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L'AVVINCENTE STORIA DI KRONEL, FIGLIA DI KRON, DIO DEL TEMPO (in 9 parti)

Ultimo Aggiornamento: 06/03/2004 06:21
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(da Iveonte)

LE ORIGINI DI KRONEL, L'INDOMABILE FIGLIA DEL DIVINO KRON
(Prima Parte)



Quando l'onnipotente Splendor aveva deciso di creare l'universo, per esplicita richiesta di tutte le divinità benefiche di Luxan, egli aveva voluto che esso risultasse costituito dal binomio spazio-tempo. Secondo il suo volere, nello spazio sarebbe dovuta esserci, contenuta e raffrenata, tutta la materia; però essa si sarebbe dovuta sottoporre al rigoroso dominio del tempo. Da parte sua, la qualità temporale non solo non avrebbe dovuto far risultare la materia mai uguale a sé stessa, nel precipitare degli attimi; ma anche avrebbe dovuto apportarle delle profonde modificazioni, nel pulsare dei millenni. Inoltre, siccome entrambe le caratteristiche dell'universo, cioè quella spaziale e quella temporale, non potevano non andare d'accordo, dovendo coesistere in un connubio indissolubile, Splendor aveva ritenuto giusto affidarne il comando a Kron e a Locus. Esse erano due vetuste divinità gemelle, la cui amicizia era proverbiale su Luxan. Così, dopo averli elevati a divinità eccelse ed averli forniti di iperpoteri primari, l'Onnipotente aveva affidato l'impero del tempo al dio Kron e quello dello spazio al dio Locus.

I regni dell'uno e dell'altro dio erano situati entrambi nell'Empìreo e ciascuno occupava la metà dello stesso, per cui si avevano l'Empireo di Kron e l'Empireo di Locus. Quanto alla distribuzione delle divinità sui due Empirei, in linea di massima, quelle che tutelavano le virtù astratte risiedevano nell'Empireo di Kron; invece quelle che erano state poste a protezione di parti geografiche o di fenomeni naturali risiedevano nell'Empireo di Locus. Inoltre, quando un dio e una dea di diverso Empireo si sposavano, spettava alla dea trasferirsi nell'Empireo dello sposo. Ciò era già avvenuto fra Lux, dea della luce, e Alcus, dio dell'arte. Ad ogni modo, non erano rari i casi in cui una divinità di un Empireo, dando una festa nella propria dimora, invitava anche divinità amiche, che erano residenti nell'altro Empireo.

Infine bisogna sapere che fra i due Empirei c'era l'Intersereno, una sorta di oasi della tranquillità e della serenità, dove le divinità dell'uno e dell'altro Empireo si conducevano, appunto per scaricarsi di ogni tensione accumulata in seguito ad avversità, nelle quali venivano ad imbattersi durante la loro esistenza.

Entrato in possesso del suo regno temporale, Kron aveva sposato la bellissima Ebla, dea della fertilità. Ella, in un primo momento, gli aveva dato tre figli maschi, ai quali, nell'ordine di nascita, erano stati dati i nomi rispettivamente di Skut, Moek e Kirol. Successivamente, la dea Ebla aveva dato alla luce anche una figlia femmina, pur non risultandone la madre naturale, alla quale era stato dato il nome di Kronel.

Naturalmente, la precedente affermazione, secondo la quale la dea Ebla aveva messo alla luce una figlia non sua, potrebbe apparire, ad un primo esame, un vero paradosso. Infatti, si è sempre saputo che solamente il coniuge maschio non può far valere con certezza, nei confronti di un figlio, i suoi diritti di paternità; mentre la madre, per il semplice fatto di averlo messo lei al mondo, non può che essere certa del figlio. Ma, se ne seguiamo attentamente la vicenda, alla fine saremo indotti anche noi a dar credito alla suddetta affermazione, che tende ad estromettere la dea della fertilità dall'accampare pretese di maternità sulla divetta. In verità, la stessa dea mai e poi mai avrebbe giurato di essere la madre naturale di Kronel, come tra poco vedremo, perché anche in lei erano sorti dei forti dubbi in merito.

