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"Il ragazzo senza casa"

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2014 21:35
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Un Breve Racconto
Era una domenica, una di quelle domeniche che non si dimenticano mai. Il cielo era di un blu azzurro inquietante, le fronde degl’alberi si agitavano con passo lento ed il vento era sparito fino all’ultima volata. Egli si trovava lì, seduto a quella sua apparente scrivania, in attesa di un qualcosa.
Era un ragazzo uguale a tutti gl’altri, ma egli sapeva che in modo suo era diverso. Non diverso fisicamente, né mentalmente, ma un qualcosa in lui lo faceva diventare strano, probabilmente in modo negativo, in un modo ancora tutto da scoprire.
Nello scrivere quel che sarebbe dovuto diventare un racconto breve rifletté su tutto quello che potesse essere successo in tutta la sua vita, nei momenti più emozionanti, ed in quelli più deprimenti, nelle gioie del suo passato e le paure che lo accompagnarono fino a quel punto. Ma niente. Tutto quel tempo a vivere si condensò in pochi secondi di un buio a intermittenza, spezzato da piccole fioche luci gialle, pronte per essere amplificate con qualche metodo a lui ignoto.
Nel rimuginare il suo passato si sentì apparentemente confuso: “Tutto questo tempo, tutti questi viaggi, tutte queste emozioni… Che fine hanno fatto? Cosa mai mi sarà successo?”. A primo istinto pensò che fosse successo qualcosa di particolare, un evento talmente spettacolare, o a dir meglio catastrofico, che distrusse il suo passato, le sue origini. Perché no? Sembra una teoria alquanto valida, ma il problema era lo stesso, trovare l’entità di tale evento. Non era cosa facile, se non impossibile, ma lui lo sapevo, lo sentiva, che tutte le risposte si trovavano il lui, la soluzione si trovava in quell’ammasso di esperienze, momenti, emozioni.
“Ma come sono arrivato qua? Da dove vengo? Perché sono in questo posto?”. Allora tornò alle basi, quelle colonne portanti che ispirarono l’uomo fin dalle origini della filosofia e forse prima. Ma come poteva sperare di trovare tale risposte se non riusciva a capire neanche se stesso.
“Partiamo da una base solida ma identificabile… Per esempio, non chi son io, bensì quali sono le mie origini?”. Ad un certo punto tutto si fermò. Buio, confusione, una vaga risonanza riecheggiava all’interno di quella stanza vuoto, quasi a formare un mare di vibrazioni confuse che riempirono la stanza con un’apparente pienezza. Era sicuro di avere origini, o almeno sembrava ovvio, ma da dove venivano, come si potevano rintracciare?
Scrutò fra i suoi vari pensieri e ricordi, riportò alla luce tutto, dai suoi primi ricordi fino a ciò che successe quel mattino stesso, ma niente, non capì ancora da dove venisse.
“Come può essere? Io so da dove vengo, cosa ho fatto, dove sono andato, ma allora perché non sento ancora niente parte di me?”.
“Basta un po’, scriviamo dai, sarebbe anche ora.”
………………………………………………………………………………………………………………….
Era una domenica, una di quelle domeniche che non si dimenticano mai. Il cielo era di un blu azzurro inquietante, le fronde degl’alberi si agitavano con passo lento ed il vento era sparito fino all’ultima volata.
Egli stava lì, aspettando, e camminando su e giù per il corridoio in attesa di un qualcosa che ancora non aveva identificato bene. Lui sapeva solo che doveva aspettare; aspettare per quanto o dove però ancora non lo sapeva.
