00 23/01/2009 02:12
Walko

24.

Si era fatta quasi ora di cena quando si ritrovarono tutti insieme nel retrobottega del Free Bar, il quartier generale di Jovall, compresi gli ultimi arrivi: Gariperti, RusRus, Eddy Candussi, Fiorelisa, Lady Marion J, Licantropina, Fatalinda, Jack Girisper, Beckenhaller e Don Turiddu.
Esmeraldas, Sagitt e Lola Tekila riuscirono a resistere alle domande, per evitare di dover ripetere più volte le stesse cose , finché la squadra non fosse al completo. Ne approfittarono un po’ tutti per chiamare casa, parenti e amici, rassicurandoli riguardo la loro salute. Le ferie stavano per scadere quasi a tutti, ormai il rientro era imminente e questo era un motivo in più per stringere i tempi e per sperare che la maga Barbìsa avesse dato qualche informazione decisiva sul luogo dove si sarebbe potuto ritrovare il Graal.
Si può immaginare quale fu la delusione, quando Esmeraldas rilesse davanti a tutti le misteriose indicazioni della maga e le tradusse. La prima a reagire bruscamente fu Gio:
- Ma siamo tornati al punto di partenza!
- No, non proprio – corresse LuBa – adesso sappiamo che in mezzo a noi c’è chi sa dove si trova il Calice…
- Già, lo sa – disse Prisca – ma non ricorda, anzi, nemmeno sa di saperlo se non nel suo subconscio.
- L’unico modo perché possa ricordarlo – precisò Myrna – è trovando casualmente un riferimento che gli faccia salire dal subconscio il ricordo.
- Sì, campa cavallo! – sentenziò Kate Orlandow.
- E se andassimo per tentativi – provò Kakasenno – magari leggendo tutte le parole di un dizionario finché si trova il riferimento…
- Ci vorrà molto tempo e molta pazienza… - dichiarò Archigene sconsolatamente.
- Ci vorrebbe soprattutto una gran dose di culo! – disse RobyMAD con l’impeto della gioventù.
- E poi, ammettendo che trovassimo il luogo – intervenne LucidaFollia – avete sentito cosa ha detto la maga? Solo un uomo assolutamente puro potrà materialmente recuperarlo!
- E’ vero – disse AnnaNBD – e per puro si indende che non abbia mai nemmeno dato un bacio a una donna!
- Dubito che fra noi… – sentenziò Zublinky guardandosi intorno con aria perplessa.
- Ehi – lo interruppe Uria – c’è l’angelo!

A questo punto intervenne Jovall, a spegnere l’entusiasmo del gruppo.
- No. Angelo è fuori partita. Nessuno di noi, Angelo, Zeno e il sottoscritto ha la possibilità di avvicinare il Calice. Fa parte delle regole. Noi vi abbiamo aiutati e protetti, ma adesso tocca a voi.
- Allora siamo fritti in ogni caso – disse amaramente Gariperti.
- No, un attimo – interruppe Zeno – io la sera stessa in cui Jovall ricacciò la sua immagine nello specchio, dopo la sfida se ben ricorda chi c’era, invitai una persona a giocare a carte. Facemmo piuttosto tardi e come spesso capita di notte, ci lasciammo andare a molte confidenze. Gli parlai dei miei amati vetri e del mio hobby di scalare i grattacieli per pulirli, gli dissi che non ero sposato e lì… lui confessò di non essere mai stato nemmeno fidanzato e di non avere mai avvicinato una donna in vita sua. Sto parlando di quel giovane poliziotto, com’è che si chiama?
- Percivalle, ricordo: l’agente Percivalle – rispose il Barone uscendo dal suo apparente torpore.
- Poveraccio – commentò Fiorelisa.
- No invece – riprese Zeno – è una sua precisa scelta: resterà puro e casto finché non incontrerà quella che riconoscerà come la donna della sua vita.
- Una scelta rispettabile – disse Pat Wolf.
- Certamente – fu il commento di tutti.
- E utile per noi! – aggiunse pragmaticamente Lady Marion J.
- Già, ma a parte il fatto che prima bisogna sapere dov’è il Calice – smorzò gli entusiasmi Fiore 73 – chi ci dice che l’agente Percivalle sarà disponibile a recuperarlo per nostro conto?
- Anche questo è vero – disse Blondielaura – e comunque anche ammesso che lo convincessimo di riffa o di raffa, la parte difficile, per non dire impossibile, è far tornare in mente a chissà chi fra noi dove gli è mai capitato di vedere il Calice o comunque di aver saputo dove si trova.

