eravamo ragazzi

fiordineve
00lunedì 7 marzo 2005 04:28



ERAVAMO RAGAZZI




Eravamo ragazzi col sorriso nel cuore e nella mente tante idee.
Io, per pura coincidenza, ero in classe mista, una pacchia per chi aveva questa fortuna; tante di noi avevano frequentato le medie senza mai vedere un uomo, se non i bidelli, (compresa io).
Discrimonazioni di altro tempo, ma anche alle superiori il preside cercava di formare classi di solo maschi o di solo femmine.
A me era capitata, finalmente, una classe mista.
Invidiate da tutte eravamo, e tutte ci erano amiche perchè presentassimo loro i nostri compagni.
Io ero al centro di 3 banchi, da un lato Eva, dall'altro Amedeo, un amico che già allora si manifestava gay per le sue movenze aggraziate, per la sua leziosaggine, per il suo modo di parlare.
Ma Amedeo mi teneva sempre il posto sull'autobus e a me faceva piacere essere sua amica; lui era un mago in tutto, e se io passavo temi a chiunque, lui mi aiutava nelle versioni più ostiche.
D'obbligo per le femminucce il grembiule, fino alla fine dei 5 anni di corso, che odiavamo tutte caldamente.
Ma a noi non interessavano i nostri compagni, in fondo erano "piccoli" e così, durante la ricreazione invernale, con nonchalance, passeggiavamo davanti alle classi dei maturandi, credevamo di essere invisibili e tutti ridevano di noi e ci chiamavano "nanerotteole".
Quando il tempo era clemente, il preside aveva pensato a questo stratagemma: cortile interno per i maschi, giardino per le ragazze.
Ma era il tempo degli hippies, delle minigonne, dei fiori dipinti, non volevamo ammuffire in quel palazzo austero che aveva visto passare, secondo noi, persino Dante Alighieri.
Come aggirare l'ostacolo del grembiule?
Tutte, ma proprio tutte, anche le più beghine, andammo ad una riunione capeggiata da Doriana e da Velia. Lì prendemmo una decisione "storica".
Benissimo il grembiule, ma lo facemmo confezionare tutte dalla stessa sarta: allacciato dietro con 3 bottoni; noi ne allacciavamo solo uno, dovevamo o no mostrare le noste minigonne e le nostre gambe di giovanissime ragazze?
Il preside divenne rosso di rabbia, ma non poteva fare nulla: eravamo tutte vestite così.
Il grembiule poi lo lasciavamo sull'appendiabito in classe e lo portavamo a casa a Natale, a Pasqua e durante le vacanze estive.
Ma volevamo ancora qualcosa d'altro. Volevamo i fiori e così ogni mattina, davanti alla scuola, ognuna di noi con i primi pennarelli, disegnava sul volto della compagna fiorellini e cuori, e avevamo spille con peace and love ovunque, erano i primi vagiti del 68 parigino, e noi volevamo esserci.
Poi, tutte noi, avendo i capelli lunghi ci presentavamo a scuola con le trecce e nastri infilati nei capelli o messi sulla fronte come gli indiani.
A me venne in mente di farmi 3 mèches biondissime, non l'avessi mai fatto, ogni volta un rimprovero, perchè perdevo tempo e dicevano che così non studiavo.
In fondo era vero, ho sempre avuto una memoria di ferro, bastava che ascoltassi la lezione e già sapevo tutto senza studiare molto.
E poi la fama della più brava della classe che mi ha accompagnato per anni,e il preside, entrando con la pagella in mano chiamava: Ferlotti, Farris, Mantovani e Ferraresi, voi 8 in condotta!
E si stupiva con me dicendomi che così brava ma con la lingua così lunga.

Il prof di matematica, per tanti anni, mi metteva il banco accanto alla cattedra per controllarmi, solo col libro, senza biro o matite; perchè bastava un niente a far volare la fantasia ed allora disegnavo, disegnavo.






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