A tutti quelli che del tormentato amore per la vita hanno fatto, fanno e faranno arte, letteratura e sogno.
...e avrei voluto dire a voi, miei signori, a voi che ve ne state al sicuro su di un balcone ad osservare l'inquieta marea di uomini e donne impegnata a vivere e quindi anche a sbagliare, di non tirare mai più le somme con rigido, desolante e prevedibile moralismo. Perché vivere non è cosa da mestieranti e teatranti ma è cosa ben diversa, è cosa vera, come la solitudine e la pazzia, come la felicità e la disperazione,come un pugno di sale, una ferita, un tramonto dentro gli occhi, un ricordo che fa male e un abbraccio che non finisce mai, perché qui -sapete - bisogna spendersi, attimo per attimo, e saper spendere la propria esistenza - credetemi - è più difficile che restare a guardare.
Perché bisogna saper essere goccia per poter capire il mare e - ve lo assicuro miei signori - non è facile esser goccia. Provate, provateci. Provate voi a tramutarvi in lacrima quando c'è da capire un dolore, ad essere rugiada per impreziosire un fiore o farsi colore per divenire arcobaleno. No, non bastano gli occhi, non basta la ragione. Perché le emozioni, i sentimenti, "le altre" verità, i credo - quelli di cui avete paura e che vi inchiodano al balcone - si sottraggono ad ogni regola di matematica morale e domani - ne converrete - sarete voi stessi a sovvertire quelle regole che oggi elevate a principio e con le quali giudicate. E sarete voi stessi ad assolvervi per gli identici peccati che oggi, ad altri condannate.
Oh, lo so, benedetta e rassicurante è per voi la normalità che permette di definire il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, tanto che quasi inorridite di paura al vago segno di possibilità diverse. Non volete nemmeno ammettere che v'eravate sbagliati quando leggendo i quaderni del vecchio pazzo avevate giustificato la vostra normalità e certificato la sua pazzia spiegando con perfida ironia che le cose da lui scritte non avevano logica nè ragione. V'eravate fermati all'apparenza, alle regole della vostra normalità, e quando il vecchio mise in sequenza i suoi quaderni e io lessi per lui la prima riga del primo quaderno e poi la terza riga del secondo e la quinta del terzo e avanti fino all'ultimo e ricominciando, ascoltaste la più bella poesia d'amore e di vita che le vostre orecchie indegne avessero udito mai prima di allora.
No, non sforzatevi, non cercate di capire la volgarità delle passioni che animano uomini e donne, limitatevi ad esistere, a celare dietro i vostri volti seri i pruriti che sfogate nel silenzio imperscrutabile della mente, che se fossero proiettabili, il nostro inferno sarebbe soave paradiso al confronto. Il candore, il candore non si finge e non si dimostra. La poesia, la poesia non è assenza di bestemmia e voglie, i poeti fanno l'amore e - incredibile - certe volte scopano anche, ci credereste?
E ora vado miei signori, torno a unirmi al brulicare vivo della marmaglia impertinente, ma se un giorno proverete di coraggio ad uscir fuori, scoprirete quanta bellezza fiorisce fra le strade limpide come in quelle del peccato, capirete com'è difficile distinguere - fra le nebbie della vita - le vie del bene da quelle del male, perché tutto si confonde e si mescola e consegna un profumo dolce e amaro a tutti noi, fiori del male, che non abbiamo meriti né colpe, se non quelle di voler provare ancora ad esser cielo nel tramonto, foglia nell'autunno e luce di luna nella notte, nell'ambizione maledetta di voler capire il perché tanta bellezza incide l'anima di meraviglia e modella forme e armonie e sogni dentro il cuore.