Un’atmosfera di grande abbattimento calò su tutta la compagnia. Resosene conto, Jovall cercò di stemperare la tristezza che si stava impossessando di tutti, lui compreso, con uno dei suoi raffinati tocchi di ospitalità.
- Amici, non è il caso di arrendersi prima di aver condotto sino in fondo la battaglia. Forse un sistema lo troveremo, magari proprio quello indicato da Kakasenno: in fondo nel vocabolario sono contenute tutte le parole, compreso il possibile riferimento che cerchiamo. Comunque si è fatta ora di cena. Prima di consumare qualcosa vi invito tutti ad unirvi con me in un brindisi al nostro incontro, che possa essere d’augurio per il buon termine della nostra missione. Per l’occasione metterò mano ad un vino davvero speciale, anche in considerazione del fatto che molti tra voi sono romani, direi la maggioranza relativa. Zeno, in cantina c’è quella riserva speciale di Frascati dell’annata 1848, vai tu a prenderne una decina di bottiglie, facendoti aiutare da Angelo. Dovete sapere che quel vino ha una straordinaria particolarità, come potrete sentire al gusto: nel momento in cui si stappa la bottiglia, anche dopo più di un secolo e mezzo come adesso, ha l’aroma e il sapore di un vino novello, per cui potremo dire di avere sorseggiato un vino nuovo di ben 154 anni or sono.
- Fantastico! – proruppe il Barone Occlavius – questo vino è stato prodotto quando ero ancora in vita, sebbene non per molto ancora!

Zeno e Angelo appoggiarono le bottiglie sul tavolo, tra lo stupore e la curiosità generale, dopodiché procedettero al brindisi. Era veramente un vino delizioso. Il Barone Occlavius, uomo di gusti raffinati e grande amante del buon vino, fra tutti era il più estasiato. Se ne versò un altro bicchiere, lo annusò, lo sorseggiò ed emise un lungo sospiro prima di esprimere tutta la sua ammirazione.
- Parola mia, in vita e in morte mai mi capitò di assaggiare una simile grazia di Dio. Eppure ne gustai di ottimo vino, specialmente dei Castelli, Genzano, Velletri, Marino ed anche naturalmente Frascati. Ricordo che proprio negli ultimi giorni di mia esistenza in vita, trovai da un oste un Frascati quasi pari a questo, tanto è vero che a causa del suo divino sapore ed anche per festeggiare ora non ricordo bene cosa, mi capitò di eccedere… il sapore, l’aroma, il retrogusto finissimo... potrei dirlo in verità… è quasi lo stesso… anzi è lo stesso. Sì, è proprio lo stesso… è… Oh, buon Dio! Ora ricordo cosa festeggiavo quel giorno!

