L'ultimo calcio di rigore

L'Italia dipende da me.
E io sono qui, fermo di fronte al pallone.
La porta mi è davanti.
Chiudo gli occhi, e la tensione sale.
Il silenzio mi assorda, e in esso riesco a percepire i tifosi che trattengono il fiato, pregano sottovoce, incrociano le dita.
Il mio cuore inizia a battere sempre più furiosamente, pompando pura adrenalina nelle vene.
Cerco di regolare il respiro, di rilassarmi.
Non ce la faccio.
Tutto dipende da me, oggi.
E io non posso permettermi di sbagliare.
Il fischio dell'arbitro è come un urlo dritto nelle orecchie.
Fremo.
É arrivato il momento.
Prendo una breve rincorsa e sento tutto il peso dell'Italia nel mio piede destro.
Calcio il pallone senza pensarci.
Chiudo di nuovo gli occhi.
Non voglio vedere, non voglio sapere.
Silenzio.
C'è solo silenzio attorno a me.
La delusione pervade ogni fibra del mio essere, e il mondo sembra crollarmi addosso.
Ma dura solo un istante.
Poi il boato dei tifosi, dei miei tifosi, esplode come una bomba.
Apro gli occhi, e ciò che vedo mi rimarrà sempre impresso nella mente.
Le bandiere tricolori sventolano impazzite, riempiono lo stadio, e i miei compagni di squadra mi vengono incontro, mi abbracciano, e urlano, e piangono.
Mi unisco a loro.
Guardo la porta, quella porta che per un attimo è stata la mia peggior nemica ma che adesso è diventata la mia migliore amica.
Il pallone è dentro la sua rete, accolto teneramente come fosse un amante.
Lacrime di gioia mi offuscano la vista e di colpo non vedo più niente.
Poi solo una voce, che mi arriva direttamente al cuore.
Quattro parole, quattro semplici parole, le più belle che io abbia mai udito.
"Italia campione del mondo!"
Ce l'ho fatta.
Ce l'abbiamo fatta.