.... come ogni cosa della vita.
Poi finì, come ogni cosa che conosco.
Ero in un parco, seduta su una panchina, a due passi dall’ufficio. Pausa pranzo.
Era una splendida giornata. Un cielo terso, azzurro come il mare.
Mi sentivo cullata dal calore del sole , dal cinguettio degli uccelli.
Panchine insolitamente solitarie accanto a me a godersi il sole.
Poi mi sfilò accanto il destino.
Un uomo, dall’aria dimessa ma non proprio un barbone, si sedette accanto a me.
Indossava il ricordo di una dignità sbiadita.
Fui subito tentata di alzarmi, la diffidenza prese il sopravvento.
Avrebbe potuto sedersi ovunque ma scelse l’unica panchina occupata, scelse me.
Senza comprenderne il perchè, quella presenza mi metteva terribilmente a disagio.
Mi voltai un'istante per guardarlo meglio e scrutarlo.
Sembrava un uomo senza tempo, non solo perché non avrei saputo dargli un’età ma perché era in attesa del niente e il niente lo stava aspettando.
Non una parola, non un gesto, non un movimento ad ingannare quel tempo che non gli apparteneva.
Mi sentivo sempre più a disagio, stranamente inadeguata.
Cominciai così a guardare l’orologio più volte con l'aria di chi ha fretta, per fargli capire che me ne stavo andando non per lui ma perché l’ufficio mi aspettava.
Feci per alzarmi, quando una voce flebile mi fece sobbalzare, disse:
“Spero non vada via per me”.
Rimasi incollata alla panchina e per la prima volta lo guardai negli occhi.
Aveva gli occhi azzurri come quel cielo terso, un cielo come un mare capovolto.
Gli occhi di chi è in attesa del niente perché ha già trovato tutto.
Era l’essenza della serenità. Capii che il mio disagio scaturiva da quell'indefinibile serenità che mi aveva travolta, sopraffatta.
Gli dissi quasi balbettando che mi stavano aspettando e lui, chiudendo gli occhi, cercando la carezza del sole mi rispose:
“Nessuno ci aspetta veramente. Tutti possono fare a meno di noi, tranne noi.
Non abbia fretta di tornare, non abbia fretta nella vita. Se cercherà di rincorrere la vita, non la raggiungerà mai ma se si ferma un attimo sarà la vita a cercare lei”.
Lo disse così, con gli occhi chiusi rivolti al sole, chiusi come se un sipario fosse calato, teatro di una vita intensamente vissuta.
Senza parole, con mille domande sospese in aria, rimasi lì, seduta su quella panchina, accanto a quell’uomo sconosciuto.
Senza fretta aspettai una risposta ad una delle mie tante domande non formulate.
E invece sentii la sua voce chiedermi:
“Cosa farebbe adesso se nessuno l' aspettasse?”
Risposi:
“Prenderei l'auto per andare al mare a passeggiare a piedi nudi sulla sabbia. E forse resterei lì ad osservarlo fino ad accarezzare l’orizzonte, goccia dopo goccia”.
Solo allora lui aprì gli occhi e si alzò.
Mi sorrise e prima di allontanarsi disse:
“Oggi l’acqua del mare è calda come questo sole ed il mare è azzurro come questo cielo capovolto”.