Il Barone a questo punto finì di bere il contenuto del bicchiere, poi si sedette su una poltrona in visibile stato di agitazione e cominciò a raccontare:
- Il giorno precedente ero penetrato nelle segrete stanze della Santa Sede e avevo trafugato il sacro Calice, sostituendolo con un’imitazione. Non riuscii a prender sonno quella notte, nella locanda in Trastevere dove avevo preso alloggio pronto per involarmi fuori dai confini dello Stato Pontificio. Fissai il Calice per tutta la notte e ancora parte del mattino, e più passava il tempo più mi sentivo divorato dal rimorso per aver compiuto quel furto sacrilego per cupidigia di vil denaro del quale poi non avevo nemmeno tutto questo bisogno. Alla fine presi una decisione: capitasse quel che doveva capitare, chiesi udienza con procedura di eccezionale urgenza al Papa, il mio ruolo me ne dava la facoltà. Il Papa infatti mi ricevette, visibilmente preoccupato, dopo appena un paio d’ore, intorno a mezzogiorno. Gli confessai tutto, lo partecipai del mio sincero pentimento e gli restituii il Calice, dicendomi pronto ad affrontare la severa condanna che avrebbe ritenuto di infliggermi. Il Papa sorrise bonario, mi diede per penitenza la recita obbligatoria del Rosario per una settimana e l’ordine di fare opere di carità ad un certo numero di famiglie in difficoltà, poi, con mia grande sorpresa, mi riconsegnò il Calice con queste parole: “tenetelo voi, non c’è persona al mondo di cui possiamo fidarci di più, visti gli ultimi eventi, e stavamo giusto pensando a quali mani sicure avremmo potuto affidare la preziosa reliquia: a Roma la situazione si fa ogni giorno più difficile e pericolosa; noi stessi stiamo pensando ad un possibile trasferimento in luogo sicuro, quale potrebbe essere Ponza, nel caso in cui la situazione precipitasse e la rivolta di cui si vocifera prendesse corpo. Nascondetelo in luogo sicuro, cosicché se qualche mano animata da cattive intenzioni arrivasse sino al luogo deputato alla sua custodia, vi troverà l’imitazione che voi stesso avete posto.” Così feci, depositai il Calice in un luogo sicurissimo e compiuta questa operazione ero talmente sollevato e felice che tornato alla taverna dove alloggiavo dalla sera precedente presi la sbronza di Frascati cui accennavo prima. Avendo comprensibili difficoltà a reggermi in piedi, uscito dalla locanda che era ormai l’imbrunire per prendere un poco d’aria fresca, mi affacciai sul Tevere e sporgendomi dal ponte incuriosito da un intreccio di rami trasportato dalla corrente, vi precipitai dentro. Non sapendo nuotare stavo per soccombere ai flutti, quando un ragazzo coraggioso che passava per caso si tuffò per ripescarmi. Qualcuno mi riconobbe e mi riaccompagnò in Vaticano, dove a sua volta una Guardia Svizzera mi accompagnò nelle mie stanze, adiacenti quelle del Ministro di Sua Santità e mio superiore diretto, Sua Eccellenza Pellegrino Rossi. Ero in stato di choc e a causa di questo, quando mi risvegliai la mattina successiva, dalla mia memoria si erano cancellati i due giorni precedenti, con tutto quanto in essi accaduto: furto, pentimento, restituzione, occultamento, sbronza e malaugurato tuffo nel biondo Tevere. Solo adesso, la degustazione del Frascati d’annata mi ha riportato tutto alla mente. Il resto è noto: avendo scordato ogni cosa tentai nuovamente di trafugare il Sacro Graal, ma trovai un’imitazione al suo posto, pensai d’essere stato preceduto, acquistai la pergamena che poi evidentemente si è rivelata ‘na sòla, fui assassinato dai congiurati lo stesso giorno in cui cadde per loro mano il Pellegrino Rossi. Sicuramente Pio IX si sarà rammaricato per non essersi fatto svelare in tempo il nascondiglio della reliquia, ma tanto io sarei caduto dalle nuvole di fronte alla sua richiesta; avrà fatto compiere ricerche, che proseguiranno tuttora per ordine dei suoi successori. Ma tanto nessuno potrebbe mai trovarlo lì.
- Lì dove? – proruppe Jovall.
- In Vaticano, chiuso in un sacco, murato nella parete opposta alla finestra dalla quale ora si affaccia il Papa ogni domenica per recitare l’Angelus o il Regina Coeli nel tempo Pasquale. Vi lavorai quel giorno stesso, approfittando del fatto che sapevo che nessuno quel giorno sarebbe transitato di lì, il Papa ai tempi risiedeva al Quirinale. Feci un buco, infilai il sacco, richiusi il buco e sistemai il muro. Avevo sempre avuto l’hobby del restauro, per me fu un gioco da ragazzi.
- Dunque il Calice non è mai uscito da San Pietro? – urlò quasi Jovall, cominciando a ridere sommessamente.
- Già…

A questo punto Jovall scoppiò in una risata fragorosa e incontenibile, tra la sorpresa generale, considerando che mai più ci si sarebbe aspettati da lui, sempre così serio e spesso accigliato, una simile reazione. Parve trattenersi, riprese fiato e rivolse una seconda domanda al Barone:
- Dunque per centocinquantaquattro anni ti sei chiesto e hai cercato chi era il ladro che ti aveva preceduto, senza sapere che quel ladro… eri tu?
- Già…

