storie di paese - EMMA

fiordineve
00venerdì 28 ottobre 2005 03:14

Emma conserva ancora, a 78 anni, il fascino della gioventù passata.
E' una bella signora dai capelli bianchi, occhi azzuri sul viso segnato da dolori che le pesano sul cuore come macigni.
Ci sono giorni che non si veste nemmeno, che gira in pigiama o in camicia da notte, persa nei suoi ricordi.

A me ha raccontato la sua storia.

Di famiglia numerosa e poverissima, lavorava nei pochi campi del padre; prima di andare a scuola mungeva le mucche, dava il mangime al pollame, stendeva il bucato.
Il ritorno da scuola non era certo più facile, con la madre sempre incinta e tanta fatica per tutti.

Così a 12 anni la mandarono a servizio a Milano, presso una famiglia conosciuta; là imparò a vedere cose straordinarie, trovò pure l'amore.
Un amore intenso e troppo maturo per lei così giovane.
Rimase incinta, il ragazzo non volle sposarla, tornò al paese e a 14 anni partorì suo gifio Giovanni; era la vergogna della famiglia, così restò nella casa in mezzo ai campi per non farsi vedere e sgobbò più di prima per farsi perdonare.

Compiva 17 anni quando, il ragazzo che l'aveva messa incinta, venne e la sposò.
Tanto la minestra era la stessa: lavoro, lavoro, lavoro.
Qualche anno dopo partorì un altro figlio maschio, Giacomo.
Non chiedeva nulla dalla vita, il marito non sopportava quella vita di fatiche senza soldi senza speranza.
Così trovarono un posto come portinai e tornarono a Milano; là misero da parte un buon gruzzolo, quando la portineria fu chiusa perchè loro costavano troppo, di nuovo tornarono in paese, i bambini erano cresciuti, così Emma e suo marito trovarono lavoro in una grossa fabbrica del paese.
Sembrava andasse tutto bene però il destino era in agguato: il marito di Emma morì, giovane e lei rimase coi due figli; molti le chiesero di sposarla ma lei non accettò mai. I figli erano la sua vita e non chiedeva altro; malattie ed intervanti vari non le permettevano di volere un altro uomo, così aiutò i suoi ragazzi a costruirsi due belle villette, loro si sposarono e misero al mondo dei bimbi.
Emma pensava di essersi meritata un po' di riposo, la bomba scoppiò in primavera; Giacomo morì e lei quasi impazzì.

Da allora, ogni mattina va al cimitero in bicicletta, nonostante due placche d'accio alle ginocchia: vento e pioggia, sole o neve, lei deve andare, per poi mettersi in pigiama, con la tv accesa, senza guardarla, piangendo e ricordando.

Pochi giorni fa si è sentita male in panetteria ed ora è ricoverata in neurologia: ictus.
Speriamo possa migliorare, lei vive a piano terra, nella mia palazzina, mi mancano i suoi ricordi e, prometto, non mi annoierò ad ascoltarla di nuovo.
debona
00mercoledì 9 novembre 2005 12:58
A volte leggiamo, leggiamo
e non riusciamo ad ascoltare
le storie delle persone
che vivono al nostro fianco.
Belle queste storie di paese
dove i volti non sono
sconosciuti come nelle grandi citta.
[SM=x142922]

Cobite
00sabato 19 novembre 2005 18:01

Una storia come molte, portata avanti con coraggio e determinazione. Mi viene da pensare che in fondo è stata fortunata a trovare una famiglia che l'ha accettata anche dopo che era rimasta incinta così giovane e senza essere sposata.
So di ragazze che hanno trovato la porta chiusa a quel "disonore".

Grazie di questo scorcio di vita della nostra gente. [SM=x142823]

[SM=x142892] Giancarlo cobite

fiordineve
00giovedì 19 gennaio 2006 18:52


Ne avrei molte da raccontare ma, mancando il lettori, soprassiedo. [SM=x142943] [SM=x142889]
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