Perciò noi adesso andremo a scandagliare la vita del potente dio Kron, per metterne in luce tutti quegli episodi, che avevano avuto un certo rapporto con la nascita della sua figlia prediletta e che tutte le divinità avevano sempre ignorato, compresi la consorte Ebla e il dio Osur. Di conseguenza, neanche Iveonte ne sarebbe venuto a conoscenza per bocca del divino messaggero, essendone anch'egli all'oscuro. In seguito, forse, il giovane li avrebbe appresi per bocca della divina Kronel, la quale ne era stata messa al corrente direttamente dalla madre naturale.

Adesso, però, conviene affrettarci a conoscere gli antefatti della nascita di Kronel, per riprendere poi la storia del divino Osur, proprio a cominciare dalla nascita di lei, e per rimetterci così di pari passo con il suo interessante racconto. Ma là dove il dio verrà ancora ad omettere circostanze importanti a lui ignote, si ritornerà ad aprire una parentesi, per integrare il suo racconto con i pezzi mancanti. In questo modo, lo si apprenderà integralmente, senza squarci oscuri e con la massima limpidezza.

Un giorno che la dea Ebla aveva portato in giro i suoi tre divetti, si era presentata al potentissimo consorte di lei la dea Lux, la quale aveva cominciato a dirgli:

- Eccelso Kron, tu solo puoi aiutarmi a ritrovare mio marito Alcus, che non vedo da più di un mese, cioè da quando ha abbandonato la nostra casa e non si è rifatto più vivo. Il tuo sguardo lungimirante può arrivare benissimo fino a lui e riportarlo sano e salvo in seno alla sua famiglia. Anche il mio piccolo Luciel, che adesso ha appena due anni, ha bisogno della presenza paterna in casa. Dovresti sapere quanto stiamo soffrendo insieme la sua mancanza!

Kron, che aveva avuto sempre un debole per l'avvenente dea della luce, senza però aver mai cercato di sedurla, ritrovandosi ora solo con lei, più che alle sue parole, si era mostrato interessato alle perfette forme del suo corpo, che la rendevano davvero molto appetibile.

La dea allora, accorgendosi del frastornamento psichico del potente dio, aveva cercato di richiamarlo alla realtà, chiedendogli:

- Ma hai o non hai ascoltato le mie parole, sublime Kron? Oppure ho io parlato a nessuno?

- Ti ho ascoltata, divina Lux. È stata la tua bellezza a scombussolarmi e a non farmi capire più niente. Devi sapere che ti ho sempre desiderata e darei chissà che cosa pur di possederti almeno una volta!

- Possibile, illustre Kron, che mi vieni a fare le tue profferte amorose, proprio mentre ti sto chiedendo una mano, per ritrovare il mio Alcus? Tu non solo non mi dici quello che si può fare per rintracciarlo, ma anche mi istighi a tradirlo!

- Hai ragione, deliziosa Lux! Perciò ti chiedo scusa per i miei inopportuni tentativi di seduzione, poiché sono del tutto fuori luogo. Quindi, per rimediare alla mia momentanea leggerezza, nonché al torto che ti ho arrecato poco fa, passo subito ad interessarmi del tuo amato consorte. Ma speriamo che egli, prima di lasciare il mio regno, non abbia attraversato la Nube Nera, perché in questo caso neanche io potrei far nulla, per scovarlo. Tu che cosa ne dici: è possibile che l'abbia fatto?

- Non saprei, autorevole Kron. È vero che, poco prima della sua scomparsa, c'era stato fra noi due un litigio; ma non l'ho mai creduto di tale rilevanza, da poter indurre il mio Alcus ad abbandonare per sempre me e il nostro Luciel.

- Se la mia richiesta non ti risulta indiscreta, amabile Lux, vuoi dirmi di che natura era stata la vostra discussione?

- Solo di sciocca gelosia, naturalmente! Egli aveva notato che il dio dell'amore Adon, ad una festa danzante organizzata a casa sua, non mi aveva mai tolto gli occhi di dosso. Per cui, una volta di ritorno alla nostra dimora, preso da un accesso di gelosia, aveva cominciato ad offendermi con gli epiteti più spregiativi. Però io, che mi sentivo del tutto estranea alla vicenda e ritenevo di avere la coscienza perfettamente pulita, per non avere in nessun modo incoraggiato Adon a prestarmi le sue attenzioni, avevo reagito al mio consorte con altrettanta durezza. Anzi, gli avevo anche palesato che, se egli avesse continuato ad offendermi, mi avrebbe spinta a dargli una bella lezione, visto che non avevo difficoltà nel farlo. A quel mio atteggiamento di muro contro muro, Alcus se n'era uscito di casa, senza farvi più ritorno. Da allora l'ho atteso invano a casa e mi ha fatto perfino pensare che non gl'importava niente neanche del suo Luciel.

