Ugo la tartaruga
So benissimo che un esempio del genere non è alquanto paragonabile alla situazione umana, ma, allo stesso modo di ogni questione metafisica, tutto può essere falso e allo steso tempo vero. Nessuna ipotesi è da scartare, neanche la più screditata.
Era alla buona cinque mesi fa, quando il mio fratellino, ancora dodicenne, convinse sua madre a pronunciare il nullaosta per far vivere in casa nostra una tartaruga; una piccolissima, minuscola tartaruga, appena nata, della quale non si sapeva (e non si sa tuttora) di quale sesso fosse.
Una settimana prima che arrivasse, Giacomo –scusate se non l’ho presentato prima, così si chiama mio fratello- rubò una vaschetta dalla madre, piccola e bassa, di colore verde, e coprì il fondo con uno strato spesso di pietruzzole, in modo che l’animale camminasse su di un terreno meno artificiale. Ancora costruì una bellissima casa: un vaso spaccato a metà nel senso verticale e adagiato per lungo ad un lato della vaschetta, con l’apertura guardante verso il centro. Raggruppamenti di 3-4 foglie di piante casalinghe, con lo stelo fissato tra le pietre, a mo' di palme. Un laghetto artificiale, creato all’interno di un tappo per vasetti, una bilia per giocare e, dulcis in fundo, una scritta di sette centimetri a caratteri cubitali incollata ad un bordo del contenitore con il nome dell’ospite: UGO, con l’opzione di trasformarlo in UGHINA nel caso in cui si scoprisse tra sei anni il sesso femmineo della tartaruga.
Ora, quest’abitante del mondo in vaschetta è, possiamo dire, nato lì dentro, o, per essere più precisi, i suoi ricordi partono da quel momento. Una domanda si porrà, sempre, per tutta la vita: chi ha creato il mio mondo? È stato forse quello che ogni giorno i porta una foglia di insalata o una scorza di fava e che mi riassetta quelle volte che mi ribalto? Ma chi è codesto mio salvatore? Ovvio, è Dio!
Ma chi è questo Dio? Beh, se Ugo facesse di secondo nome Agostino o Anselmo, si sbaglierebbe nell’assentire che è un essere perfetto: è mio fratello, e, credetemi, tutte le qualità immagini ma non l’inerrabilità. Eppure è stato capace di creare un mondo incredibile, privo d’imperfezioni. Oddio, ogni tanto scoppia la carestia e il povero Ugo soffre la fame: colpa dell’onnipotente, ops, di Giacomo che si dimentica di dare da mangiare, ma l’animale, intelligente, riesce a darsi delle spiegazioni sensate, giustificando l’atteggiamento divino come una punizione o qualcosa del genere.
Ogni tanto spia attraverso i lati verdi e scorge quello che denomina universo. Bellissimo!! Satelliti a forma di letti, pianeti della stessa forma di librerie e armadi, di rado scorge una nebulosa appesa al muro, quella che volgarmente consideriamo un quadro. Ma non succede mai che il suo pensiero cada su di un creatore proprio dell’imperfezione: non può essere possibile; anche quando entra in camera, inciampa e cade: l’ha fatto sicuramente a posta.
Prega. Spesso rivolge a esso un pensiero gentile e speranzoso, che Giacomo purtroppo non lo può comprendere: quale umano capisce il “tartarughese”?
Qualora ridimensionassimo Ugo ad un uomo, tutto questo potremmo essere noi e il nostro mondo. Sentiamo tanto parlare di Dio perfetto: lo dice il cristianesimo, Il buddismo e l’islamismo. Tutti lo danno per scontato, ma chi lo garantisce? Chi assicura innanzi tutto che esiste un Dio? Nessuno!! Badate bene, lungi da me credere che i fatti si siano svolti nel modo appena descritto, però è un modo possibile di come potrebbe essere avvenuta la nostra creazione, quindi l’arrivo sulla terra.
Chiudo con lo stesso pensiero d’apertura: riguardo questi argomenti nessuno ha torto e tutti hanno ragione. Probabilmente noi e Dio parliamo una lingua diversa, incompatibile, e nessun traduttore di una lingua irreversibile può esserci d’aiuto.
Davide Urso