono pieni di luce, il suo sorriso è dolcissimo e bello come un sogno. Porta un vassoio con la colazione, le si avvicina e glielo posa accanto, poi la fissa negli occhi. E lei, all’improvviso, capisce.

- Bonjour, Madelaine.

- Bonjour, Manuel… buongiorno, mio Signore.



Walko & Gio Girisper
20/03/2004 10.57




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Raramente rileggo le cose che scrivo, anche quelle che scrivo a quattro zampe come questa che è nata dall'estemporanea collaborazione con Gio', la Pantera Nera della Garbatella (che di solito è scrittrice a tinte fortissime, sino all'hard).

L'ho riletta stamani e mi sono convinto che avrebbe dovuto finire con il Settimo Quadro. L'Ottavo mi sembra stucchevole ed assolutamente superluo. Ne parlerò a Gio', ma intanto volentieri leggerei altre opinioni in merito. Se ce ne sono.




22/03/2004 16.51




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