- Sì, anch'io penso che il tuo consorte Alcus abbia esagerato quel giorno; ma non credo che la sua gelosia possa ritenersi talmente morbosa, da farlo restare fuori di casa così a lungo. Può darsi pure che egli non sia in condizione di farvi ritorno, perché trattenuto fuori contro la sua volontà.

- È per questo che sono venuta da te, o eccelso Kron, e ti ho chiesto di aiutarmi a ritrovarlo. Tu, che sei il signore del tempo e convivi con l'intero universo tramite lo stesso, facilmente riesci a perlustrarlo con un solo sguardo, avvistandovi anche le cose più impercettibili. Dunque, ti prego vivamente di farmi questo favore. Sì, te lo chiedo soprattutto per il mio povero Luciel!

- Va bene, graziosa Lux! Se è questo che vuoi, per me non ci sono problemi. Però con tuo marito non voglio averci a che fare, visto che, senza un valido motivo, ti sta facendo penare da tanto tempo. Ciò vuol dire che sarai tu ad affrontarlo e a parlargli, una volta che te l'avrò ritrovato. Per questo viaggeremo insieme prima nel tempo e poi nell'universo. Infatti, noi andremo a ripescarlo all'uscita di casa, la stessa sera che vi abbandonò. Dopo, viaggiando nello spazio, lo seguiremo passo per passo, fino a raggiungerlo nell'attuale luogo di soggiorno, dove sarai tu a presentarti a lui, per convincerlo a ritornare in famiglia. Ma, perché tu possa volare con il mio sguardo e raggiungere tuo marito all'interno di esso, bisognerà ricorrere alla compenetrazione, cioè alla fusione perfetta dei nostri spiriti, identicamente a quanto avviene fra due divinità, che decidono di avere un rapporto sessuale.

- In questo modo, però, eccelso Kron, io correrei il rischio di essere posseduta da te, pur non volendolo. Al massimo, potrei negarti la fecondazione, dal momento che è la dea quella che decide di volere o non volere essere fecondata.

- Purtroppo, non c'è altro modo, amabile Lux, per cercare di raggiungere il tuo scomparso consorte. Lo sai anche tu che la compenetrazione, oltre a fare effettuare un coito fra due divinità, risulta il mezzo più efficace per permettere ad una delle due divinità di fare le stesse cose dell'altra, simultaneamente e senza ricorrere all'imitazione. Anche se è vero che la divinità, che entra in un'altra per immedesimarsi con essa, finisce col darsi in sua balia e col restare in tale stato per tutto il tempo della compenetrazione!

- Se questa è l'unica strada per raggiungere mio marito, vuol dire che correrò il rischio, immenso Kron. Nel contempo, spererò che, in quegli istanti, prevalgano in te i pensieri dettati dal buonsenso, invece di quelli incontrollati che provengono dalla lussuria.

Dopo che la dea Lux si fu trasferita nel dio Kron, era cominciata la compenetrazione fra le due divinità, che doveva portare alla perfetta fusione soltanto dei loro spiriti, diversamente da quanto avveniva nella compenetrazione, per dare avvio ad un atto sessuale. In quest'ultima, infatti, si attuava, con unanime consenso, non solo la comunione degli spiriti delle due divinità partecipanti, ma anche quella delle loro psichi. Però, come già suaccennato, una volta avvenuta la fusione spirituale, nulla impediva alla divinità ospitante di forzare la divinità ospitata, anche se non consenziente, ad una fusione pure delle loro psichi, per obbligarla ad un rapporto sessuale.

Avvenuto il trasferimento della dea nel dio, Kron aveva cominciato a dirle:

- Ora rilassati, Lux; fai espandere il tuo spirito nel mio, che è pronto ad accoglierlo in tutte le sue parti sinuose e compiacenti. Permetti al mio spirito di avviluppare il tuo nel suo abbraccio estasiante ed ammaliatore. Mettiti ad insufflare l'evanescenza della tua entità nella mia, in modo che venga spalmata dalla mia essenza, e permettile di sottomettersi al mio padroneggiamento. Solo così diverranno gli stessi i nostri pensieri e i nostri desideri, perché veleggeranno insieme negli sconfinati sentieri del tempo e dello spazio, oltre che del compiacimento e della delizia.

