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Autunno, la stagione delle mille sfaccettature,
dei mille significati, dei pochi colori,
quelli atti a dipingere il mondo che ormai non esiste.

Rosso, giallo, marrone, probabilmente anche arancio,
d'altronde le zucche dalle migliori espressioni hanno quel colore.
Colore vivace, colore definito, colore di gioiosa incertezza.

Pochi colori e così tante feste,
è mai possibile che ogni cosa nuova debba cancellare quella vecchia?
L'essenza non è lo splendore, non è il risalto della persona,
è semplicemente il sapore, il gusto, l'incisività quando la si prova.

C'è chi ormai prova continuamente, cade come una foglia marrone,
secca, fragile, senza più alcuna linfa vitale.
C'è chi invece arieggia nel mezzo, come la gialla,
planando delicatamente, disperdendosi tra i suoi simili.

Infine, come sempre, c'è chi si fa vedere più di tutte, la rossa.
Lei è la regina della stagione, dipingendo il paesaggio ormai escluso,
rendendolo fiabesco, acceso, violento, stupendo.
Una tremendo fascino fanciullesco, al sol guardarlo, ci si perde dentro.

L'animo della natura è frivolo, nascosto, intriso nel mistero,
non è però esente dall'essere calpestato, malridotto ed ignorato.
Il rumore del marrone distrutto, del giallo sconfitto e del rosso macchiato.

Non c'è vento poi, ne pioggia nell'immediato, che possa lasciar sparire il presente,
poiché il passato è appena lontano ed il futuro ormai leso,
l'ultima foglia attende, il bianco maestoso.