Jovall questa volta si scatenò in una lunga risata atomica, piegandosi in due e lacrimando copiosamente, al punto che in breve contagiò tutti i presenti, compreso il Barone Occlavius.
Dopo cinque minuti buoni di risate, Jovall tornò serio di colpo e tracciò nell’aria un cenno energico e comprensibilissimo che invitava al silenzio. Tutti smisero di ridere e Jovall, tornato serissimo come di norma, cambiò argomento:
- Ora si tratta di predisporre un piano per recuperare il Calice. Non sarà semplice andarlo a riprendere dove si trova adesso, praticamente in casa del legittimo proprietario.
- Si potrebbe semplicemente avvisare il Papa che il calice è lì… - propose Esmeraldinhas.
- Brava! Non dovevamo recuperarlo noi e chiedere un riscatto? – intervenne RobyMad.
- Eh già…
Fu il commento generale, dopodiché calò il silenzio. Fu Van Faber a interromperlo.
- Ragazzi, ma veramente siamo intenzionati a chiedere un riscatto? Non si tratterebbe tutto sommato di un atto, oltre che illecito, anche poco onorevole e per nulla simpatico?
- E poi… - intervenne Pat Wolf – mi chiedo… mercificare così il Calice dove il vino dell’ultima cena con gli Apostoli prese le sembianze del Sangue di Nostro Signore… ricordate le sue parole? “… Allo stesso modo prese il calice, lo sollevò, rese grazie e disse ai suoi disepoli: questo è il Calice della nuova ed eterna alleanza, questo è il mio Sangue versato per voi e per tutti…” e di lì a poche ore sarebbe salito sula croce… si può scambiare per denaro un simile oggetto?
- No, in effetti… - rispose Gio.
- No, infatti – le fecero eco tutti gli amici del Club.
- D’accordo, però… - intervenne Kate Orlandow – è scocciante pensare che dopo tutte queste peripezie ci si debba fermare ad un passo dalla fine del gioco. In fondo è stata una gran bella caccia al tesoro, e adesso che quasi ci siamo…
- Sentite amici – propose LuBa Zadora – nulla vieta che portiamo al termine il gioco, come l’ha giustamente chiamato Kate. A nessuno di noi interessa arricchire, ma il divertimento a questo punto va portato fino in fondo. Cercheremo di impossessarci del Graal e poi lo restituiremo al legittimo proprietario senza chiedere alcuna contropartita. Ma almeno la soddisfazione d’essere riusciti nell’impresa, quella non dobbiamo negarcela, che dite?
- Giustooooooooo! – fu la risposta corale.
- E allora forza, studiamo un piano per il recupero del…- iniziò Jovall che fu interrotto da un rumore proveniente dalla porta del retrobottega: toc toc.
Dopo pochi attimi di silenzio qualcuno bussò di nuovo.
- Chi può essere? – si chiese più d’uno.
- Forse l’ultimo arrivato al Club che ci ha raggiunti: Anubis… – propose Sagitt.
- Ehi, ma io sono qui! – protestò Anubis, interrompendolo.
- Ops, scusa Anub, ma siamo così tanti e gli eventi sono stati così repentini che non c’è stato il tempo di presentarci e conoscerci tutti!
- E’ vero. Nessun problema…
- Già, ma chi sarà? Forse il barista? – disse Prisca.
- L’unico modo per saperlo è vedere chi è. In fondo non abbiamo nulla da temere – concluse Zeno, dirigendosi verso la porta.
Appena aperta la porta apparve nella penombra un uomo in divisa.
- E’ giunta alla Centrale di Polizia la segnalazione di un boato proveniente da questo luogo. Sono l’agente Percivalle.
- Si trattava di una risata generale – disse Jovall – stiamo festeggiando. Si unisca anche lei, Parsifal, in un certo senso la stavamo aspettando.
- Perché mi chiama Parsifal? E perché mi stavate aspettando?
- Perché lei a buon diritto fa parte della festa. Mi informava poc’anzi il qui presente Generale Van Faber che lei è stato incaricato delle indagini volte a ritrovare il Sacro Calice, perduto molti anni fa.
- Sì… è vero… ma è un incarico segretissimo.
- Non per il Generale. Ebbene: la informo che sappiamo dove si trova. Lo abbiamo scoperto per pura coincidenza, sarebbe troppo lungo da spiegare… ora, non volendo in alcun modo scavalcarla, la metteremo a parte di quanto scoperto, di modo che sarà proprio lei a recarsi sul posto per recuperare l’oggetto. Ma attenzione: data la segretezza dell’operazione tutto dovrà svolgersi nella massima riservatezza. Arriverà sul luogo domani stesso con le credenziali del Ministero della Cultura, accompagnato da un muratore, il qui presente signor Zeno De Vetri, che ha l’incarico di aprire il muro dove l’oggetto è nascosto, in un sacco; ufficialmente dentro vi saranno antiche carte e importanti documenti di proprietà della Biblioteca Lateranense, nascoste lì da uno zelante Padre bibliotecario prima dell’invasione napoleonica per preservarle da un eventuale danneggiamento. Questa è la copertura necessaria, affinché il Graal non finisca in mani diverse da quelle stabilite di comune accordo fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana. Recuperato il sacco senza mostrarne il contenuto a nessuno, con la spiegazione che un’esposizione alla luce e all’aria potrebbe danneggiare irreparabilmente le antiche carte, dirà che porterà il sacco in un laboratorio adibito alla protezione del suo contenuto nel momento dell’apertura, ma in realtà si recherà in un determinato luogo dove la porterà Zeno e lì potrà estrarre l’oggetto dal sacco e consegnarlo al cardinale De Innocentiis, che è stato all’uopo incaricato segretissimamente dal Papa, che si trova in viaggio all’estero, per tenerlo in consegna segreta fino al ritorno del Pontefice stesso. Ovviamente non dovrà avvisare nessuno del suo viaggio a Roma, né stendere rapporti. Prenda un giorno di licenza e parta stanotte stessa, appena smontato dal turno di servizio. Per le spese naturalmente non c’è problema: il signor Zeno si occuperà di ogni cosa. Andrete a Roma in automobile, a bordo di una insospettabile auto civile, una vecchia 600 che in realtà è truccata e può fornire prestazioni eccezionali, compreso un sofisticatissimo meccanismo di pilotaggio automatico. E’ tutto chiaro?
- Sì, certo… chiarissimo.
- Bene. Si sieda, gusti un bicchiere di Frascati novello e intanto le spiegherò i dettagli dell’operazione.

