alberto_58
00venerdì 4 gennaio 2008 15:26
“Vedi”,
diceva il centurione Adrio al giovane legionario Tito,
appena arrivato da Roma
“All’inizio credi che sia impossibile vivere qui, ma ti assicuro che anche a Gerusalemme ci sono luoghi che ricordano casa”.
Tito annuiva guardandosi intorno, mentre il sudore gli scendeva copioso dalla testa rasata chiusa nell’elmo, sempre più bollente sotto il sole. Si trovavano in una piazza dove c’era mercato, piena di tende multicolori, sotto le quali si vendeva di tutto.Una processione interminabile di persone, famiglie intere,carri, animali da soma carichi di ceste e giare di vino,andavano e venivano in tutte le direzioni, sollevando una coltre di polvere che si infilava dappertutto e toglieva il respiro.
Un vociare continuo in svariate lingue e dialetti,specialmente in prossimità dei banchi di vendita e delle taverne.
Era l’inizio della festività di Pèsach, Pasqua in latino, spiegava il centurione,ecco perché c’era tanta gente, veniva da tutti i paesi intorno.
“Sono pacifici, certo, non tutti ci amano, bisogna capirli, siamo a casa loro,ma è da un bel po’ che non ci sono disordini…”
Un vecchio seduto sopra un asino carico di ceste salutò il centurione, che si mise a parlare con lui e poi con altri che si erano uniti,mostrando familiarità con il loro idioma, confidenza e allegria che al giovane Tito sembravano eccessivi,perciò rimaneva in disparte,ostentando una guardinga indifferenza.
Quando Adrio tornò da lui vide che soffriva
“Non sei abituato al caldo eh?”
Tito si appoggiò alla tenda di porpora di un banco, quasi rovesciandolo. Il proprietario lo guardò di traverso, ma vedendo il centurione si ritrasse con un lieve inchino.
“Sto male centurione,mi brucia la gola,mi esce sangue dal naso…”
“Lo vedo, lo vedo, siediti qui”
cacciò dei ragazzini che mangiavano all’ombra di un muretto
”Slacciati l’elmo, vado a prenderti del vino alla taverna, non preoccuparti.”
Sparì tra la folla.Tito sputò sangue,il cuore sembrava impazzito,si accasciava sempre di più,respirava come dentro una fornace.Nessuno mostrava di accorgersi di lui,chiuse gli occhi sperando che il centurione tornasse presto.Quando li riaprì, si vide davanti un paio di piedi sporchi dentro sandali impolverati.Un ragazzino con una tunica di lana bianca stretta ai fianchi da una fune e una kefiah bianca e azzurra avvolta sulla testa lo guardava, mangiando un pezzo di carne di agnello avvolta in foglie di vite.
“Vattene!” gli disse Tito.Quello non si mosse.
Continuava a guardarlo. “Cosa vuoi? Vattene!”, fece per dargli uno schiaffo, ma barcollò sentendosi morire.
“Stai male legionario” disse il ragazzo in latino.
Sembrava addolorato.
“Si…” rispose Tito guardandolo. Il ragazzo posò una mano sul suo viso.
“Vuoi uccidermi?..Sei uno stregone, un ribelle…maledetto…no..!”
Il buio e il silenzio scesero su Tito.
Riaprì gli occhi. La luce lo accecò.L’aria era fresca, la folla intorno a lui si muoveva, sollevando la polvere che turbinava in alto come una danza, una festa, una gioia…che bello vedere quella gente allegra, viva, e lui… stava bene, non sanguinava più, la testa non gli martellava,il sole non lo tormentava, era rinato.
Raccolse l’elmo,quando vide il ragazzo porgergli l’agnello che stava mangiando.Sorrideva, i denti spiccavano bianchissimi sul viso abbronzato.Tito assaggiò la carne,.
“Sei stato tu…chi sei ragazzo…come ti chiami?”
“Joshua ben Joseph”
Tito scosse la testa sorridendo ”
Dillo in latino”
Il ragazzo sorrise anche lui e rispose
“Gesù, figlio di Giuseppe, legionario.”