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"Dopo la lirica: poeti italiani 1960-2000" di Enrico Testa

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    Nihil.
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    00 26/01/2011 11:18
    "Dopo la lirica" è una delle migliori antologie che abbia letto di poesia contemporanea... l'autore è egli stesso poeta e insegnante di storia della lingua italiana all'università di Genova.
    Le linee di analisi che Testa propone sono di chiara derivazione storicista, ossia mette in stretta relazione l'ambiente sociale e culturale nel quale l'autore si muove e il suo prodotto estetico, visto come re-interpretazione del reale in chiave critica.
    Le linee con cui l'autore seleziona il materiale e i poeti da proporre sono nette: partendo dal dato strutturale della cesura socio-economica che si verifica negli anni '60, il critico ricerca i primi poeti che la rielaborano su foglio (in questo caso il Caproni di "Congedo del viaggiatore cerimonioso" e il Sereni di "Gli strumenti umani"), per poi ricostruire attraverso altri 38 poeti il lento percorso di consapevolezza, disillusione e ripiegamento su di sé che la lirica sperimenterà venuto meno il prestigio sociale del poeta e al crollo delle ideologie politiche che gli assegnavano un preciso ruolo all'interno del processo critico rivoluzionario. Le linee guida che Testa individua nel suo percorso sono le seguenti:

    1)Frantumazione dell'io lirico: il poeta non ricostruisce più il mondo a partire dal suo io -che combacia perfettamente con l'io narrante della poesia-, ma viene inghiottito all'interno del caos del reale che vorrebbe rappresentare. Si hanno quindi messe in questione della vera identità dell'io lirico ("sono un io, o siamo un noi?" dirà Sereni), sue frantumazioni in miriadi di personaggi che entrano ed escono dal testo senza alcun ruolo prefissato, ma come mere comparse che attraversano lo sguardo del poeta (Elio Pagliarani).

    2) Recupero del parlato e del dialetto: di fronte all'omologazione linguistica "imposta" dalla scuola di massa e dalla televisione, i poeti rispondono recuperando da una parte un italiano colloquiale, anti-letterario, dall'altra recuperando i dialetti, visti come "lingue vive", naturali, popolari al contrario dell'italiano che viene imposto da un elité sociale, che mira a sradicare gli individui dal loro habitat culturale tradizionale, di cui la lingua dialettale è il principale veicolo di trasmissione e riconoscimento.

    3) Il nichilismo: i poeti devono fare i conti anche con l'"ospite inquietante" del nostro secolo, soprattutto coloro i quali non hanno trovato nell'impegno politico un surrogato delle grandi visioni del mondo totalizzanti proposte dalla filosofie della storia e dai partiti "totalitari" del '900. I modi di affrontare il problema sono tanti quanti i poeti antologizzati, anche se si possono individuare due categorie: chi cede al nichilismo, lo assume come dato di fatto nel quale operare, e chi invece reagisce cercando un assoluto che possa ancora dare un senso all'esistere nella storia (sia esso Dio, la Bellezza, ecc).

    4) Il tema della scomparsa: centrale nella poesia degli ultimi 40 anni è il rapporto con i morti, sia per quanto riguarda le figure parentali, sia riguardo agli "avi", coloro che ci hanno consegnato un mondo che aveva un senso e un fine e che noi abbiamo smarrito o -per alcuni- distrutto. Su questa linea si muovono tanto coloro che celebrano vere e proprie liturgie laiche d'evocazione dall'oltretomba (Sereni), sia coloro che recuperano formule incantatorie in cui perfino gli oggetti dei defunti riverberano dell'anima dell'antico possessore (Pusterla).

    5) Il ripiegamento su di sé: finita l'epoca della grande poesia civile e delle ideologie totalizzanti, il poeta sposta lo sguardo dalla società verso se stesso, narrando -spesso con compiacimento masochistico- la propria perdita di ruolo, l'impossibilità di un adattamento ad una realtà che lo rifiuta. Se nei poeti impegnati degli anni '70 questo si traduce in un volontario stillicidio in cui il massacro di forme e contenuto diventa quasi una forma di auto-compiacimento (Sanguinetti), nei poeti successivi si trasforma invece in una scelta estetica e contenutistica precisa, che recupera l'attenzione per il minuto quotidiano e il linguaggio colloquiale tipico dei crepuscolari riadattandolo all'oggi... questo porta in alcuni casi ad ombelicalismo estremo (Vivian Lamarque), in altri ad un auto-biografismo visto come ultima possibilità di arrivare all'altro (il Milo De Angelis de "Il tema dell'addio").


    ecco, questo un sunto globale, scendendo nei pareri personali, devo dire che: le schede migliori sono sicuramente quelle sulla vecchia guardia (Sereni, Luzi, Caproni, ecc), e sui poeti degli anni 70 (Porta, Sanguinetti, Volponi, ecc) mentre parecchio discutibili sono i contributi critici a poetesse quali la Merini e la Rosselli, che il critico non riesce ad afferrare, proprio perché la loro è una poesia che sta al di fuori della storia e rema contro di essa. Sui poeti a noi più vicini, da leggere sicuramente i contributi a De Angelis, Anedda, Magrelli e Carifi, molto precisi e graffianti. A voi


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    Cobite
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    00 29/01/2011 09:57


    Molto interessante. Vedrò di rintracciare il testo.

    Grazie Leo. [SM=x142897]

    Giancarlo


    ...

    - Quando le parole hanno la musica dentro e la strofa è canto, allora il pensiero è diventato poesia.- (Cobite)