Il giorno dopo, intorno alle 18, tutto era stato compiuto. Arrivati in mattinata a Roma, espletate velocemente le procedure burocratiche grazie alla documentazione rigorosamente autentica fabbricata con fogli di vecchi giornali dal Barone Occlavius grazie a suoi poteri illusionistici, alle 11 e 30 in punto Zeno e Percivalle uscivano dal perimetro della Città del Vaticano e si recavano in un palazzo all’Eur. Salirono all’ottavo piano ed entrarono in un appartamento ben arredato, dove trovarono ad aspettarli il cardinale De Innocentiis, con la sua aria jeratica e bonaria al tempo stesso. Nelle sue mani Percivalle consegnò il Calice, ricevendo in ringraziamento dall’anziano porporato lodi e benedizioni a profusione e anche una medaglietta vaticana riproducente Papa Pio IX, di notevole valore storico e numismatico, coniata infatti nell’anno 1850 in occasione dell’apertura dell’Anno Giubilare. Subito dopo ridiscesero in strada, raggiunsero la 600 e ripartirono immediatamente alla volta di Genova, arrivando appunto intorno alle sei di sera. Zeno lasciò Percivalle alla stazione di Polizia, raccomandandosi un’ultima volta di non lasciarsi mai sfuggire una sola parola circa quell’operazione segretissima, poi rientrò alla base, nel retrobottega del Free Bar dove lo attendevano Jovall, Angelo e tutti quelli del Club di Libere Parole, ai quali Zeno raccontò subito per filo e per segno gli accadimenti della lunga giornata.
- Come mai il Barone ritarda? – chiese Jovall – In teoria avrebbe già dovuto essere arrivato da un pezzo.
- Ha detto che voleva fare un giro per Roma e approfittare dell’occasione per salutare alcuni suoi amici fantasmi che infestano… no, cioè… che abitano in alcuni antichi palazzi del centro. Tanto fa presto ad arrivare lui: quattro salti dei suoi ed è qui.

Proprio in quel momento la porta si aprì, ed entrò nel retrobottega il cardinale De Innocentiis o, per meglio dire, il Barone Occlavius in uno dei suoi tipici travestimenti. Appena entrato che fu, gettò il sacco sul tavolo con insolito malgarbo e proruppe in un altrettanto insolito eloquio, se così si può definire:
- Fulmini e tuoni! Peste e corna! Accidenti! Miseriaccia boia! Porco di un fischietto!
- Ehi, Barone – lo interruppe Jovall – non ti sembra di usare un linguaggio poco consono all’abito che indossi in questo momento?
- Ne ho ben donde, Jovall, parola mia!
- Qual è dunque il motivo di tanta iracondia?
- Il motivo è qui, nel sacco. Eccolo qui!