Dopo un’ora si girò, guardò la porta, ed uscì. “Che liberazione, finalmente.” pensò a voce alta mentre la signora del quarto piano lo saluto con un cenno quasi invisibile. Entrando nell’ascensore si mise apposto la cravatta, si controllò le scarpe che lucidò la sera precedente e spinse lo 0. La discesa sembrava infinita; “Sarò pronto? Ce la farò? Cosa penseranno del nuovo progetto?”. Arrivato al piano terra salutò al volo Mario, il portinaio e si diresse verso la fermata dell’autobus. Arrivato alla terza fermata scese, si incamminò verso un grande palazzo color fumo con le finestre ancora blindate e suonò il campanello. “Chi è?” Chiese una voce robotica che sembrava si fosse appena svegliata. “Sono io.” Rispose con tono alquanto prepotente, sperava che non si fossero ancora scordato lui. Subito dopo si sentì un forte suono metallico, dovuto dall’apertura della serratura del portone. “Lo sapevo che non si sarebbero dimenticati di me” Pensò con grande fierezza. La Great Wave & Co. non si potrebbe mai essere dimenticata di lui, o almeno lui è ciò che sperava. Arrivato nel suo vecchio ufficio poggiò le cartelle, prese un caffè al volo e si sedette sulla poltroncina. Non ebbe neanche un attimo di riposo che arrivò subito un nuovo stagista per convocarlo. Svelto come un a lepre si rialzò, stirò il vestito nuovo con le mani, prese le cartelle e corse verso la sala comune.
Il compito del giorno era semplice, identificare tutti i lavori che aveva fatto durante il periodo di prova all’infuori della società ed essere riaccettato nella compagnia. Sembrava facile, ma non sempre tutto è come sembra.
Dopo un’estenuante incontro durato vari scontri ed ore dopo, la commissione si girò verso di lui ed aprì una discussione riguardante i suoi piani futuri nell’azienda. Non era facile, tutta l’azienda ormai avevo creato piani nuovi, prospettive per progetti emergenti, e la sua mancanza sembrava fosse stata rimpiazzata in qualche modo.
“Allora è così che finisce tutto? Una vita intera a lavorare insieme e tutto ad un tratto tutto è cambiato?”
Durante l’ora successiva la commissione discute, anche in modo abbastanza animato, per poi girarsi verso di lui, e pronunciare poche ma significanti parole: “Sei cambiato.”.
Era confuso, frastornato, quasi depresso per tale freddezza, ma ormai era successo, e le cose erano cambiate del tutto. Le sue origini, le sue prime orme si erano formate all’interna di quel palazzo, ed ormai sembrava tutto così diverso.
Le cose potevano cambiare ovviamente, ma la sorte è un giudice strano. Lui apparentemente non faceva più parte di quell’azienda, ma lui era sicuro che era solamente un momento, o almeno lo sperava, ci sarà stato un motivo per quei cambiamenti tanto radicali nel suoi lavori.
Quando tornò a casa tutto era uguale in modo diverso, tutto sembrava a righe orizzontali quando le mura erano decorate con tinte unite, tutto era vuoto, buio, con quelle vaghe vibrazioni che riecheggiavano in lui. In questo silenzio però gli tornò a mente una frase, una semplice frase che poteva significare tutto e niente… “Con questo tuo comportamento, vorresti rappresentare il nome della mia società?”.
………………………………………………………………………………………………………………….
Egli non sapeva perché, ma in un certo senso si rispecchiava nel suo personaggio, forse nelle esperienze, forse nelle azioni, o forse ancora nelle speranze, ma ciò che sapeva era che tutto ciò che era successo nella sua vita non avrebbe mai portato a tanto buio, doveva solo cercare quella luce persa nel suo mondo.
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18/11/2014 17:11
 
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Ciao!
Parto subito facendoti i miei complimenti.
Questa piccola storia è bellissima, ricca di emozione e significato.
L'ho trovata così, quasi per caso, e sono contentissima di averla letta.
Bravissimo davvero.
Sara :)
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23/11/2014 21:35
 
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Grazie mille! Son contento che ti sia piaciuta, e sopratutto che tu l'abbia letta tutta!
Jacopo :)
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