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ANNO MILLENOVECENTOSETTANTATRE

Ultimo Aggiornamento: 14/05/2010 13:55
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Parafrasando Giordano Bruno e il suo libro
“La solitudine dei numeri primi”


ANNO MILLENOVECENTOSETTANTATRE
(Il destino dei numeri primi)


Ecco, il destino si è fatto beffa di me, bollato per la vita! Nato il giorno diciassette alle ore tredici dell'anno millenovecentosettantatre!
La sorte mi ha esiliato sulla strada della solitudine sin da momento della mia nascita o forse, sin dal mio concepimento in quell'ovulo debole e vulnerabile di mia madre, consegnandomi nel precipizio dei buchi esistenziali, dove il tempo non concede né spazio all'abbandono, né ricerca dell'altro, facendomi privilegiare, ogni giorno di più, l'intimo dialogo con me stesso, facilitando la conclusione finale che la solitudine stessa, dove voglio continuare a crogiolarmi, è speranza e ricerca della felicità.
E dire che ho anche provato a non cadere nell'isolamento, facendomi carico, sempre più spesso, di cercare di risolvere i problemi altrui, a innamorarmi persino!
Il riflesso della luna saracena scivola, questa notte, sul mio viso non ancora addormentato, e si arrotola tra i ricordi recenti. Identica è la percezione delle presenze spiaggiate sul mio letto.
La luna in una sorta di cortocircuito sconosciuto, non asseconda il suo naturale esistere e lei, Dora, soggetto passivo di un incontro casuale che mi fissa muta.
L'ho incontrata per caso Dora, in una delle mie tante solitarie passeggiate notturne.
Trascinando i miei piedi stanchi sul lungo ponte che attraversa la città, nei pochissimi tempi morti che i miei occhi e la mia mente mi concedevano, zavorrati com'erano, alla conta e alla memorizzazione delle mattonelle del fondo stradale e dei numeri delle targhe automobilistiche, vidi un'esile figura di donna giovane, pallida come la luce del lampione che parzialmente illuminava i suoi tratti, rendendola quasi trasparente.
Il suo sguardo inquietante mi colpì come uno schiaffo in pieno viso, sconvolgendo la parte di me dove si annidava il supporto guasto della comunicabilità.
Come in uno specchio quello sguardo, solo per un attimo, per un infinitesimale stop del tempo, mi rimandò la fotografia della mia immagine carica di tutta la solitudine del mondo.

Il mio cuore incominciò a pulsare velocemente; contava i suoi battiti: uno, tre, cinque, sette, undici; e avrei continuato all'infinito la conta, godendo come non mai del piacere sottile che quella serie infinita di numeri stava trasmettendo a tutto il mio corpo.
Mi innamorai perdutamente di Dora, almeno era ciò che credevo. Giunti a casa mia senza quasi profferire parola, quella notte le ore, fino allo spuntare dell'alba, trascorsero lente, decretando inesorabilmente la presenza di ciascuno dei due chiuso in un mondo tutto suo, dove è consentita soltanto la celebrazione della solitudine.
Dora, così come era apparsa nella mia vita, alle prime luci del giorno mi lasciò, così, semplicemente, senza nessun cenno di saluto, trascinandosi dietro, come un pesante masso, la propria e la mia verità.
La vita, per entrambi, non era fatta di compagnie, ma di solitudini, eterne come ghiacciai che non riescono a sciogliersi neanche se penetrati dal più caldo dei soli.
Il patibolo dell'alba adesso, sostituisce i colori della mia solitaria stanza, e le nuvole non riescono a toccarsi pur rincorrendosi.
Nello spazio infinito lassù, anche Dio è solo.
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Forse anche lei era nata il il giorno diciassette alle ore tredici dell'anno millenovecentosettantatre...

Piaciuto [SM=x142874]


[SM=x142892] Giancarlo


...

- Quando le parole hanno la musica dentro e la strofa è canto, allora il pensiero è diventato poesia.- (Cobite)
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