Un amico è tale anche se è "crucco"

florentia89
00mercoledì 2 aprile 2008 16:41
Rodolfo, il Sud-Tirolese, guai a dire alto-atesino

Sin dalle elementari mi sono portato dietro un amico “crucco”, cioè un italo-tedesco con un cognome paterno impossibile da pronunciare, e la mamma italiana per fortuna con uno più semplice; così gli insegnanti, per tacita convenzione e papà d’accordo, semplificarono il tutto chiamandolo con il cognome materno.
Il padre era un funzionario sud-tirolese facente parte di una qualche commissione che cercava di regolare la vita in quella difficile area, di recente annessa all’Italia. Per far capire come la pensava portava i capelli rossicci con basette un po’ alla Cecco Peppe, era impettito e parlava con il figlio con freddezza compassata. Il mio amico si chiamava Rodolfo (ti pare? il figlio dell’imperatore d’Austria), ma per noi fu sempre Cruck, diminutivo di crucco, termine con il quale venivano designati i tedeschi nella guerra mondiale del 1915 – 1918 (e penso anche dopo).
Pure a lui ciò stava bene, quindi non c’erano problemi. In qualche foto di scuola mi figura seduto accanto e ognuno che lo vede mi dice: “ma è il figlio di Hitler?”, infatti un prepotente ciuffo di capelli biondo-scuri gli scende sugli occhi e lo rende un po’ simile al leader nazionalsocialista, o a Charlot nel film “Il Grande Dittatore”.
La mamma di Cruck era l’antitesi del marito, piccolina, bruna, elegante, affabile e premurosa; veniva spesso a prenderlo alle elementari ed essendo noi amici e io capoclasse, chiedeva a me, non al maestro, come andava negli studi il figlio e gli raccomandava di darmi retta. Crescemmo assieme, eravamo nella stessa classe e squadra di calcio parrocchiale per parecchi anni e facemmo parte della GIL, anche se lui diceva che la Hitler-Jugend era altra cosa.
Ovvio che parlasse correntemente il tedesco, lingua di luogo e di casa, e si trovò bene nell’ultimo anno dell’Istituto Tecnico quando lo studiammo, e lui si faceva chiacchierate a non finire con la professoressa di madrelingua.
Aveva sempre da ridire sulle cose italiane, non lo faceva di proposito e forse contribuiva a ciò l’ambiente di famiglia. Così contestava che la divisa dei balilla, portata anche da lui, sembrasse fatta per i guerriglieri sudamericani, altro che quella semplice e nuda della Hitler-Jugend, camicia, pantaloncini, cinta, pugnaletto e basta. Faceva notare che le tre marce dei balilla e dell’Aida gli sembravano musica da banda di paese, ben diverse da quelle compassate, monotone, dei giovani tedeschi; infine il saluto con il braccio teso, il nostro era alquanto ruspante e alto, il suo una frecciata che avremmo voluto tutti imitare, e così via. Nel 1941 il cielo di Roma fu solcato dall’aereo reattore Campini-Caproni proveniente da Milano ed allora egli, in sede GIL, rischiando le botte, si dilungò a precisare che questi non era un vero velivolo a reazione, perché quello l’avevano già inventato i tedeschi (ti pareva!), mentre il nostro non aveva il motore a getto, bensì due motori a pistoni in linea azionanti una ventola interna che rigettava aria nel retro, generando la spinta di volo. Inutile dirgli che era un disfattista, come farlo se parlava bene della nostra alleata Germania? o meglio dirgli che era un saccente palloso? (questo si’, se lo beccò più volte). Si diplomò e il padre gli trovò da fare qualcosa, in un ufficio turistico romano della provincia di Bolzano.
Ci incontravamo con una certa ricorrenza, poi ecco l’otto settembre.
Cruck aveva la nostra età ma per pochi mesi figurava di un anno in più. Non so come, se per obbligo o volontariato (forse quest’ultimo), fu arruolato nei reparti tedeschi e dopo poco tempo lo rincontrai a Roma nella divisa di fante della Wehrmacht, gracile e amico come sempre.
Mi disse che aveva chiesto di andare in Russia e invece lo avevano destinato al fronte di Cassino.
Non tornò più con i suoi diciassette anni e qualcosa e la sua zazzera sugli occhi. Sparì e basta. Ci fu chi lo vide cadere, almeno gli parve, ma di lui non trovarono nulla. Mi recai anni or sono al Cimitero Militare Tedesco di Cassino (è bene andarci e onorare i tedeschi che caddero in Italia), ignorato dai tanti italiani che vanno invece a ossequiare quello polacco vicino, parlai con un anziano custode il quale, sentendo che avevo fatto un po’ di volontario con loro, si pose a disposizione e controllammo assieme vari registri, di cui lui aveva le giuste chiavi di lettura e ricerca. No, non lo trovammo, ma disse che in un reparto particolare c’erano i resti di tanti ignoti, ritrovati dopo anni senza piastrine e senza aver potuto stabilire chi fossero, solo che, con buona probabilità, doveva trattarsi di tedeschi per qualche residuo di cose vicine. Allora mi figurai Cruck in mezzo a quelle croci e lapidi brune, germaniche, teutoniche, che mi salutava e diceva: … “sempre imbranati voi italiani, possibile che non sei riuscito a trovarmi? sono vicino a te, ciao Franz”… (così mi chiamava).
ELIPIOVEX
00mercoledì 2 aprile 2008 21:12
Anche quando ero piccola io avevamo un bimbo saccente e noioso che sapeva sempre tutto lui e un po' l'ho rivisto nel tuo racconto.
Triste che la vita vi abbia fatto diventare nemici anche se solo sulla carta, però di una cosa aveva ragione, a volte siamo proprio imbranati!
auroraageno
00giovedì 3 aprile 2008 07:59

Sai, Francesco... trovo molto interessante i tuoi spaccati di vita.

Quest'amicizia, ad esempio, di cui racconti, è un bel ricordo affettivo che si colloca in un'ambientazione storica che riguarda tutti noi, e difficile da ricordare. Immagino, almeno. Mio padre mi parlava della sua infanzia di giovane Balilla e poi, militare, quando i tedeschi erano amici ed alleati e poi, di punto in bianco, furono "il nemico".
Certo... lungo periodo storico difficilissimo, per moltissimi! E per molti motivi.

Com'è bello che qualcosa si riscatti nell'animo per amicizie fiorite e mai dimenticate... Ed è bello leggere che tu hai cercato, poi, la tomba del tuo amico...

Ciao, Francesco! Grazie. [SM=x142870]

aurora

florentia89
00giovedì 3 aprile 2008 08:33
Ciao Michela.
Guarda che con il mio amico Cruck (Rodolfo), anche se sulla carta, non siamo stati mai nemici. Lui era fante della Wehrmacht ed io, per i casi imponderabili della vita, ero militare volontario con la stessa Wehrmacht, cioè coi tedeschi, nei servizi del Commissariato Militare di Sussistenza. Quindi ... eravamo dalla stessa parte. E poi i tedeschi, già alleati di tutta l'Italia, in quel periodo strano e difficile, restarono alleati per l'Italia del nord e divennero nemici per quella del Sud.
Una bella confusione!
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