00 25/01/2005 15:05

ANNIVERSARIO


Mi spiace, amore mio: non ho comprato ancora la tua radio-sveglia, quella che hai visto in vetrina, sabato scorso dentro a quel negozio, e ti è piaciuta subito al momento, ma io ti ho detto: “c’è troppa gente e ormai si è fatto tardi, magari un’altra volta, con più tempo”.
Volevo andarci proprio stamattina, ti avrei comprato anche un piccolo mazzo di rose rosse per festeggiare il nostro anniversario, il primo giorno che ti ho vista, sette anni fa. Ricordi? C’era il sole e poi all’improvviso scoppiò un acquazzone e noi due a correre per le strade all’impazzata per trovare un portico, un balcone, un cornicione sotto cui ripararsi. E’ lì, che è incominciato tutto quanto: il nostro intendersi al volo, il nostro ridere e piangere a tempo, la simpatia, sintonia, l’amore, tutta la nostra paura, tutto il nostro coraggio.
Avrei voluto un figlio che scrivesse poesie, che si meravigliasse ancora, in questo mondo che corre, per un cielo di stelle, per un fiore che sboccia, che provasse emozioni sino al brivido per un tramonto, un sorriso. E avrei voluto che pensasse, un giorno, a queste stesse cose per suo figlio.
Ma in fondo abbiamo fatto la scelta più giusta, di aspettare ancora almeno qualche anno. Però, peccato a ripensarci adesso, adesso che non c’è più tempo.
Non riesco nemmeno ad aggrapparmi a un ricordo. Arrivano confusi, tutti insieme, mi affollano il pensiero come farfalle impazzite: lo sguardo di mia madre, le mani di mio padre, la loro consistenza di persone, i loro odori, gli odori della casa, mio fratello, un lungo viale di ippocastani, la strada di campagna verso scuola, io che tengo per mano mio fratello, poi i primi slanci, i primi amici, i primi baci, il mio lavoro, la mia passione, il mio crederci, poi finalmente tu, amore mio, i nostri momenti più dolci e più belli, tu vestita di bianco con gli occhi pieni di lacrime, tu e il tuo tremore di certi momenti, la tua paura e tutto il tuo coraggio, la casa da imbiancare e sistemare, domenica avrei finito finalmente di verniciare il terrazzo. E invece, e adesso…
Lui è soltanto un ragazzo, uno dei tanti, cresciuto chissà dove, chissà che storia alle spalle. Non l’ho nemmeno visto in faccia, solo un’ombra fugace, capelli scuri, un viso senza lineamenti precisi, un corpo magro. Avrà senz’altro anche lui un mondo di ricordi da sfogliare, dei giochi di bambino, la paura del buio e della notte, forse ha un amore anche lui, e desideri, dubbi, speranze. Forse cerca di correre più forte in questo mondo che corre troppo forte.
Dopo sarei passato in negozio, avrei comprato la tua radio-sveglia ed anche un mazzo di rose. Prima però dovevo far benzina e proprio lì al distributore, è stato lì.
Il benzinaio dentro al suo gabbiotto aveva gli occhi pieni di terrore, le mani alzate, un tremore violento che percorreva tutta la figura. L’uomo di spalle con una sola mano riempiva un sacco nero e nell’altra mano aveva una pistola puntata contro il benzinaio, di fronte. Non c’era nessun altro, neanche una macchina ferma oltre alla mia. Fingevo di utilizzare la pompa del self-service, come se non avessi visto proprio niente, ma tenevo d’occhio quell’uomo dallo specchietto, che non facesse del male al benzinaio, e intanto aspettavo che uscisse perché non dovesse in nessun modo mettere a rischio la vita del gestore, il mio intervento. Lo sai, amore mio, l’ho detto tante volte, che un carabiniere non è mai fuori servizio.
E quando l’uomo è uscito dal gabbiotto con il sacco nero stretto in una mano e la pistola riposta, senza aver fatto del male al benzinaio che si era inginocchiato e poi sdraiato a terra lasciandosi legare e imbavagliare, io gli ho lasciato fare qualche metro e poi ho estratto la mia pistola e gli ho intimato di fermarsi.
Ha posato il sacco in terra ed ha alzato le mani verso il cielo, mentre io mi avvicinavo.
E’ stato proprio lì, in quel momento, che da dietro alla pompa del gasolio è uscito lui: solo un’ombra fugace, capelli scuri, un viso senza lineamenti precisi, un corpo magro, certamente un ragazzo.
Un lampo e un colpo sordo, un altro lampo e un colpo lento, attutito. Poi subito ho sentito quell’esplosione dentro, passi di corsa intorno a me, nel buio, le gambe molli, piegate, il freddo del mattino sull’asfalto, il freddo della notte nelle gambe, poi nelle braccia, nel torace, in viso.
Amore mio, perdonami ti prego.
Non ho comprato la tua radio-sveglia.




08/11/2003 16.34




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