00 23/04/2015 06:00
Un ultimo appunto
Nel corso di tutti questi secoli, man mano che la risata diveniva "oggetto proibito", come per tutte le attività oggetto di tabu sociale, si è anche parallelamente venuta formando una professione speciale, i cui addetti potevano violare tutto e ridere di tutto, i buffoni di corte.
Tanto piu apprezzati quanto piu facevano ridere.
E così consentendo a tutti gli altri di "fare i seri" e darsi importanza.

Nello stesso tempo, come per tutte le professioni relative ai tabu sociali (macellai sacri, imbalsamatori di cadaveri, spazzini e altre attività dello stesso segno, e secondo le varie culture), chi le svolgeva veniva attratto all'interno del tabu diventando tabu egli stesso. E cosi si sono formate le caste degli intoccabili. In senso positivo e negativo.

I Bramini indiani sono gli unici a occuparsi della macellazione sacra, gli unici che possono toccare la carne con le mani e anche mangiarla. Ma allo stesso tempo non possono venire toccati, vivendo la condizione ereditaria di privilegio e isolamento sociale che connota tutti i reietti/intoccabili.

Nessuno vorrebe essere un intoccabile. Per fortuna sono cariche ereditarie che coinvolgono l'intera famiglia, altrimenti i loro membri morirebbero di isolamento.

Ma ugualmente, oggi, nessuno vorrebbe (e di fatto ben pochi vogliono) fare il contadino, professione ancora troppo legata alla immagine della servitù della gleba.
Parimenti nessuno vuole fare il giullare: il buffone di corte è l'ultima cosa che qualcuno, che si sente nobilmente poeta, vorrebbe sentirsi dire e pensare di essere.



In contrasto con tutto questo, abbiamo questa bella canzone di NicolaPagano, così di rottura degli schemi, che non si può recitare o declamare. Si può solo cantare.
E di cui non si può fare l'esegesi, va presa in blocco, come un dono globalmente prezioso.

Anche se ciascuna espressione in sè ha un preciso valore, inquadrabile o comparabile con l'Opera Buffa napoletana, che vanta teatranti e poeti come Eduardo De Filippo e tutta la sua famiglia, cominciando da papa Scarpetta per finire con figli, fratelli e sorelle.
La nostra pruderie riesce ad accettarne la decisa nota comica in gran parte perché espressa in vernacolo, fatto che ha fatto perdonare il Rugantino, Govi, Trilussa, Porta e tutti i poeti che, nonostante l'unificazione della lingua, hanno continuato a comporre nelle lingue locali (dette impropriamente dialetti).

Per finire, essendo impossibile citare ogni chicca sfornata dall'autore, voglio evidenziarne almeno l'nizio e la fine, dove maggiormente l'attenzione viene catturata e il sense of humor viene espresso =

Ridere è una precauzione
ancor prima che cura

ridere è un gran ceffone
sul volto delle disgrazie

ridere è quell'armatura
che nulla riesce scalfire

ridere è la sola cosa
che sa rabbonire la morte

(...)

E' facile, muovi quei muscoli!
Ridi e avrai il mondo ai piedi.

La vita è una grassa risata
che a volte sta a testa in giù.


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[Modificato da Violadaprile 23/04/2015 06:15]