| | | OFFLINE | | Post: 20 Post: 20 | Registrato il: 15/05/2004
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01/10/2004 16:42 | |
Le cose che odio di lei.
Praticamente tutto, nulla escluso, nemmeno il particolare piu’ insignificante da quando non posso piu’ averlo. Ho detto averlo perche’ io parlo dei fatti, non di lei. Se dovessi parlare di lei sarei scontato e melenso, la classica manfrina strappalacrime per donne annoiate che non hanno piu’ rapporti con il marito.
Ebbene odio tutto di lei, perche’ non posso avere piu’ nulla, ma di certo non odio ne’ lei ne’ I suoi difetti. Anzi ho sempre pensato che siano proprio I difetti quello che di piu’ ci fa affezionare a qualcuno, quella strana insofferenza di cui non puoi fare a meno. Un fastidio che dura non piu’ di un secondo e quando non lo hai piu vorresti ricrearlo in qualunque modo, anche artificialmente se fosse possible. Quando ci tenevamo per mano lei era solita muovere il police su e giu’, non so esattamente perche’, ma proprio in quel punto mi faceva un male cane. Per il primo periodo ho evitato di dirglielo, sarei sembrato rompiscatole, ma accidenti se faceva male.
L’appartamento e’ stata senza alcun dubbio la creazione piu’ sofferta, all’inizio mi bastava che avesse riscaldamento ed acqua corrente. Sembrava un accampamento post bellico, inoltre giustificavo la mia accidia dicendo che avevo molto di piu’ dei poveracci del terzo mondo. L’unico che sembrava gradire era il mio cane che, con tutti quegli scatoloni di roba imballata, aveva sempre qualcosa di nuovo con cui giocare o da esplorare. Quando mi decisi ad arredarlo comprai moltissime riviste di arredamento, le studiai tutte giorno e notte ed alla fine optai per lo stile che mi sembrava piu’ elegante e stravagante insieme. Mi piacerebbe poter dire che decisi di creare da solo I mobili spinto dal mio elevato spirito artistico, ma la verita’, mia acerrima nemica di sempre, e’ che I mobili che mi piacevano costavano una follia e visto che non erano complicati decisi di farli da me.
Al negozio di bricolage mi vedevano arrivare tutti I giorni con un taglio nuovo o con qualche dito fasciato, era molto faticoso costruire I mobili, ma avevo un’ottimo motivo per continuare: stefania.
Stefania era la ragazza piu’ fine ed elegante con la quale fossi mai stato, sembrava quasi appartenere ad un’alta classe sociale d’altri tempi. Ci tenevo a fare bella figura, volevo dimostrare a lei e a me che ero all’altezza, non all’altezza di qualcosa in particolare, ma avevo un senso di inferiorita’ rispetto ai suoi modi cosi’ regali che mi sarei bacchettato da solo ad ogni occasione.
Quando non lavorava passava tutto il giorno a casa mia, mi dava consigli sull’arredamento e si atteggiava a critica d’arte sui quadri comprati al mercato che avevo appeso alle pareti. Non fu proprio una storia bellissima quella fra me e lei, c’era una grandissima passione, ma dal primo giorno, fino a quando decisi di non vederla piu’, provai incessantemente la sensazione di qualcosa di sbagliato, come una nota fuori posto, una corda stridente in un violino. Fu proprio questo Il suo merito piu’ grande, mi fece capire che non ero io sbagliato ne’ con lei ne’ con le storie precedenti, erano proprio le storie ad essere sbagliate. Cmq tornando a parlare dell’appartamento, quando finii di arredarlo lei insistette per organizzare una festa ed invitare tutti I suoi amici della societa’ per bene. Non per vantarmi, ma l’appartamento era venuto carino, alla festa si presentarono anche un paio di architetti suoi amici ed uno di loro mi offri’ un posto come disegnatore d’interni (questo giusto per dare a me cio’ che e’ di cesare). Le cose fra me e stefania pero’ andavano gia’ male da qualche tempo e ne ebbi la riprova quando alla fine della festa trovai il cane chiuso nella doccia e mi accorsi che la coppia di gatti d’argento, che faceva bella mostra di se sul caminetto, era sparita.