Così dicendo estrasse dal sacco un calice di metallo, finemente lavorato.
- Il Graal!!! – fu l’esclamazione generale.
- Ma quale Graal! – riprese il Barone purpureo in viso non meno dell’abito che indossava – E’ una volgare imitazione! Peggio! E’ proprio l’imitazione comprata per due soldi da me medesimo al mercato di Porta Portese e poi lasciata in luogo del Calice! Da allora è la seconda volta che me la ritrovo inopportunamente tra le mani! Una vera persecuzione!
- Ma… che razza di assurdità è mai questa? – disse Jovall, letteralmente trasecolato.
- Vattelapesca! – urlò il Barone-cardinale, ormai incontenibile nella sua ira.
Gio nel frattempo prese tra le mani il sacco e lo rovesciò.
- Guardate! C’era una busta nel sacco, insieme al calice. Apriamola! Forse contiene la chiave del mistero.
- A me! – disse Jovall, che aprì la busta e ne estrasse una lettera scritta in bella grafia, ingiallita dal tempo, che cominciò a leggere ad alta voce – “Caduto per mano assassina colui che deteneva il segreto del nascondiglio, per un certo tempo disperammo di ritrovare la Santissima Reliquia, sino a che durante alcuni lavori di restauro inavvertitamente crollò un lembo di muro e quivi fu come per miracolo ritrovata. Pensando che non v’è in genere nulla di meno violabile d’un segreto e che dunque in futuro si doveva tenere per probabilissima la scoperta del nascondiglio da chi avrebbe potuto pensare di recuperare il Calice perduto per trarne qualche vantaggio meramente materiale a danno della Santa Sede, o addirittura da qualche mano sacrilega spinta da orribili intenzioni, come addirittura la distruzione del Sacro Oggetto, decidemmo di depositare lo Stesso in luogo veramente inaccessibile e sconosciuto a tutti se non al Sommo Pontefice in persona che avrebbe tramandato ai Successori l’indicazione del luogo medesimo tramite busta sigillata e intoccabile da altre mani, pena la scomunica, celando nel medesimo tempo sotto segreto inviolabile il ritrovamento miracolosamente avvenuto. Infine, deliberammo di sostituire il Santo Calice con la sua emitazione, non più nella teca della stanza che lo aveva ricoverato negli ultimi tempi in luogo dell’Originale, ma nello stesso sacco murato nel medesimo luogo del ritrovamento, insieme a questa lettera, di modo che chi nel futuro fosse venuto in qualsiasi modo a conoscenza del segreto del fu Barone Occlavius Di Curtius-Pignus-Telium, violando il nascondiglio da lui escogitato non vi avrebbe trovato il Sacro Oggetto, bensì il nostro paterno saluto e le nostre numerevoli, ovvero sia copiose benedizioni, ergo diversamente definendole: benedizioni in copia. Firmato Pastor Pastoribus Pius IX”.
- Eh già – disse sconsolato il Barone – copia come abbondanza e copia come imitazione dell’originale. Lo sapevate che Papa Mastai Ferretti, Pio IX, era anche un appassionato di enigmistica, sciarade e giochi di parole?





Gio Girisper & Walko

25.

Gio aprì gli occhi in quel momento, ancora con la voce del Barone nelle orecchie, tanto che gli rispose: “no, non lo sapevo”. Solo a quel punto si accorse di trovarsi nel suo letto e di aver fatto quello strano sogno. Pensò che se ne sarebbe potuto trarre un racconto, un romanzo, un film o qualche cosa di simile. La prima cosa che le venne in mente fu di correre al telefono. Compose il numero.
- Pronto?
- Walko, sei tu? Sono Gio. Sai, ho fatto un sogno incredibile!
- Aspetta… il Sacro Graal, Jovall, il fantasma del Barone, l’uomo dei vetri ed il suo Angelo custode; e tutti gli amici di Libere Parole.
- Come fai a saperlo?
- L’ho sognato anch’io. Volevo scriverne qualcosa al Sito, sono entrato e… lo avevano già raccontato, e altri avevano confermato. E ogni minuto che passa qualcuno aggiunge un reply: “l’ho sognato anch’io!” Gio…
- Sì?
- Questo sogno lo abbiamo sognato tutti.


FINE


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