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Di un certo giornalismo

Ultimo Aggiornamento: 12/03/2015 17:17
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09/03/2015 22:56
 
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Di un certo giornalismo
Spesso, nella mia esegetica lettura di un articolo giornalistico, applicando tutte le armi che la mia personale povera ermeneutica concede, mi imbatto in anfibolie con apodittiche antinomie che conducono a posizioni necessariamente aporiache.
Spesso il giornalista nella aseica affermazione del proprio costrutto come universalmente valido, non si avvede di incorrere in apologia ideologica retta solo da personali limiti assiologici.
Nelle per lui catafatiche ma pseudoapodittiche, antinomiche affermazioni percorre palindromiche vie che ad una analisi approfondita portano a nulla.
Non basandosi su di un'approfondita eziologia del fatto che descrive, assume paradigmaticamente ipotesi non verificate estraendone sillogisticamente conclusioni errate.
Denuncia anomia quando soggetto a regole che non gli piacciono. Le stesse regole con le quali, se applicate agli avversari, invoca la nemesi
Disgraziatamente, inoltre, il suo testo è troppo spesso ricco di solecismi per carenze culturali. Ha poca conoscenza della semantica dei termini che utilizza, cosa che lo porta anche qui troppo spesso a metonimie assurde se non ridicole
[Modificato da Gaspy. 09/03/2015 22:58]
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11/03/2015 10:19
 
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Già, non sappiamo se ridere o se piangere [SM=g27828] [SM=x142850] [SM=x142943]
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Re:
Gaspy., 09/03/2015 22:56:

Di un certo giornalismo
Spesso, nella mia esegetica lettura di un articolo giornalistico, applicando tutte le armi che la mia personale povera ermeneutica concede, mi imbatto in anfibolie con apodittiche antinomie che conducono a posizioni necessariamente aporiache.
Spesso il giornalista nella aseica affermazione del proprio costrutto come universalmente valido, non si avvede di incorrere in apologia ideologica retta solo da personali limiti assiologici.
Nelle per lui catafatiche ma pseudoapodittiche, antinomiche affermazioni percorre palindromiche vie che ad una analisi approfondita portano a nulla.
Non basandosi su di un'approfondita eziologia del fatto che descrive, assume paradigmaticamente ipotesi non verificate estraendone sillogisticamente conclusioni errate.
Denuncia anomia quando soggetto a regole che non gli piacciono. Le stesse regole con le quali, se applicate agli avversari, invoca la nemesi
Disgraziatamente, inoltre, il suo testo è troppo spesso ricco di solecismi per carenze culturali. Ha poca conoscenza della semantica dei termini che utilizza, cosa che lo porta anche qui troppo spesso a metonimie assurde se non ridicole




Negli anni '70, '80 era in voga il registro burocratico, il politichese di un certo partito ( es. "divergenze parallele) il linguaggio di stampo forbito - curiale insegnato a scuola( "eseguire i compiti").

Quello che era veramente atroce era il filosofese ( es. Sartre) ma usato anche dagli accademici universitari e il gergo della stampa della sinistra, più per certi tic verbali.
Certo giornalismo specialistico ne rispecchiava tali stilemi.

Oggi i grandi giornalisti, in verità non molti ma sufficienti e riconoscibili da chi frequenta i quotidiani, comprese pagine culturali, non si nascondono dietro termini fumosi e interminabili ridondanze per nascondere un povertà di idee, e quando usano un termine difficile non lo fanno per vezzo, ma perché identificativo di un certo concetto.
Inoltre sono abili ad adeguarsi ai loro lettori presunti medi di testata.
Non possono semplificare troppo, li offenderebbero.

I termini che citi li ho letti raramente, evidentemente le tue scelte sono diverse dalle mie. Comunque non tutti sono così desueti e fuori posto:

"metonimia" è una figura retorica che ogni lettore di poesia, se non poeta, dovrebbe conoscere.Es mi piace leggere "Gaspy" è una metonimia.

"Ermeneutica" lo trovi ora spesso in articoli culturali di argomento letterario, filosofico, religioso e spesso poetico, ci si abitua a considerarlo alla stregua di "interpretazione".

Così eziologia, apologia. Per gli altri hai ragione: devi scegliere meglio le tue letture. [SM=x142888]

[SM=x142870]




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12/03/2015 12:33
 
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Spesso il giornalista nella aseica affermazione del proprio costrutto come universalmente valido, non si avvede di incorrere in apologia ideologica retta solo da personali limiti assiologici.



si avvede, si avvede fidati [SM=g27824]
ma io non parlerei solo di "un certo tipo di giornalismo" culturale o pseudoculturale
ogni campo ha la propria terminologia, che serve (oltre che a far sentire chi capisce come appartenente a una cerchia eletta) anche per abbreviare la comunicazione, basta una paroletta e tutto il discorso è fatto (con gran risparmio di costi di carta e stampa e grande diletto dell'editore)
o "non fatto" secondo interpretazioni metalinguistiche che riguardano più la psicologia e il potere, per dirla con Foucault

proviamo infatti a leggere una pagina di calcio
io personalmente capisco la metà, tra pallonetti e mediani e corner, termini evidentemente chiarissimi a chi è abituato

ma d'altra parte anche dire E=mc2 è chiarissimo, tanto quanto le equazioni di Format o l'orizzonte degli eventi, come creatore di materia, che tutti hanno visto il film e nessuno dice che non ci ha capito niente
[SM=g27828]
a parte una bella storia d'amore
[SM=x142832]



PS
cionontoglie che l'uso di linguaggi "tecnici" (compreso quello del calcio) sia semplicemente uno strumento di potere (leggi propaganda, o imbonimento, o per dirla chiara lavaggio del cervello a chi ne sa di meno, sempre alla Foucault) se usato in testate a pubblica diffusione e a parte la "terza pagina", che nessuno obbliga a leggere :P
[Modificato da Violadaprile 12/03/2015 13:31]
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12/03/2015 17:17
 
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e la "psicologia delle masse e analisi dell'io" è ormai il vademecum di ogni ufficio stampa che si rispetti, anche se poi i singoli agenti/venditori/scrittori/giornalisti/pubblicitari sanno a malapena leggere e scrivere
[SM=x142816]
[SM=x142834]
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