Non importa, quello che avevo capito da stefania valeva infinitamente di piu’ di qualunque cosa avessero potuto rubarmi dall’appartamento: non ero io quello sbagliato, non era mia la colpa delle storie andate male. Ma allora perche’ dopo tutto questo tempo ancora penso alla chiara? Sono passati due mesi ed ancora penso a lei. Dopo questa frase un lettore attento puo’ capire che sto andando contro la prima regola, l’inizio della storia.
“Ma alla fine passa, I sentimenti si affievoliscono, ci si da una calmata, magari se ne trova un’altra e tutto torna alla normalita’”.
Eccolo qui il buco del ragionamento, il conto che non torna, il bruco nella mela, la cacca in mezzo al prato (e scusate la finezza).
Per capire questa incongruenza e’ necessario fare un passo indietro e parlare della bottega delle idee.
Avete mai pensato che le cose si sentono visceralmente? Sentendo alla radio o alla tv una frase grammaticalmente sbagliata si prova come un piccolo sconvolgimento intestinale, come un piccolo fastidio che nel piu’ grave dei casi si trasforma in un brivido. Provai per la prima volta questa sensazione guardando la mia prima opera, fu da li che mi venne in mente la bottega. Pensai che se ero stato in grado di essere cosi’ infastidito, cosi’ critico nei confronti di qualcosa fatto da me, forse avevo buone possibilita’ di essere obbiettivo e di migliorarmi. Poi crescendo realizzai il concetto di talento, non lo avevo, ed infatti non divenni mai un inventore. Ma questo non ha nessuna importanza, non e’ un mio rimpianto. La cosa che davvero importa e’ che sappia riconoscere le cose a sensazione. Quando le mie storie amorose andavano male, anche se non volevo ammetterlo, c’era quella sensazione. Quando mi iscrissi all’universita’ sapevo che non lo facevo per passione, ma solo per realizzazione personale.
Fu questa sensazione che fece entrare chiara nell’idea shop, non intendo entrarci fisicamente, quello poteva farlo chiunque, lei ci entro’ per cambiare le cose. Lei ci entro’ e sentii visceralmente che era giusto cosi’, che andava bene.
L’idea shop e’ sempre esistito, ancora prima che esistesse fisicamente la sede, era la mia mente, la mia immaginazione. Infatti chi mi conosce non e’ sorpreso a vederla sporca e fatiscente, ma ad ogni modo non e’ questo l’importante. La bottega e’ sempre stata una cosa mia personale, non era necessario che ci entrasse qualcuno o che facesse mostra di se’, esisteva e basta ed io ne ero contento. Prima che andassi a vivere da solo creavo le mie cose dove capitava o quando capitava, un ritaglio di tempo e un angolo della stanza andavano benissimo. Poi quando la creai fisicamente aumento’ semplicemente lo spazio, ma la mia mente era sempre quella.
Era mia, era l’unica cosa ad essere davvero mia, nessuno al di fuori di me, uomo o donna che fosse , aveva a che fare con quella stanza.
Nessuno prima di chiara. Lei mi aveva fatto scrivere, per lei avevo scritto qualcosa ed ero davvero totalmente io.
Mi spiego meglio:
sulle magliette disegnavo vignette satiriche trovate per caso su internet, ma non avevo mai pensato a un soggetto divertente e originale
I mobili erano copiati da riviste di arredamento, non uno di quelli che avevo a casa era stato progettato da me
I film li avevo collezionati tutti io, ma non ero stato capace di girare nemmeno un corto di cinque minuti
Scrivere invece era la prima cosa che fossi riuscito a fare partendo da me, ed e’ tutto merito suo.
Perche’ scrivo? Perche’ sono stanco, terribilmente stanco di tornare indietro nel tempo per cercare di cambiare le cose. Lo so che e’ impossibile ed e’ per questo che sono stanco di immaginarmi le cose, voglio cambiarle per non sognare piu’ di volerle cambiare.
E’ per questo che scrivo, perche’ per una volta voglio essere io a cambiare le cose e non loro a cambiare me, le scrivero’ qualcosa di cosi’ carino che non potra’ fare a meno di ricordare che siamo stati bene assieme. E stavolta sono sicuro di riuscirci
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