00 16/12/2017 10:44
Credo che significhi rimanere incastrati. E’ così… ma perché nasciamo? Qualcuno ci risponderebbe che si nasce per adempiere un compito. Si nasce solo per soffrire.
La condizione umana è simile a quella di un insetto incapsulato in una goccia d’ambra. Veramente nascere significa ritrovarsi imprigionati in uno stato che non abbiamo scelto, che non abbiamo potuto scegliere. Perpetrato dal destino il genocidio dei sogni – di solito con l’avvento dell’età matura, ma a volte anche prima - ogni giorno che passa è la nuova tappa di una descensio ad inferos. Mentre i capelli, sempre più radi, incanutiscono, mentre le prime rughe solcano la pelle, mentre gli occhi perdono luminosità, mentre la carnagione impallidisce, ci si accorge che, invece di essere, ci si limita ad esistere. Esistere è davvero ex-sistere, stare fuori, essere condannati all’esilio, a rimpiangere il tempo-non tempo in cui eravamo felici, perché non eravamo. I giorni passano e ci avvediamo che tutto quello in cui abbiamo creduto e confidato – Dio, il prossimo, noi stessi – è crollato a seguito di sollecitazioni all’apparenza irrilevanti: le tragedie più terribili sono quelle che costituiscono il culmine di un processo lento, subdolo, inesorabile. La catabasi dell’esistenza, diversamente dalle esperienze iniziatiche, ad esempio trasfigurate nel viaggio di Dante nei tre regni dell’oltretomba, non porta mai verso la luce, verso le stelle, giacché gli unici bagliori che ogni tanto baluginano nell’oscurità, sono quelli di fuochi fatui o gli effimeri barlumi di paglia bruciata… e la vita è paglia che presto incenerisce.
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