00 23/01/2009 01:36
ALLA RICERCA DEL SACRO GRAAL

Walko

6.

La chiave del mistero può trovarsi soltanto nel locale, dove il pianista si esibisce in silenzio tutte le sere. All'improvviso Luba ha un'illuminazione:
- Ragazze! Avete letto i giornali? Quando hanno sparato al pianista cosa stava facendo?
- Cosa faceva? Bhè, stava suonando. Normale per un pianista…
- Ecco il punto: io già lo conoscevo, non riesco ancora a mettere insieme i pezzi nella memoria, ma sono sicura che abbiamo avuto una certa confidenza un po’ di tempo fa: io lo so, lui non suona, non suona più, non lo farà mai più!

E adesso, si chiedono le ragazze, cos'è questo altro mistero? Bisogna venirne a capo. Inutile indugiare, si va diritte al locale.
Il pianista sta suonando pezzi su richiesta, però che strano: ogni volta che gli richiedono un brano lui dice "ok" e poi ne suona un altro. Al tavolino vicino a quello delle ragazze sono seduti un uomo alto e magro, non vecchio sebbene con i capelli tutti grigi, e un ragazzo con le ali. L'uomo alto sorseggia lentamente una sambuca.
- Non capirò mai la musica, peccato. Però questa mi sembra una ben strana musica. Cosa ne dici, Angelo?
- Certo che è strana, Zeno: questo pianista suona tutti i pezzi al contrario. Adesso sta suonando "Smokin' get in your eyes", ma partendo dal finale, con tutte le note al rovescio.

Alle ragazze del Club non è sfuggito lo scambio di battute dei due singolari sconosciuti; il mistero si infittisce, ma per il momento non è possibile agire, c'è troppa gente nel locale stasera.
La porta si apre, da sola, come se qualcuno avesse usato un telecomando a distanza; dopo qualche secondo entra un uomo in abiti desueti, ma eleganti: cappello a larghe falde, sciarpa, mantello, tutto rigorosamente nero, un bastone dal pomo d'oro massiccio. Si dirige subito verso il tavolino dell'uomo alto e dell'angelo.
- Scusate il ritardo amici.
- Benvenuto Barone Occlavius.
Le cinque ragazze si scambiano un'occhiata d'intesa e prestano attenzione a quel che dice il Barone.
- Ho fatto un giro per Genova. Mancavo da questa città da ben più di centocinquant'anni, allora faceva parte di un altro Stato, ci si poteva venire solo con il passaporto, ma io avevo un lasciapassare diplomatico e potevo muovermi liberamente. Non avrei mai pensato di tornare qui, per rientrare in possesso del prezioso manoscritto.
Altra occhiata d'intesa e colpi di gomito delle ragazze. Il Barone continua.
– Ma prima c’è da risolvere l’altra questione. A proposito, Jovall quando arriva? E già quasi mezzanotte.

Jovall? Ma non è il pianista? E’ lì, sta suonando. Le ragazze hanno un attimo di disorientamento, ma si riprendono subito: è il caso di stare bene attente a quel che sta per succedere. Ordinano cinque bibite alla menta.
In quell'istante la porta del locale si apre, ed entra Jovall. Il pianista, quello seduto al pianoforte, si blocca di colpo, e si gira verso di lui, si alza mentre il nuovo arrivato gli va incontro; a un certo punto si trovano faccia a faccia, si guardano negli occhi, in silenzio. Sono identici, come due gocce d'acqua.
Esmeraldas ha un sussulto.
- Ragazze, guardate! Guardate lo specchio!

Le ragazze puntano il loro sguardo sulla grande parete a specchio che riflette il locale, il banco, gli avventori, i tavolini...ma i due pianisti, i due Jovall...nello specchio non ci sono!
Il locale intero si ferma, tutti tacciono, l'atmosfera è diventata improvvisamente tesa e sospesa, il barman dietro al banco si è fermato mentre asciugava un bicchiere e resta immobile, il bicchiere in una mano, un tovagliolo nell'altra, la sigaretta in bocca con una lunga striscia di cenere pendente.
Il pianista che suonava rompe per primo il silenzio.
- Chi sei?
- Sai benissimo chi sono: io sono Jovall. Tu sei la mia immagine fuggita dallo specchio, e lì devi tornare.
- Sei pazzo! Tu sei solo un'immagine, io sono il vero Jovall!
- Il vero Jovall non suona, non suonerà mai più.
- Non è vero! Jovall è un pianista, ed i pianisti suonano. Tu non lo fai perché sei solo un'immagine uscita dallo specchio e negli specchi non esiste musica, ma solo immagini mute.

