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Jeffrey Thomas Redgrave III° - racconto

  • Messaggi
  • fiordineve
    00 15/05/2005 14:58




    Jeffrey Thomas Redgrave III°




    Aveva piantato tutto, l'ultimo divorzio gli era costato due anni di investigatori, giudici, dollari e la salute. Lo studio legale costruito dal padre e prima di lui dal nonno, il primo per la quantità di avvocati in gamba, lussuoso come la casa che aveva lasciato alla quarta moglie; era uno dei top, in quella megalopoli di Washington; lui, Jeff era famoso, apprezzato, invidiato ma non riusciva più a vedersi là in quel marasma di ore lavorative.
    Non contava mai gli zeri delle sue parcelle, pretendeva il massimo dai consociati e da sé stesso, alle 5 era in ufficio, a volte nemmeno tornava a casa; ormai la sua abitazione era in quel luogo dove mobili d'antiquariato facevano bella mostra accanto a quadri rarissimi e a sofisticati computer; possedeva 10 celllulari, ognuno per un cliente speciale; lo nauseava persino la vista che dava sul Campidoglio di cui andava orgoglioso.
    Ricordava solo gli intrallazzi politici e le bustarelle che passava a chi, in quel momento, era nei posti di comando.

    Così, senza una parola, aveva lasciato tutto e si era sistemato alle Bahamas su una barca da 40 metri.
    Lo si poteva vedere in jeans e t-shirt, nel porto, accanto ai pescatori del luogo; si era fatto una cerchia di amici con cui passava le giornate a navigare e a pescare, vendeva il pesce come facevano tutti, poi alla sera il rhum a ettolitri scioglieva il vuoto che sentiva dentro.
    Era sempre ubriaco, ma l'abitudine di alzarsi alle 5 non l'aveva persa; si metteva i rayban e nessuno notava i cerchi agli occhi rossi e gonfi.
    Il corpo sodo e muscoloso, temprato dalle ore passate in mare, il viso cotto dal sole, le miriadi di rughe che gli increspavano i lineamenti, lo rendevano più affascinante; la barba incolta, un berretto da baseball e i suoi magnetici occhi azzurri erano uno spettacolo a cui poche donne sapevano resistere.
    Nonostante ciò il vuoto non lo abbandova mai, nemmeno sotto la sbronza, cos'era quella voglia di annullarsi, di non pensare a nulla, di essere solo anche durante una cena tra amici? Alla fine capì, lui aveva un figlio che, praticamente non aveva mai conosciuto, cresceva senza di lui, era Jeffrey Thomas Redgrave IV° e non ricordava una sola volta in cui loro due avessero fatto qualcosa insieme. Lui non c'era mai alle partite del figlio, mai un tiro di basket quando tornava a casa, casa... lui non era a casa, quando usciva il figlio dormiva, se e quando rientrava pure.

    Così pensò di recuperare un rapporto che non esisteva, - forse ce la faccio ancora, in fondo io ho 55 anni, lui ne ha, mi pare, 31, perchè non potrei essere ora il padre che non sono mai stato? -
    Senza tentennamenti, per non perdere il coraggio, telefonò alla sua prima moglie e chiese di Jeffrey, rispose lui e, quando si fece riconoscere, il figlio gli disse
    "No, grazie, sono un uomo e non ho più bisogno di te, anzi non so se l'hai saputo, ma da molti anni ho assunto il cognome del mio patrigno".
    La botta gli arrivò senza che l'ex avvocato di successo se ne accorgesse, gli sembrava di essere nell'ovatta, così prese dal cassetto la pistola e si sparò.
    "In fondo è la fine che merito, sono un perdente" si disse mentre, finalmente, la pace lo avvolgeva tra le sue braccia.




  • fiordineve
    00 16/05/2005 02:50


    Che faccio, mi rispondo da sola?[SM=x142883] [SM=x142905]
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    merlino62
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    00 18/05/2005 21:03
    quando ci si iscrive
    alla società dell'apparire
    ed a quella del successo......

    l'"essere" si allontana sempre più......

    leggerti è stato bello
    e purtroppo estremamente "vero"

    ciao pg


  • fiordineve
    00 22/05/2005 18:38


    Basta guardarsi attorno, la realtà supera la fantasia.[SM=x142828] [SM=g27826]