00 19/11/2014 01:08

Sì, condivido il commento di Giovanna; mai poesia attuale in questo scorcio d'autunno piovoso...
Un componimento classicheggiante, tendente a uno linguaggio aulico che però non mi dispiace, anzi fa atmosfera, ricorda un po' La pioggia nel pineto di dannunziana memoria, il ritmo è avvolgente e ovattato e le sensazioni che scaturiscono sono quasi dimesse:

e io no so cosa ho provato
o inteso inseguendo le ore
che isolato ho vissuto

mentre il tempo le sfornava.

Segnalo un refuso: no invece che non.
A "sfornava" avrei preferito "scandiva" o altro verbo, ma è solo un dettaglio che attiene al mio gusto, ripeto: bellissimi i primi due versi del passaggio quotato.
Un animo dolente si sente oppresso da fioriture di crisantemi che ricordano i cari estinti; la mente è occupata da pensieri cupi, come se fossero inquilini ansiosi, e tutto ciò imprigiona la vita interiore e incrina il cuore. Sensazioni ottimammente rese in questi versi:

come il cuore incrini
e mesto il tutto rendi,
come di inquieti inquilini
pensieri la mente affolli
e le tapparelle chiudi
ad una vita interiore!


Stato d'animo e pioggia sono stretti in un'unica identità nella strofa che segue, fino all'erosione della roccia- direi fino all'erosione delle ossa, scuotendo l'animo con brividi di freddo e di paura, e mentre scorre la pioggia, scorre anche il tempo:

Vedi: piove; piove piove
tristemente piove. Straripa
inonda e infanga la fiumana,
al feroce smotto titano
che diroccia frana la casa,
molle crolla il ponte; lago
si fa il seminterrato e la piazza
alla falla dell'argine
abusato del naviglio intasato.
Vedi: scroscia sui lidi
sui binari, sulle lande,
sui borri, sui marmi
sui colli, sulla capitale
su croci vecchie e nuove.
Piove, piove sullo Stivale
ovunque, insistente, a dirotto
più e ancora inclemente
al fluire dei giorni!



Ma l'animo non può rotolare con la pioggia, non può spaccarsi con i tuoni, non può soccombere al volere capriccioso e dispettoso degli dèi, o peggio ancora alla loro eventuale ira, così l'Autore si rivolge ad essi esortandoli:

Placatevi e assopitevi,
se irati, dèi della pioggia
dei fulmini e dei tuoni!
Andate via fiotti bruni
pregni di fanghiglia,
nebbie e nubi cinerine
sfollate da spazzi biavi:
all'alba lasciateci intascare
un po' di luce e di sole!


Segnalo un altro refuso: spazzi;
anche in questo contesto, il verbo "intascare" mi sembra prosastico.

Come succede quando ci si sente imprigionati, l'animo cerca la luce necessaria alla vita interiore, e qui l'Autore è disposto anche a ricorrere all'incantesimo dell'illusione, pur di fornire al cuore ancora la speranza:

Non è più tempo di celebrare
morti e rovine! Solleticaci
illusione, facci vivere ancora
e riattacca al nostro cuore
la speranza che si stacca
prima che domani ingenerosa
prenda commiato e si allontani.


Possiamo dire che dopo la pioggia è l'ora che torni il sereno anche nel cuore e nell'animo dell'uomo, nonostante il dolore.
Un messaggio di speranza anche per il lettore che non deve mai ripiegarsi su se stesso ma cercare nuove risorse e motivi di vita.


Poesia molto bella, grazie.