| | | OFFLINE | | Post: 38 Post: 38 | Registrato il: 26/10/2004
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01/11/2004 21:08 | |
La pioggia gli appiccicava i capelli al viso; d’altra parte non aveva fretta. Camminare sotto la pioggia non era mai stato un problema, e certamente non lo era quella notte.
- Serve un passaggio?
Dietro di lui un ragazzo lo stava invitando sotto il suo ombrello.
- Grazie, ma ormai il danno è fatto… grazie lo stesso.
Il ragazzo con l’ombrello strinse le spalle, allontanandosi in fretta. Sorrise tra sé; infatti non erano molti i temerari che osavano fermarlo, soprattutto di notte. Libero, così si chiamava, non aveva l’aspetto molto rassicurante; ventisette anni, ottanta chili distribuiti su centoottantacinque centimetri, lunghi capelli neri, non era il tipo con cui la gente si fermava a chiacchierare alle tre del mattino. Era proprio il suo aspetto che gli dava la possibilità di girare la notte senza timore di brutti incontri. Dopo tutto il brutto incontro era lui.
Il frigo di casa era una desolazione: una confezione di wurstel aperta, un limone rinsecchito, un cartone di succo di frutta, una mezza bottiglia sgasata di Brachetto. Probabilmente il freezer nascondeva il cadavere di qualche cordon-bleu. Si soffermò con aria spazientita sulla bottiglia di Brachetto… se solo ce ne fossero state un paio… ma mezza!! Decise di ignorarla e di ficcarsi sotto la doccia. Incomprensibilmente, dopo mezz’ora si stava facendo la barba: ore 3:45. Da quelle parti, in quei tempi davano del matto per molto meno, ma tant’è.
Nella sua stanza fu accolto da un indiano a cavallo che gli dava le spalle da un dipinto e una pantera nera spiaccicata su un poster che avanzava minacciosa sulla parete di fronte al letto. Libero si stese sul letto con le braccia incrociate dietro la testa; non tentò neppure di chiudere gli occhi.
Qualcosa, forse la pioggia che ticchettava sulla finestra, fece entrare lei. Di solito arrivava quando la stanchezza aveva il sopravvento o quando i discorsi di un rosso rubino lo distraevano dalla ferrea volontà di non farla entrare nei propri pensieri; quella sera non era stanco, né ubriaco, ma lei entrò lo stesso. Per la pioggia, forse, come vi ho detto.
Allora si abbandonò, chiuse gli occhi e la vide: nella palestra del liceo a palleggiare in cerchio con le amiche, sul banco a leggere la sua prima poesia, su una panchina a parlargli del suo nuovo fidanzato. Ma l’immagine che lo faceva inevitabilmente alzare e uscire di casa, a qualsiasi ora del giorno o della notte, era quella della mano di lei che gli sfilava l’elastico dalla coda e delle sue bianchissime dita che gli intrecciano i capelli in una sottilissima treccia. Per ringraziarla, quella volta, le aveva dato tre baci, non proprio sulle labbra, piuttosto agli angoli.
Di nuovo fuori, si diresse al parchetto vicino casa. La pioggia aveva smesso di cadere. Si sedette sulla panchina a guardare la grande montagna che dominava la città, mentre il cielo, piano piano, perdeva la sua notte. C’è sempre qualcuno che si perde una notte, prima o poi!
Il traffico ricominciava, lento; i primi balconi sbadigliavano al tetro sole di quella mattina, mentre qualche signora già s’affaccendava a preparare la giornata. Libero aveva una scelta da fare: rimanere lì a guardare la vita che si svegliava e gli passava attraverso o rientrare a casa.
Decise che, dopo tutto, era giunto il momento di andare a dormire.
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