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Ti osservo
la nebbia si spande per le vie periferiche, le strade secondarie, le scorciatoie fortunate piene di sassi che scricchiolano sotto le gomme
ed insetti che corrono ai loro ripari, le piccole buche scavate con le unghie quando ero bambina, in lontananza occhieggiava la torre,
figura madrina e prodigiosa, ammassi di pietre intrise di alghe marine, le storie del remoto oceano dai fondali così profondi,
il vero buio senza ossigeno, un inferno gelido ove riposano stalattiti splendenti e ossa di orche cristalline.
Essa cura gli orrori delle tempeste con la litania notturna della sua presenza:il mare in fondo è un vecchio stanco
che si addormenta con le favole degli uomini, essi si disperdono nelle sue acque e lo porteranno sempre con loro,
chissà come sarà baciare il sale sulla tua pelle, dondolo e scivolo via fra pensieri immaginari, sapore di pesche gialle,
frutti maturi, caldi, sei il sentimento dell’estate che ho colto nel più tiepido inverno, già compaiono pitture oniriche
dei grappoli di fiori giapponesi, rosa come l’incarnato, il tuo corpo nudo sul letto, scorgo in un secondo tutte le aurore sorte
nei secoli quando ancora bambini selvaggi e nudi e sporchi vagavano sulla terra come cuccioli di bestie feroci e rimanevano
incantati al chiarore dell’alba, lei che si spoglia come se si fosse vestita di nulla, vento e foglie autunnali, incoronando
i loro occhi infantili con un desiderio puro, l’eros dell’idillio e della neve che si posa nella mente vagante e stralunata dei poeti distratti.
Facciamo l’amore, mi immergo nel lago della vita.
Nulla è più fisico, la materia perde la sua forma e ciò che resta è lo spirito di un mondo danzante.
Vorrei prendere le tue mani e ballare sui mesi e le settimane in cui le notti erano solo
l’ottenebramento del giorno, i lupi animali affamati, il conoscersi un duello senza eroi.
Le mie labbra si schiudono e formulano il tuo nome, sempre.