La dea, da parte sua, facendosi guidare dal dio, intanto che egli le sussurrava i suoi consigli con accenti melliflui, simultaneamente gli si era espressa in questo modo:

- Oh, esimio Kron, per me è dolce insinuarmi nell'essenza del tuo spirito, sistemarmi in esso ed avvertire le deliziose sensazioni, che da esso mi derivano e mi penetrano con dolcezza ineffabile. È come annientarmi, in qualità di coscienza, e ritrovarmi in una nuova realtà, che mi va spogliando di ogni preoccupazione. Quasi mi sento assurgere ad entità evanescente e diventare parte di te. Comincio a pensare come te, a desiderare le stesse tue cose, ad espandermi nel tuo stesso spazio e nel tuo stesso tempo, penetrandoli con il tuo medesimo sguardo e con la tua medesima foga.

Quando si fu effettuata la compenetrazione fra le due divinità, la dea Lux era entrata in una specie di trance. Era stato come se la sua coscienza si fosse riprogrammata e si fosse sintonizzata con quella di Kron; ma solo per farsi condurre e padroneggiare da essa e non anche per decidere ed intraprendere azioni comuni. Infatti, era stata l'altra coscienza, ossia quella del dio, ad avere potere decisionale, a promuovere ogni intraprendenza, a contattare la realtà esterna e a svolgervi ogni tipo di azione. Il compito della dea era stato solo quello di prenderne atto in modo passivo ed acquiescente; mentre se ne restava in un delirio, che la mandava in visibilio.

Ma ben altre sensazioni erano venute a registrarsi nella parte ospitante, ossia nella parte attiva della compenetrazione. All'invasiva e dolce espansione della dea all'interno del suo spirito, Kron si era sentito come se un massaggio carezzevole e tonificante si fosse messo a stimolarlo dolcemente in ogni sua parte. Il gradevole tepore della divina Lux, via via che si era trasfuso nel di lui spirito e lo aveva occupato interamente, gli aveva procurato una piacevole sensazione non solo nella sfera spirituale, bensì anche in quella psichica. Per cui, tutto all'improvviso, in lui era venuta ad infiammarsi una sfrenata voluttà. Così era rimasto incappato in una eccitazione sessuale tale, che gli sarebbe sbollita solamente con un reale amplesso con la dea, ancor meglio se la stessa vi avesse preso parte con tutta la sua brama libidinosa.

Il dio era ricorso allora ad un abile artificio, pur di vedere anche la dea concederglisi con il massimo ardore. Infatti, nell'immergersi a ritroso nel tempo, egli non si era fermato nel punto dove avrebbe dovuto ripescare il dio Alcus, che si allontanava da casa. Ma era andato appositamente oltre, cioè in quel punto dove l'aveva colto in un rapporto amoroso con la consorte. Quindi, approfittando di quella circostanza favorevole, in un attimo Kron aveva trasferito in lui le sole sembianze del consorte della sua compagna di compenetrazione. Nella dea, invece, il dio aveva trasferito tutta l'esplosiva carica passionale, dopo averla prelevata da lei stessa, mentr'era intenta a trascorrere un'esistenza appartenente ad una fascia temporale non più ripercorribile realmente né dagli dei né dagli uomini. L'unica eccezione era rappresentata dal dio Kron, il quale, in quanto dominatore del tempo, lo comprendeva in ogni senso e poteva viverlo nel presente, nel passato e nel futuro.

Dunque, senza avvedersi di stare a vivere una realtà del tutto falsata da Kron, la dea Lux aveva cominciato a rivolgersi al dio, come se si trovasse il consorte al suo posto:

- Non sai quanto ti agogno, mio Alcus! Ora che sono trasfusa nel tuo spirito e nella tua psiche, mi sento pervadere da una piacevole tenerezza; mentre una dolcezza ineffabile m'inebria e mi va vellicando dei lussuriosi appetiti, che tu neanche immagini! Su, scatenati ed accenditi di forsennata lascivia, mio amato Alcus! Penetrami e possiedimi alla maniera dei libidinosi satiri. Io bramo di venire fecondata da te e di avere un figlio tutto nostro, che allieti e vivifichi le nostre tediose giornate.

