Densa, ovattata, spumosa, la nebbia avvolge ogni cosa, in un’atmosfera quasi surreale. I fari rimbalzano sul candido muro che si para davanti, impenetrabile quanto evanescente. L’auto procede lentamente, i rumori inghiottiti da quell’effimero involucro, mentre la nebbia s’apre appena per lasciarti passare, poi si richiude subito, dietro di te. Il piede che sfiora appena l’accelleratore, mentre gli occhi cercano di scrutare al di là della barriera, pronti a captare ogni nascosto pericolo che dietro ad essa potrebbe nascondersi. La striscia di mezzeria della strada s’intravede appena, così come il bordo più esterno, lasciandoti addosso quella sensazione di incertezza, del non sapere dove stai andando. Ed in effetti non ho idea di dove mi trovo, procedo quasi a tentoni su una via che non riconosco. Attorno il nulla, un nulla così bianco da far male agli occhi, il tempo che sembra essersi fermato. Per quanto vado avanti così, con quell’esasperante lentezza, gli occhi che bruciano, i nervi tesi allo spasmo? Difficile dirlo. Ma ecco, che scorgo una luce differente, al di là del muro, che si fa sempre più evidente e delineata: con un sospiro di sollievo mi accorgo di essere finalmente alle porte della città.
La prova principale della vera grandezza di un uomo consiste nella percezione della propria piccolezza.