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Il re ferito (I)

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    00 16/02/2010 12:29

    Il re ferito sedeva sulla sponda del fiume.

    Stava ammirando il tramonto del sole.

    Vicino a lui, poco distante, stava il giullare.

    “Strani sogni hanno agitato il mio sonno, giullare “ disse il re.

    “Cosa hai sognato, mio signore ?” rispose il giullare.

    Il re rimase alcuni attimi in silenzio, rievocando le immagini nella sua mente.

    “Ho sognato un uomo prigioniero di se stesso.”

    “E cos’altro, mio signore ?”

    “Un uomo che aveva paura di intraprendere una via a lui sconosciuta”

    “E ancora ?”

    “Un uomo condotto dall’odio a distruggere ogni cosa, nell’illusione di possederla”

    “E infine, ho sognato un uomo che temeva ogni cosa, tranne di morire.”

    Il giullare, in piedi dietro il re, attese che egli parlasse ancora. Ma non accadde, e allora disse :

    “Cosa accomuna questi sogni, mio signore ?”

    “La paura…e l’uomo” disse il re.

    “Eravate voi l’uomo che sognaste ?”

    “In ogni sogno avevo volti e modi diversi… ma sapevo di essere io quell’uomo” disse il re.

    Il giullare esitò, come se non comprendesse. Poi disse “ Perché avete paura, mio signore ?”

    Il re si volse a guardarlo, con un’espressione di stupore sul volto. Capì che come sempre, la sua domanda era semplice e innocente, pari al suo animo.

    “Quando affrontai la mia prima battaglia ricevetti questa ferita. A causa di essa, non avrei più potuto affrontare altre battaglie. Così partii alla ricerca del graal, sperando che esso potesse guarirmi e farmi tornare a combattere. Lo cercai per terra e per mare, in luoghi lontani, in ogni dove.”

    “E non lo trovaste ?” disse il giullare.

    “Non lo trovai. E quando fui troppo stanco per cercarlo, tornai al mio castello, e mi sedetti sulla sponda di questo fiume, ad attendere la morte.

    In questo luogo, capii che il graal non esiste.”

    Vi furono ancora istanti di silenzio, poi il giullare disse : “Perché avete paura, mio signore ?”

    “Solo la vergogna della mia sconfitta, in battaglia e nella mia ricerca, mi tiene in vita. Ogni mio respiro è più lento e doloroso…

    C’è stato un tempo in cui la fiamma della vita ardeva forte in me. E’ divenuta sempre più flebile, e alla fine si è spenta. Nulla può riaccederla.

    L’unica cosa che desidero prima di morire è il perdono.”

    “Perdono, mio signore ? “ il giullare era stupito

    “Perdono per i peccati da me commessi. Per il male che ho fatto alle persone che amavo, nella mia superbia e tracotanza.

    Credevo di essere invincibile, credevo di essere superiore a chiunque altro, credevo di essere simile a un dio.

    E ho pagato a caro prezzo tutto questo” il re tacque.

    “Perché avete paura, mio signore ?” ripetè ancora il giullare.

    Il re ferito guardò a lungo il giullare.

    “… in principio ero debole. Poi fui capace di acquistare forza, e affinai la mia arte della guerra, fino a essere pronto ad affrontare la mia prima battaglia. Poi, quando fui sul campo, invece di affrontare i nemici alla mia portata, mi lanciai contro il più potente, il capo di tutti loro. E fu la mia fine.”

    Il re prese la testa fra le mani e cominciò a piangere.

    Il giullare lo guardò non con pietà, ma soffrendo per lui. Ma rimase in silenziosa attesa, ancora una volta, della risposta.

    Quando il re rialzò gli occhi colmi di lacrime, il giullare ripetè l’ultima volta la sua domanda.

    La voce del re era rotta dal dolore.

    “Io non so di cosa ho paura. Ho paura della vita, forse, ma non lo saprò mai se non torno sul campo di battaglia ad affrontare i miei nemici. E non posso tornarci, con questa ferita…”

    Quasi rivolgendosi a se stesso, il giullare sussurrò : “Vale la pena di correre il rischio, ne vale davvero la pena…”



    ... continua

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    00 16/02/2010 12:41
    Il re ferito (II)


    Il re ferito sedeva sulla sponda del fiume.

    Alle sue spalle, in piedi, stava il giullare.



    Non c’era altro che quiete e silenzio.



    Alla fine, fu il giullare a parlare di nuovo.



    “Non esiste solo il campo di battaglia, mio signore.”



    Il re, assorto in assenza di pensieri nella pace di quel luogo, si volse a guardarlo.



    Il suo viso era disteso, privo di espressione, come se ancora non avesse compreso quelle parole.



    “Alzatevi. Tornate al castello. Potete vivere in pace, nel mezzo della gente che vi conosce e vi ama. Insieme ai vostri cari e i vostri sudditi.”



    “Nessuno vi chiederà di tornare in battaglia. Nessuno ve l’ha mai chiesto. Siete stato voi a voler combattere, credendo che fosse per voi l’unico modo di vivere.”



    “Siete nato con la convinzione che la guerra e la vita fossero la stessa cosa. O meglio, che la vostra vita e la Vostra guerra fossero la stessa cosa. Ma non è così.”

    “Quella ferita non è una maledizione. Doveva essere la vostra salvezza, e in un certo senso lo è stata.



    Guerra dopo guerra, a cercare nemici sempre più potenti, cosa avreste ottenuto ?



    Solo sangue, morte e distruzione.



    Ma voi non avete compreso la via di salvezza che vi è stata offerta… e avete cercato fino allo stremo una cura per poter combattere ancora.



    Il graal esiste… fu il destino benevolo a impedirvi di trovarlo, affinchè non distruggeste la vostra esistenza.”



    Taque, e rimase solo il mormorio del fiume.



    Il re sapeva che non stava parlando più con il giullare.



    Si alzò in piedi e guardò di fronte a lui il signore della luce.



    “Io non sono degno del vostro perdono…” e cadde in ginocchio davanti a Aatangaard.



    Le lacrime gli scorrevano sul viso, ma erano lacrime di gioia.



    Poteva sentire, dopo lunghi anni di oscurità e sofferenza, tutto il calore della luce.



    “Il mio perdono ? Il mio cuore è colmo di gioia, perché oggi tu hai perdonato te stesso…”



    Gli tese la mano per aiutarlo ad alzarsi.



    “Torna al castello”.