A questo punto l'angelo si alza e si avvicina ai due pianisti speculari, nelle sue mani è apparso un mazzo di carte.
- C'è un solo modo per venire a capo di questa vicenda: queste carte sono molto speciali, non per niente si tratta di carte angeliche. E' un mazzo da quaranta, ci sono quattro semi, non ci sono figure né jolly, ma solo punti da uno a dieci. I semi sono divisi in scala di valori: il primo seme è quello delle stelle, il secondo delle onde, il terzo degli scudi e il quarto delle ombre, per cui la carta più alta del mazzo è il dieci di stelle e la più bassa è l'uno d'ombre. Sedete a un tavolino: alzerete una carta: quello dei due che avrà la carta più alta sarà senza alcun dubbio il vero Jovall. L'altro dovrà morire in questa dimensione, e tornerà nello specchio.

I due pianisti, senza parlare, sempre fissandosi negli occhi, siedono a un tavolino. Il bar è sprofondato nel più totale silenzio. L'angelo mischia le carte, le appoggia sul tavolino dei suoi due amici: il Barone taglia il mazzo. A questo punto l'angelo le mischia un'ultima volta, ci soffia sopra e le allarga sul tavolino dei due pianisti, che ne prendono una a testa. Entrambi i pianisti guardano la propria carta e sorridono, fissandosi in gesto di sfida.
Il pianista che suona gira la sua carta. E’ il Dieci di stelle!
Un "ooooh" riempie il locale: le ragazze si stringono vicine, ognuna tenendo stretto il braccio di un'altra; il Barone sorseggia un wiskhy & soda, con un sorriso leggero, l'uomo dei vetri si guarda le unghie e ci soffia, l'angelo osserva in silenzio, il barman ha posato il bicchiere e telefona alla polizia, parlando sottovoce dietro la macchina del caffè.
Il pianista che non suona gira la sua carta. E’ un Undici di stelle!
A questo punto il pianista che suona si alza di scatto dalla sedia facendola cadere alle sue spalle e urlando forte "è un inganno, l’Undici non esiste! Hai barato!" Poi indietreggia e porta la mano alla tasca sinistra del giubbotto da dove spunta il calcio di una rivoltella, ma non arriva nemmeno a toccarla. E' risuonato uno sparo nel silenzio.
Il pianista che suona ora ha uno sguardo sorpreso, un sottile rigagnolo di sangue scende sui due lati del naso fino agli angoli della bocca, da un piccolo foro apparso all’improvviso proprio in mezzo ai suoi occhi. Cade in ginocchio e subito dopo si accascia a terra su un fianco, restando lì, come rannicchiato sul pavimento del locale, mentre il Barone va a sedersi al pianoforte e comincia a suonare un rag-time di Milhaud.
Il pianista che non suona, ancora seduto al tavolino, rinfodera la pistola, dopo avere soffiato nella canna; le cinque ragazze sorridono e bevono le loro bibite alla menta, l'uomo dei vetri gira un dito intorno all'orlo di un bicchiere facendolo fischiare leggermente, l'angelo ha raccolto le carte, si è seduto di fronte al pianista ed incomincia a fare un solitario, il barman si era gettato in terra e adesso la sua testa riemerge dietro al banco. La parete a specchio riflette tutta la scena, compreso Jovall seduto al tavolino; sul pavimento non c'è più nessuno: il pianista che suonava si è dissolto nel nulla.
Proprio in quel momento si spalanca la porta del locale ed entra un agente di polizia, con la pistola spianata: è una vecchia conoscenza, il verbalizzatore del Commissariato.
- Fermi tutti! Sono l’agente Percivalle del Distretto di Polizia! Cosa succede qui?

Tutti si voltano a guardarlo stupiti, tranne il barman, tornato in immersione dietro al banco.
Il poliziotto si guarda tutto all’intorno, in silenzio. Poi mette via la pistola e si avvicina al banco.
- Un caffè, veloce! Ho lasciato fuori il cavallo parcheggiato in doppia fila.