LA CROCIFISSIONE
Dopo essere stato
fustigato e malmenato,
per averLo alcuni
acclamato Re dei Giudei,
al Cristo fu posta
per scherno sul capo
una corona di spine
pungenti e dolorose;
ma essa, conficcandosi
dentro la carne,
Gli rendeva la fronte
piagata e sanguinante.
Non si sentì Pilato
d'infierire più di tanto,
non avendo in Gesù
riscontrato alcuna colpa,
come gli asserivano
Erode e il suo popolo;
perciò egli alla fine,
lavandosene le mani,
decise che fosse
la sua stessa gente ebraica
a emettere contro di Lui
la sentenza capitale.
Siccome ogni Pasqua
si graziava un condannato,
la invitò quindi Pilato
ad operare una scelta
fra lo strano Nazareno
e il ribaldo Barabba;
ma essa, che aveva
entrambi gli occhi ciechi,
il sedizioso furfante
preferì all'innocente
e condannò quest'ultimo
al supplizio della croce.
Così, dopo che sulle spalle
si ebbe caricato il greve legno,
al Gòlgota si avviò
il Figlio del falegname,
circondato da una folla
che altro non faceva
che riempirLo di sputi
e d'insulti volgari;
mentre eran pochi
quelli che tra i presenti
per Lui piangevano
o provavano qualche pena.
Una volta raggiunta
la sommità del Calvario,
vennero le sue mani,
come pure i suoi piedi,
inchiodati sulla croce
con crudele barbarie;
dopo venne eretto
il suo corpo martoriato
in mezzo a due ladroni
della risma peggiore,
come se fosse il Salvatore
davvero loro pari.
Alla fine un soldato,
per accorciar la sua agonia,
Gli trafisse il costato
con un colpo di lancia,
che pure riuscì mortale
al cuore sottostante;
però, prima che spirasse,
fu visto il Redentore
rivolgersi al cielo
ed esclamare queste parole:
"Padre, perdona loro,
ché non sanno quel che fanno!"
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