Kron non se l'era fatto ripetere più di una volta dalla dea, perché immediatamente l'aveva avvinta a sé e l'aveva immessa nella spirale della sua bramosia sfrenata. Durante l'infuocato rapporto amoroso, il dio l'aveva posseduta più volte, come più volte le aveva fatto assaporare il godimento più folle e parossistico.

Quando l'intimo e penetrante rapporto aveva avuto termine, la compenetrazione fra le due divinità era ridiventata soltanto spirituale, perché di quella psichica, avvenuta nel travisamento della realtà, non era rimasta più nemmeno un piccolo squarcio. Perciò la dea Lux non rammentava più niente di essa, anche se, alla fine dell'estuoso amplesso, si era sentita come se una valanga di soavi sensazioni l'avesse immersa in un'atmosfera di compiaciuto piacere e di soddisfatta voluttà.

Né il dio Kron le aveva dato il tempo di starsene a cercare le cause, che l'avevano mandata in solluchero, perché, prima ancora che ella avesse provato a farlo, l'aveva condotta in quella fascia temporale, nella quale era collocata l'uscita di casa del consorte e il di lui allontanamento da essa. Perciò si erano messi a seguirlo, fino a quando non lo avevano visto scomparire nella Nube Nera, facendo sparire alle sue spalle ogni traccia di sé.

Così, una volta che si erano resi conto che il dio Alcus non era più rintracciabile da parte di nessuna divinità, fatta eccezione dell'onnipotente Splendor, Kron e Lux avevano posto fine alla loro compenetrazione.

Ma, una volta all'esterno del dio, la dea si era rivolta a lui, dicendogli:

- Anche se è logico che l'amplesso avuto con mio marito, mentre ero in te non è potuto essere che irreale, però mi sento proprio come se qualcuno mi avesse posseduta per davvero. Tu mi sai dire niente in proposito, eccelso Kron?

- Certo che lo so, divina Lux, visto che sono stato io a possederti! Ma devi sapere che sei stata tu a chiedermelo. E con quale bramosia! Anche se mi chiamavi Alcus, non potevo che essere io il destinatario delle tue frasi piccanti, che avrebbero eccitato perfino un sasso! Perciò, mentre le pronunciavi, mi hai reso preda della concupiscenza ed ebbro di accoppiarmi con te, spingendomi a possederti per tante volte, quante tu hai voluto.

- Se è stato come tu dici, sublime Kron, io non ricordo nulla di quanto affermi. Ad ogni modo, voglio sperare di non averti chiesto anche di essere fecondata. Almeno così non farei gridare allo scandalo e mi sottrarrei ai pettegolezzi di quanti non aspettano altro. Tu non puoi tranquillizzarmi, dandomene le più ampie rassicurazioni?

- A dirti la verità, deliziosa Lux, i tuoi procaci inviti mi hanno mezzo rintontito e mi hanno fatto tuffare nel mare della tua seduzione con tutto il mio ardore passionale. Insomma, non ho fatto più caso alle restanti tue parole e non saprei dirti se tu mi hai chiesto esplicitamente di fecondarti. Per quanto riguarda poi il tuo consorte, visto che ha voluto che nessuno lo potesse rintracciare, non puoi fare altro che rassegnarti e sperare in un suo ritorno volontario fra le tue braccia.

- Per come stanno le cose, davvero ogni mia ricerca, per ritrovarlo, risulterebbe vana. Inoltre, il mio Luciel alle cure di chi potrei lasciarlo, se decidessi di farlo? Adesso devo subito raggiungere il mio divetto a casa della mia amica Laer, la dea della bontà, alla quale avevo chiesto di tenermelo per un poco, prima che venissi da te.

Era stato così che aveva avuto termine l'incontro tra l'eccelso dio Kron e la dea Lux.

