Una poesia

Ora immaginatevi
ch’io scriva una poesia.
Egloga che sia, carme
ballata od elegia
che in dolci toni dica
d’un franto cuore amante
il gemito e il dolore
cantando all’alba tersa,
cupe le note, e teneri
i sospiri, tacendo
la notte che andò persa
in lagrime e speranze.

Pensate oppur che belle
le stanze in ottonari
gustose e mai triviali
(cavallerescamente)
di canti d’arme antiche
e dame, e spade tratte
da paladini eroi
di peso scongelate
dal Boiardo o l’Ariosto
lucendo, allora e tosto,
coll’umile proposto
che sian gradite a voi.

Ma forse affatto o poco
sarà per voi quel gioco
di caste vesti ed elmi
alla lor caccia spinti
d’ardore e il fatuo foco
dell’Amore… prolisso
il periodare e fisso
il metro mi fan perdere
il panaro e la focaccia!

Insomma, tai dipinti
di sì vivaci toni
e fiabe e malie e troni
risulteran, per forza
degli an che son trascorsi
alquanto polverosi
e rosi dall’imperio
primottocentesco
di far del fresco vero
(del verosimil falso
si legga) oggetto lirico
precipuo del poetare.

Ma allor che avrebbe a fare
Il povero De Chirico
pittore metafisico
di dimensioni astratte,
esatte geometrie
di volti levigati?
Omeomerie recondite
fan questo mondo sfatto
inesistente e vero
sulla tela argillosa
nei colori, ma grigia
di scenari, spazzati
gelido da un vento
sinistro d’altri mondi.
Questo ed altri fatti
mi fan pensare e dire
che infin nel vecchio secolo
(intendo il Novecento)
caduto è quel precetto.

Che dite allora: può
la tal poesia che scrivo
provare a far del mito
contando fatti antichi
di uomini ideali?
Virtù che miser l’ali
a quei voli che i critici
hanno detto Pindarici
voglio cantare… O, se
vi par cosa difficile,
facilius dictu, forse
parrebbe più concreto
che cantare di olimpiche
vittorie e di nicefori
corsieri un poema
stracolmo di popoli,
di voci, usi e costumi
d’antica colorato
ben fatta eziologia.

Geografiche ricerche
appronterei per dire
in bello scritto e parco
perché si dica Italia
o donde vien, s’è lecito
ripeter chi ha già fitto
l’elenco delle causae,
chi alla Cnidia plause
con dolce sentimento;
o sia meglio, con più
giusto discernimento
dei nostri tempi, dire
chi mai diede Casoria
in nome a questo luogo
un po’ povero di storia.

Non vi piace? In tal caso
un genere poetico
diverso ancora è d’uopo
rintracciare: antiquato
è il verso didascalico?
Arato ne avrà a male.
Insomma, son trascorsi
ben centocinque versi:
nessuno mi sa dire
che genere adottare?
Sia allora pure detto
(ma non ve la prendiate!)
che il pubblico coetaneo
difficilmente ha chiaro
che parte recitare
o a cosa dedicare
il tempo che ciascuno
ritaglia alla cultura.

Sia detto, per chiusura
che forse anche il poeta
tra Sole, cuore e amore
badando all’uditorio
finito ha il repertorio.
Di me, non so che dire:
non sono uno scrittore
per tale basso grado
che ho di creatività.
Mi basta d’esser franco:
e poi credo financo
che tal componimento
non vi è piaciuto manco.

Forse poesia, è tutto questo che hai detto. O forse è solo un filo d'aria che gira intorno agli occhi, e ci fa sorridere o piangere.

Un saluto, Vanni