sognare la libertà

fiordineve
00venerdì 11 febbraio 2005 22:36
Mattina colma di nebbia, freddo che ti penetra nelle ossa, ma non rinuncio alla mini, io avevo un cappotto di tweed lungo fino ai piedi, una sciarpa rossa, berretto e i guanti uguali; nessuna voglia di entrare a scuola.
Incrocio lo sguardo di Carlo, figlio del prefetto, lo conosco poco, ma siamo rimasti solo noi 2 all'ingresso ad aspettare cosa?
Carlo, 2 classi più avanti, mi dice che ha un compito in classe, io rispondo di avere un'interrogazione ma di non aver letto nulla.

Mi guarda, lo guardo e all'improvviso l'idea:" Facciamo sgricc?"

Così ci avviamo verso la fermata degli autobus e andiamo al grande parco di Viale Piave.
Il freddo ci fa lacrimare gli occhi, non sappiamo neppure cosa dirci, qualcosa di noi, ma la conversazione langue, in fondo non ci unisce nulla, salvo qualche compagno in comune, pensiamo a come poter passare le 5 ore al freddo, almeno fossimo insieme........insomma, che ci facciamo lì su quella panchina, al freddo, gelati fino alle ossa?
Un attimo ed entrambi decidiamo di rientrare per la seconda ora.

Corrrendo come dei forsennati ci buttiamo letteralmente addosso al bidello, ed andiamo in presidenza.

Il preside, ci guarda, siamo ansimanti, le guance rosse, dalla mia sciarpa evapora la nebbia; ci chiede se abbiamo marinato la prima ora insieme; all'unisono diciamo NOOOOOOOOOOOO, io lo guardo con i miei azzurri occhioni sgranati, simbolo dell'innocenza più genuina del mondo.
Scuotendo la testa, bofonchiando ci da il permesso di ritornare in classe, ma la nostra contemporanea assenza non è passata innosservata.
Praticamente nessuno era ammalato e solo noi mancavamo.
Durante l'intervallo illazioni, chiacchere, sorrisini, malignità.

Ma da allora io e Carlo non ci siamo più scambiati una parola.
Lui si è diplomato, è ritornato a Roma col padre ed ora fa il medico, spero che ricordi quando volevamo fare follìe quel giorno, ma eravamo troppo "infantili" per progettare qualcosa di meno sciocco che una panchina nel parco con la nebbia, la galaverna e il freddo pungente.


In fondo entrambi sognavamo un giorno di libertà....[SM=x142903]

Sagitta
00sabato 12 febbraio 2005 18:11
Che bel ricordo, anche il tuo!:calibrato e intenso.
Amore non colsi...
Io invece portavo spesso una minigonna di pannolenci verde con borchie dorate, le calze a rete, stivaletti, un maxicappotto bianco con la zip che non scorreva (brrr...) ma mi stava tanto bene! Avevo i capelli castano scuri lucidissimi e gli occhi castani. Ed ero un'orsa imbranata!!!!!

Marinare la scuola a Mantova si dice "fare sgriccc?" !
A Firenze si dice "fare forca" o direttamente "forcare";
a Siena si dice ..."fare salatino", e per non farsi trovare da nessuno una volta si andava al cimitero (la città è piccola!)
E, scusa, cos'è la "galaverna"?
Poi: lo sai che in Toscana il cancellino della lavagna si chiama "cimosa"?
Ciao, a presto!


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fiordineve
00domenica 13 febbraio 2005 18:02


La galaverna è un fenomeno atmosferico più forte della brina, è come se avesse nevicato per giorni e, improvvisamente, la neve si fosse gelata sugli alberi.
E' uno spettacolo fantastico, fiabesco, la galaverna è spessa e dura, brilla al sole come oro, ma che fredddddddoooooooo.
Sia al tempo delle mini sia ora non lo sento, è un freddo asciutto e poi la magia mi piace.

Marinare, allora si diceva così, ora hanno cambiato linguaggio i ragazzi, dicono dare bucao, meglio ancora, "che i professori vadano a cag°°e" (se va bene).[SM=x142859]

Dov'è il romanticismooooooooooooooooooooooo? [SM=x142837]
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