Non erano trascorsi nemmeno due mesi, quando la dea Lux, approfittando di un'altra assenza della di lui consorte, si era precipitata di nuovo dal dio del tempo, dicendogli:

- Sublime Kron, ho la certezza che sono incinta. Devi convenire che il divetto, che porto in grembo, non può essere che tuo figlio, siccome l'abbiamo procreato insieme quel giorno che ci siamo compenetrati. Il fatto, se da una parte m'inorgoglisce, dall'altra mi spaventa. Naturalmente non per le chiacchiere, che le altre divinità faranno sul mio conto; ma perché non saprei come giustificare a mio marito il mio stato di gravidanza, se egli tornasse a casa in questo periodo. Se, per alcune occhiate di Adon, egli fece il forsennato, figuriamoci che cosa farebbe, se mi trovasse in questo stato! Perciò tu devi venirmi incontro e, facendo uso dei tuoi iperpoteri primari, mi devi togliere da una simile situazione imbarazzante.

Kron, dopo averci riflettuto sopra un momento, aveva preso la seguente soluzione:

- Perché io ti liberi del feto, Lux, occorre che ritorniamo a compenetrarci. Soltanto nella compenetrazione posso portarti via il nascituro e liberartene per sempre. Più tardi, poi, cercherò di appiopparlo alla mia Ebla, facendo in modo che non se ne accorga.

Le cose erano andate proprio come Kron aveva spiegato a Lux. Infatti, prelevato il feto dal suo grembo, lo aveva poi deposto poco dopo in quello della consorte, durante un loro rapporto da lui richiesto. In questo modo, lo stato di gravidanza era passato dalla dea Lux alla dea Ebla. Però la dea della luce non avrebbe mai scordato che era lei la madre naturale del nuovo divetto, che presto sarebbe stato generato dalla consorte del dio Kron.

Quanto alla dea Ebla, non appena si fu accorta della gravidanza, ella si era rivolta al consorte, dicendogli:

- Lo sai, Kron, che sono incinta? Eppure, non ricordo in quale compenetrazione ti ho chiesto di essere fecondata! Questa gravidanza mi coglie proprio di sorpresa e davvero non so a che cosa pensare. Non risulta essa anche a te inaspettata?

- Certamente! Ma, se sei incinta, vuol dire che in una delle nostre compenetrazioni avrai espresso senz'altro l'esplicito desiderio di essere fecondata. Si vede che entrambi non ce ne rammentiamo. Devi sapere che può capitare benissimo che, in una simile circostanza, facilmente si perde la bussola e non si riesce a tenere la testa a posto, sfuggendoci di mente cose che abbiamo detto e fatto al momento!

- Ma tu, Kron, non potresti ripercorrere tutte le nostre ultime compenetrazioni pertinenti e vedere in quale di esse ho espresso il desiderio di essere fecondata?

- Lo farei anche, mia dolce Ebla, se ciò servisse a qualcosa. Ma, siccome ci ritroveremmo lo stesso con un quarto figlio, tanto vale che ce lo teniamo senza dubbi e senza sospetti!

Pur non essendo stata soddisfatta come avrebbe voluto, la dea Ebla non aveva replicato all'eminente consorte. Così, tenendosi per sé i suoi dubbi e i suoi sospetti, alla fine aveva deciso di soprassedere a tutta la vicenda riguardante la sua gravidanza.

Trascorsi i cinque mesi di gestazione, la consorte di Kron aveva partorito, dando alla luce una bellissima divetta, alla quale era stato dato il nome di Kronel. La dea Ebla, pur dubitando ancora di esserne la madre naturale, alla fine si era lasciata prendere dalla bellezza e dalla vivacità della divetta ed aveva cominciato a considerarla proprio come una sua figlia. Perciò, più Kronel si faceva grande più ella le si era andata affezionando in una maniera incredibile, fino ad arrivare a preferirla a quelli che le risultavano suoi indubbi figli legittimi.

Né il dio Kron aveva dimostrato alla divetta meno affetto della consorte. Anzi, Kronel, essendogli figlia alla stregua dei tre figli maschi, aveva rappresentato per lui qualcosa di molto prezioso. Perciò, a mano a mano che ella era andata crescendo, egli le aveva mostrato un bene sempre più grande, anteponendola ai suoi fratelli maggiori. Per cui era venuto a suscitare in loro una giustificata gelosia.

Quando poi era diventata una giovane dea, Kronel si era fatta notare subito dalle altre divinità, per il suo spirito intraprendente e battagliero; nonché per la sua predilezione per le cose giuste e per gli atti di eroismo, divenendo l'orgoglio e il vanto dei suoi illustri genitori.

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